Lancillotto fra leggenda e realtà
Il personaggio di Lancillotto è ormai assurto a simbolo dell’amor cortese e del codice cavalleresco nella letteratura medievale europea, incarnando le tensioni militari e i conflitti interiori che caratterizzarono l’immaginario non solo nel XII secolo. Divenuto col tempo un archetipo dell’eroe tragico medievale, solleva ancora oggi interrogativi sul rapporto tra invenzione letteraria e realtà storica, tra mito e storia. La comparsa di Lancillotto nella Materia di Britannia e sulla scena della Tavola Rotonda, segna una svolta decisiva nell’evoluzione del ciclo arturiano, introducendo col nuovo protagonista anche temi narrativi destinati a influenzare per molti secoli profondamente la letteratura europea.
Inutile dire che come tutte le invenzioni letterarie, nemmeno l’operazione di Chrétien si può considerare una creazione ex nihilo. Il poeta francese attinge da un patrimonio culturale antico, nel quale combina tra loro influenze classiche e tradizioni bretoni alla concezione dell’amor cortese che si stava sviluppando nelle corti francesi del XII secolo. Dietro la nascita di Lancillotto dalla penna di Chretien de Troyes, non dobbiamo dimenticarlo, c’è una commissione femminile: l’autore scrive per Maria di Champagne, figlia di Eleonora d’Aquitania, di cui asseconda il programma ideologico di codificare nuovi modelli comportamentali per l’aristocrazia del tempo. Un mondo, quello delle corti di allora, in cui le donne iniziavano ad assumere un’importanza del tutto nuova, come intellettuali, portatrici di valori, non di rado scrittrici a loro volta.
Lancillotto non ha una sua storicità nel senso tradizionale del termine, non è ispirato a un particolare personaggio che si possa localizzare in un tempo e in un luogo definito. Fin dal nome, le cui origini sono state attribuite a derivazioni celtiche come “Lance, ap Lot” (Lance, figlio di Lot) o suggestioni ebraiche come “Aziloth” (nobile). Non viene data una chiara genealogia a differenza di altri personaggi del ciclo arturiano, come Perceval, Gauvain o lo stesso Artù, che mantengono legami più storicizzanti con le leggende dell’antica Britannia. Lancillotto no, è una filiazione tardiva nella quale tradizioni antiche si combinano alle nuove istanze della società tardo-feudale.
L’ambientazione del ciclo arturiano è da collocarsi in un periodo che precede di 6-7 secoli l’invenzione letteraria di Lancillotto. Siamo nella Britannia tra V-VII secolo dell’era volgare, scenario che non possiamo considerare come una semplice cornice, ma che costituisce un elemento fondamentale per risalire all’intenzione stessa dell’autore. In quel periodo storico la regione era attraversata da conflitti fra popolazioni ancora celtiche romanizzate e invasori anglosassoni, con la presenza in loco di comandi militari che tentavano di mantenere l’ordine romano-britannico. Figure come Ambrogio Aureliano, che alcuni vorrebbero identificare in Gildas, o il misterioso Artorius nel quale taluni vorrebbero vedere la controparte storica di Re Artù, danno un sostrato di realtà e un alone di leggenda a costruzioni narrative che, proprio per la loro localizzazione geografica e temporale, non possono considerarsi solo delle fantasie.
Quando però si parla di storicità dei personaggi, non dobbiamo pensare alla fedeltà documentaria, alla ricerca filologica, ma piuttosto a una forma di verosimiglianza narrativa dal valore più simbolico che critico. L’antica Britannia va interpretata come un tempo mitico, abbastanza lontano da consentire la proiezione dei valori e dei conflitti contemporanei, ma nello stesso tempo sufficientemente concreto da rendere credibili le vicende narrate, da innescare l’empatia nell’ascoltatore.
Lancillotto incarna in modo esemplare i paradossi e le tensioni della società medievale, proprio nel momento in cui inizia a tirar delle crepe: il cavaliere perfetto, invincibile in battaglia e devoto al servizio del re, è al contempo l’amante adulterino della regina, colui che tradisce il suo signore per amore. Una contaddizione che aleggia in tutta l’opera come il segno di una tensione morale e sociale: l’amor cortese, codificato negli stessi anni in cui Chrétien compone le sue opere, trova in Lancillotto la sua espressione più completa e problematica. L’amore per Ginevra eleva il cavaliere a vette di perfezione spirituale, ma lo condanna simultaneamente alla colpa e all’esilio spiegando in parte le ragioni di un declino ormai non più evitabile del feudalesimo stesso. Questa dialettica tra elevazione e caduta, tra perfezione e peccato, è in effetti uno dei motivi centrali della letteratura medievale, che trova proprio nella figura di Lancillotto una delle sue formulazioni più efficaci.
