Genitorialità per altri in Maupassant

Guy de Maupassant, La campagna (1882). Voce narrante Federico Berti

Il racconto “In campagna” (Aux champs) di Guy de Maupassant, pubblicato per la prima volta sulla rivista ‘Le Gaulois’ il 31 ottobre 1882, affonta un tema di straordinaria modernità, anticipando questioni centrali nel dibattito contemporaneo sulla genitorialità per altri (GPA) e trattando l’argomento in modo tutt’altro che banale o peggio, moralistico. Attraverso la storia di due famiglie contadine che reagiscono diversamente alla proposta, da parte di una donna benestante, di adottare uno dei loro figli, Maupassant costruisce una riflessione complessa sulla disparità di classe, sulle scelte genitoriali e in modo particolare nella prospettiva di assecondare l’interesse superiore del minore.

La trama si sviluppa attorno a una coppia dell’alta borghesia francese, impossibilitata ad avere figli naturali, che si rivolge a due famiglie contadine per ottenere l’adozione di un bambino, in cambio di garanzie economiche e di un futuro migliore per il minore. La prima famiglia, quella dei Tuvache, rifiuta sdegnosamente la proposta, mentre i vicini Vallin accettano, cedendo il loro figlio Jean contro il pagamento di una rendita mensile. Questo schema narrativo apparentemente semplice, rivela poi nello svolgersi della trama un’inattesa complessita: il rapporto tra genitorialità biologica e sociale, la stratificazione delle classi e le dinamiche economiche che sottendono alle scelte riproduttive.

Maupassant non presenta la questione in termini manichei, non vede una netta distinzione tra bene a male, ma costruisce una dialettica che mette in tensione diversi sistemi di valori. Il racconto finisce per mettere in evidenza come le decisioni relative alla genitorialità non siano mai semplici da prendere, e che a volte il pregiudizio morale induce a perdere di vista parte del problema. La comunità rurale esercita un controllo sociale che inizialmente santifica la scelta dei Tuvache e stigmatizza quella dei Vallin, elevando i primi a modello di virtù genitoriale proprio per aver anteposto il legame biologico, l’integrità della famiglia, alle considerazioni economiche, mentre i Vallin vengono marchiati come quelli che hanno venduto il proprio figlio. Il lettore sarebbe portato naturalmente a condividere il punto di vista della comunità, ma il racconto si sviluppa diversamente.

Il genio narrativo di Maupassant si manifesta nel finale, quando Jean Vallin ritorna dai genitori adottivi come un giovane uomo educato, benestante e dalle buone maniere. Questo ritorno innesca una crisi nel sistema di valori della comunità e, soprattutto, nella famiglia Tuvache. Charlot, il figlio che era stato inizialmente scelto, ma non ceduto, vedendo come avrebbe potuto diventare se fosse stato adottato dalla famiglia più ricca, sviluppa un risentimento profondo verso i genitori, che lo porta ad accusarli di avergli negato un’opportunità.

Maupassant non si non si ferma alla questione morale, ma si interroga intorno a quali debbano essere i criteri per valutare l’interesse superiore del minore: la famiglia biologica può paradossalmente limitare, scegliendo in un modo piuttosto che in un altro, le opportunità di crescita e autorealizzazione del bambino.

Le analogie con il dibattito attuale sulla genitorialità per altri sono palesi: come nel racconto di Maupassant, anche nel caso della GPA si confrontano diverse concezioni della genitorialità e dell’interesse del minore. La questione economica, che nel racconto si manifesta attraverso la rendita pagata alla famiglia Vallin, trova il suo parallelo contemporaneo nel compenso economico alla madre surrogata, sollevando comprensibili interrogativi sulla mercificazione dei rapporti riproduttivi.

Tuttavia, Maupassant va ben oltre la semplice denuncia della commercializzazione della maternità per porre una questione più complessa: fino a che punto le considerazioni economiche possono essere separate da quelle affettive, nelle scelte relative alla genitorialità? E soprattutto, siamo sempre in grado di decidere quale sia l’interesse superiore del minore?

Charlot, ormai adulto, accusa i genitori di avergli negato l’opportunità di una vita migliore, ribaltando la lettura moralistica iniziale. La sua prospettiva suggerisce che l’interesse del minore non coincida sempre con la salvaguardia del legame biologico, ma può richiedere considerazioni più ampie relative alle opportunità di crescita, educazione e autorealizzazione.

Questa tensione irrisolta tra legame biologico e interesse concreto del minore, attraversa in effetti il dibattito contemporaneo sulla GPA. Come nel racconto di Maupassant, anche oggi ci troviamo di fronte alla difficoltà di bilanciare considerazioni emotive, economiche, etiche e pratiche. La semplificazione a volte non aiuta. Da un lato il racconto evidenzia come le dinamiche di classe sociale influenzino le scelte riproduttive e la loro percezione sociale. La famiglia benestante non viene mai giudicata moralmente per la sua richiesta; il giudizio si concentra esclusivamente sulle famiglie contadine e sulla loro risposta. Questo riflette meccanismi di potere che si ritrovano anche nel dibattito contemporaneo, dove spesso l’attenzione critica si concentra sulle madri surrogate piuttosto che sui committenti.

Psicologicamente, il racconto esplora le conseguenze a lungo termine delle scelte genitoriali sui soggetti coinvolti: il risentimento di Charlot verso i genitori che rifiutarono la proposta della famiglia benestante, suggerisce che le decisioni prese nell’interesse del minore possono avere effetti imprevisti e contraddittori. Questa consapevolezza della complessità psicologica nelle dinamiche familiari è particolarmente rilevante nel contesto contemporaneo, dove inizia a porsi il problema dei fattori multipli nel determinare il benessere dei minori.

Maupassant suggerisce di superare l’approccio moralizzante alla questione della genitorialità per altri, per abbracciare invece una valutazione che renda conto dei molteplici fattori che intervengono inq uesto tipo di scelata: economici, sociali, psicologici, etici. Nel contesto contemporaneo, questo invito alla complessità si traduce nella necessità di sviluppare frameworks di valutazione che consentano di andare oltre il pregiudizio ideologico


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