Pugilato e lotta di classe in Jack London

Lo sguardo obliquo di Jack London sul mondo della boxe non si ferma alla dimensione puramente sportiva, ma è animato da un potente afflato idealistico e una straordinaria capacità di analisi critica e sociale. Una bella bistecca (A Piece of Steak) apparve per la prima volta sul ‘Saturday Evening Post’ nel novembre del 1909. Lavorò un paio di settimane a questo racconto, che gli fruttò cinquecento dollari, somma considerevole per l’epoca e probabilmente dovuta anche al frame della tematica sportiva. La trama è piuttosto semplice, quasi banale: due generazioni di pugili a confronto, da un lato Tom King, veterano più che quarantenne ormai in declino, dall’altro il giovane Sandel, stella nascente. Una contrapposizione che incarna il conflitto allegorico tra le due fasi della vita: Sandel ovvero l’energia inesauribile, la resistenza fisica, una capacità di recupero fuori dal comune e l’entusiasmo di chi deve ancora affermarsi nel mondo; King ovvero l’esperienza, la saggezza acquisita sul campo, la capacità strategica e l’intelligenza tattica che solo gli anni permettono di affinare.

London descrive con minuzia tecnica e competenza profonda le strategie adottate da King per fronteggiare l’esuberanza e la potenza fisica dell’avversario: il pugile anziano gestisce con parsimonia le proprie energie, calcola ogni movimento, sfrutta i punti deboli, la sua boxe è raffinata, mostra di conoscere perfettamente i meccanismi psicologici e fisici del combattimento. King sa quando colpire, quando arretrare strategicamente, come demolire l’altro contando sul massimo rendimento col minimo sforzo. London arriva a suggerire che se le qualità dei due pugili potessero essere unite in un solo atleta, si otterrebbe un campione del mondo imbattibile, un pugile perfetto, ma il giovane Sandel per acquisire la saggezza dovrà ‘spendere’ la sua giovinezza e dunque per definizione le due cose insieme non si possono avere.

Tuttavia un secondo tema permea, trasuda quasi dal racconto ed è l’aspetto della critica sociale: London, sempre attento alle dinamiche di classe e alla denuncia delle ingiustizie insite nel sistema capitalistico, mette in scena l’inadeguatezza della preparazione e della stessa alimentazione, nel pugile anziano, portando quest’idea fino alla provocazione e al paradosso. Tom King, non può permettersi una bistecca prima dell’incontro, può mangiare solo pane e sugo mentre sua moglie e i suoi figli vanno a letto senza cena.

Questa privazione si traduce in una fondamentale mancanza di energia nel momento decisivo del combattimento. La scena iniziale è emblematica: King consuma l’ultimo pezzo di pane rimasto nella dispensa, mentre la moglie lo osserva con sollecitudine senza mangiare nulla.

Manda a letto presto i suoi figli perché non sentano il morso della fame. In questo quadro di miseria domestica, London tratteggia una realtà in cui anche il talento più straordinario viene annichilito dalla povertà. King è costretto a combattere non per gloria, ma per il bisogno: trenta sterline, come i trenta denari di Giuda. Uno degli aspetti più devastanti del messaggio sociale di London risiede nella demistificazione dell’ideale sportivo. King possiede tutte le qualità intellettuali e tecniche per vincere l’incontro: l’esperienza, la tattica, l’empatia, la determinazione. Ma l’insieme di questi elementi finisce per scontrarsi con la realtà delle condizioni materiali. In una società stratificata economicamente come quella americana del primo Novecento (non poi così diversa in questo dall’attuale), a determinare il successo o l’insuccesso di un atleta è l’accesso alle risorse. Il talentuoso King perde non perché meno capace o meno meritevole, ma perché materialmente svantaggiato: gli è mancata la forza, perché gli sono mancate le condizioni economiche per arrivare all’incontro in uno stato di preparazione adeguata.

London, socialista militante, usa il pugilato come specchio della società capitalista, e il frame del racconto sportivo perfar arrivare il suo messaggio il più lontano possibile. Il ring diventa lo spazio in cui si manifestano, in forma concentrata e drammatica, le stesse dinamiche che caratterizzano la lotta per la sopravvivenza nella società. I pugili vendono la propria forza fisica, i promotori controllano i mezzi di produzione dello spettacolo sportivo e ne traggono profitto. La carriera di King rappresenta l’intero ciclo economico di un lavoratore: dagli anni di successo in cui spendeva generosamente per sé e gli altri, al declino verso la povertà.

Il protagonista del racconto vive una condizione alienata, paragonabile a quella dell’operaio nella società industriale. Il suo corpo è ormai logoro, i suoi abiti rozzi, vecchi e sciupati, le tomaie delle scarpe troppo deboli per sostenere la risuolatura. L’immagine di King che guarda le vene gonfie e le sue nocche sciupate, rimanda all’alienazione dell’uomo dal proprio corpo, trasformato in merce di scambio e consumato dall’uso. La figura del bottegaio Burke, che rifiuta di fare credito all’atleta per una misera bistecca, mentre in passato gli avrebbe steso tappeti rossi, incarna la crudeltà impersonale del sistema economico. Il messaggio finale del racconto è di una lucidità spietata, nella carrellata – quasi cinematografica – su King che piange nel suo stanco rientro verso casa, senza potersi nemmeno permettere un tram, si condensa una denuncia sociale che ancora oggi indigna ed emoziona.

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