La vittima è colpevole. Violenza in Maupassant
Se in alcuni racconti di Maupassant si ha l’impressione di cogliere venature sessiste e misogine, dove la rappresentazione del femminile appare stereotipata o apertamente negativa, indulgendo a luoghi comuni retrogradi e patriarcali, sarebbe tuttavia riduttivo e superficiale presumere che queste apparenti cadute di stile siano consapevoli. Al contrario, vi sono racconti in Maupassant, in cui s’impongono modelli e riflessioni di grande attualità, come nel caso della “Sigora Baptiste”, pubblicato per la prima volta nel 1882.
Questo racconto si colloca in un periodo particolarmente prolifico della carriera dell’autore, che proprio in quegli anni pubblicava numerosi testi su diverse riviste francesi, prima di raccoglierli in volumi tematici. Maupassant era noto per la sua capacità di coniugare il realismo nelle descrizioni con temi che toccavano profondamente la vita quotidiana, spesso caratterizzati da un marcato pessimismo. Il racconto narra la tragica vicenda della “piccola Fontanelle”, figlia di un ricco mercante, che viene violentata e seviziata da un servo. Nonostante la condanna dell’aggressore, la giovane è sottoposta a ostracismo pubblico: isolata, umiliata, insultata dalla comunità, trasformandosi agli occhi del mondo in una sorta di mostro, portatrice quasi di un contagio. Al punto che taluni si permettono di stuzzicarla chiamandola con il cognome del suo aguzzino, “Signora Baptiste”. La vittima diventa colpevole.
La narrazione prosegue con il matrimonio della giovane con un funzionario comunale che, controcorrente rispetto al sentire comune, sceglie di sposarla; la maternità sembra offrire alla donna una temporanea riabilitazione sociale, come se fosse stata definitivamente purificata dalla maternità. Tuttavia, durante una festa patronale, la vecchia storia riemerge crudelmente, scatenando una nuova ondata di umiliazioni pubbliche che conducono la protagonista al suicidio: si getta dal ponte, ponendo fine alle proprie sofferenze. Ciò che colpisce maggiormente in questo racconto è il coraggio di Maupassant nell’affrontare un tema estremamente scabroso e controverso per l’epoca, le devastanti conseguenze sociali che ne derivano.
L’autore, in aperta controtendenza rispetto al proprio tempo, denuncia l’ipocrisia di una società che punisce la vittima anziché proteggerla, rendendo esplicito ciò che all’epoca veniva abitualmente taciuto per “convenienza”. Il racconto appare straordinariamente moderno nella sua critica schietta al conformismo sociale e alle idee abiette, stupide, della società del tempo”; ma anche nell’esplicita condanna dell’atteggiamento della Chiesa, che aggiunge un ulteriore disonore negando alla suicida il funerale religioso.
Questa posizione anticlericale rappresenta un altro elemento di rottura con le convenzioni dell’epoca. La sensibilità dimostrata in “La Signora Baptiste” contrasta apertamente con gli stereotipi sessisti riscontrabili in altri racconti di Maupassant, sollevando interrogativi sulla sua reale visione della donna.
Sembra plausibile ipotizzare che le manifestazioni di apparente misoginia presenti in altre opere siano in realtà espressioni involontarie e inconsapevoli, derivanti non tanto da un pregiudizio strutturato, quanto dalla sua forma mentis di individualista, avverso alle istituzioni sociali, matrimonio incluso. La Signora Baptiste può essere interpretato come una potente allegoria della violenza strutturale che la società esercita sull’individuo “deviante” dalla norma.
La protagonista, colpevole solo di essere stata vittima, viene trasformata in un capro espiatorio su cui la comunità proietta le proprie ansie e paure collettive. La violenza subita dalla protagonista è duplice: prima fisica, per mano dell’aggressore, poi psicologica e sociale, per mano dell’intera comunità. Questa seconda violenza, più sottile ma non meno devastante, è quella che Maupassant sembra voler denunciare con maggiore urgenza, mostrando come il conformismo sociale possa risultare altrettanto letale, quanto un atto di violenza esplicita.
La tragica conclusione del racconto, con il suicidio della protagonista, richiama drammaticamente situazioni ancora oggi diffuse, La modernità del racconto risiede proprio nella sua capacità di mettere in luce meccanismi sociali disfunzionali che, purtroppo, continuano a manifestarsi nella contemporaneità. L’atto finale del narratore, che si unisce al corteo funebre e stringe la mano al marito della defunta in un gesto di umana solidarietà, rappresenta simbolicamente l’unica risposta possibile a una tragedia collettiva: il riconoscimento dell’umanità della vittima e il rifiuto di partecipare alla sua emarginazione sociale.
L’analisi de La Signora Baptiste ci invita a riconsiderare la presunta misoginia di Maupassant in una luce più complessa e sfumata: se in altri racconti l’autore sembra indulgere in stereotipi sessisti, in questa narrazione dimostra invece una sorprendente capacità di empatia verso la condizione femminile e una lucida comprensione dei meccanismi sociali che perpetuano l’oppressione di genere.
Questo apparente paradosso potrebbe suggerire che le manifestazioni misogine presenti in altre opere siano più il frutto di un inconscio condizionamento culturale, che di una convinzione razionalmente elaborata. La sensibilità mostrata in La Signora Baptiste rivela un autore capace di superare, almeno in parte, i pregiudizi del proprio tempo, offrendo al lettore moderno uno spaccato non solo della società ottocentesca, ma anche delle sue ombre più oscure.