La fortuna letteraria di Lancillotto non si esaurisce come sappiamo con l’opera di Chrétien, ma conosce una fortuna straordinaria nel XIII secolo con il ciclo del Lancelot-Graal. Questa monumentale compilazione in prosa va a espandere il racconto di Chretien sviluppando una biografia completa del cavaliere, dalle origini fino alla morte; è il momento in cui la Materia di Britannia viene codificata in una narrazione organica, coerente, in modo simile all’edizione pisistratea dei poemi omerici. Il Lancillotto del XIII secolo però è più marcatamente ideologizzato in una prospettiva cristiana, che interpreta la sua vicenda personale come un percorso di redenzione attraverso la sofferenza e il peccato. L’introduzione del figlio Galaad, il cavaliere destinato a trovare finalmente il Graal, corona questa rilettura in chiave religiosa della sua figura.
L’analisi della figura di Lancillotto non può prescindere dalla sua dimensione simbolica, che trascende i confini della letteratura medievale per diventare un archetipo culturale mai veramente decaduto: il cavaliere che sacrifica tutto per amore, che trova nella propria imperfezione la strada verso una perfezione superiore, che incarna la tensione tra dovere e passione, è un modello antropologico che attraversa i secoli. Questa dimensione archetipica spiega la persistente fortuna di Lancillotto nella letteratura e nell’arte successive. Dal Rinascimento al Romanticismo, dalla letteratura ottocentesca al cinema contemporaneo, la figura del cavaliere della Tavola Rotonda continua a incarnare conflitti e aspirazioni che trascendono le contingenze storiche. La capacità di Lancillotto di rappresentare tensioni universali dell’esperienza umana costituisce forse la chiave per comprendere la sua genesi letteraria: più che riverberare figure storiche specifiche, il personaggio sembra nascere dall’esigenza di dare forma narrativa a contraddizioni e aspirazioni che caratterizzano l’esperienza umana in ogni epoca.
La ricerca contemporanea ha sviluppato nuove chiavi interpretative sulla figura di Lancillotto, che integrano approcci storico-letterari, antropologici e psicanalitici. Gli studi di medievalisti come Dominique Boutet e Jean Frappier hanno evidenziato la complessità della costruzione letteraria del personaggio, che non può essere ridotta a semplici modelli interpretativi. L’approccio antropologico, sviluppato da studiosi come Jacques Le Goff e Régine Pernoud, ha sottolineato come Lancillotto rifletta strutture mentali e modelli comportamentali specifici della società medievale. La critica psicoanalitica, rappresentata da studiosi come Julia Kristeva, ha invece evidenziato la dimensione inconscia del mito lancillottiano, interpretando la figura del cavaliere come rappresentazione di conflitti psichici universali tra desiderio e legge, tra individuo e società.
La questione della storicità di Lancillotto rivela insomma la sua natura di falso problema: il cavaliere della Tavola Rotonda non è né un personaggio storico travestito da eroe letterario, né una pura invenzione fantastica priva di radicamento nella realtà. Lancillotto rappresenta piuttosto il prodotto di una complessa operazione culturale, che trasforma materiali storici, mitologici e ideologici in una costruzione narrativa di straordinaria efficacia. La sua “realtà” non è da ricercarsi nell’esistenza di un cavaliere medievale di nome Lancillotto, ma piuttosto nella capacità di incarnare tensioni, aspirazioni e conflitti che attraversano la storia europea; in questo senso, la figura letteraria possiede una verità più profonda e duratura di molte figure storiche documentate, perché riesce a dar forma a esperienze umane universali.
La leggenda di Lancillotto costituisce così un esempio paradigmatico di come la letteratura medievale sia riuscita a trasformare la contingenza storica in verità poetica, creando figure in grado di trascendere i limiti temporali della loro genesi per diventare patrimonio permanente della cultura occidentale. La sua grandezza non risiede nella fedeltà a fatti storici specifici, ma nella capacità di rappresentare, attraverso la mediazione artistica, la complessità dell’esperienza umana in tutte le sue contraddizioni e aspirazioni.