Maupassant e la condizione degli orfani nell’Ottocento

La Francia dell’Ottocento presentava una situazione particolarmente problematica per quanto riguarda l’assistenza all’infanzia abbandonata: mancavano efficaci strumenti di controllo delle nascite, le condizioni socio-economiche erano molto più precarie, il numero dei figli di nessuno era maggiore rispetto a oggi e le strutture di accoglienza del tutto inadeguate sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo. Il sistema assistenziale dell’epoca poi veniva gestito prevalentemente dal clero, che vi destinava risorse limitate e non garantiva un’adeguata protezione ai minori. Questi bambini, privi di tutela familiare, finivano spesso in balìa delle comunità rurali o negli orfanotrofi, che li utilizzavano come manodopera a basso costo, perpetuando un ciclo di sfruttamento e marginalizzazione sociale. Dickens insegna.
Il fatto che non avessero uan famiglia vera e propria, comportava l’idea condivisa che dovessero in qualche modo guadagnarsi l’aiuto che ricevevano e per questo venivano sottoposti fin dalla prima infanzia a servizi gravosi. L’orfano viveva diffusamente in una condizione servile. Maupassant costruisce il proprio racconto dedicato alla condizione dei figli di nessuno, attorno al dialogo tra due figure emblematiche: un professore dell’Academie Francaise, e un Senatore della Repubblica.
Questa scelta narrativa gli consente di presentare la problematica degli orfani attraverso prospettive tra loro diverse, ma complementari: il professore ha un approccio di tipo teorico-scientifico alla questione, mentre il Senatore ne mette in evidenza la dimensione politica e amministrativa. Attraverso il confronto tra questi personaggi, Maupassant riesce a offrire un quadro completo della situazione, evidenziando tanto gli aspetti teorici quanto le implicazioni pratiche nella condizione degli orfani.
Il dialogo ironizza, in modo molto amaro peraltro, sulla distanza tra le intenzioni dichiarate dalle istituzioni e la realtà concreta vissuta dai bambini abbandonati. Il cuore della denuncia è nella descrizione cruda e realistica delle condizioni di vita degli orfani nelle campagne francesi: l’autore dipinge un quadro desolante in cui il bambino rimasto orfano sia di padre, che di madre, dalla nascita, invece di ricevere cure, educazione, assistenza sanitaria e sociale, viene sistematicamente sfruttato e marginalizzato col pretesto che sia addirittura nel suo interesse: non essendo figlio del locandiere, questi si sente in diritto di fargli spalare il letame alle bestie tenendolo a dormire nella stalla, su un pagliericcio.
Maupassant è anche attento a sottolineare come, durante un viaggio a piedi, l’allor giovane professore si fosse trovato a dormire su un letto di paglia, trovandolo assolutamente inadeguato. Per il bambino, era la condizione normale, in quanto lavorava per il padrone della locanda, senza esserne il figlio: asservito, ma non adottato. La sua esistenza dunque si consuma nei lavori più umilianti, privato di ogni opportunità di crescita culturale e sociale. Particolarmente significativa è la descrizione dell’isolamento linguistico del bambino, poi divenuto uomo, che non parla nemmeno il francese, ma soltanto la lingua bretone, come la maggior parte dei contadini della regione.
Questa condizione di isolamento culturale, unita alla povertà materiale, crea un circolo vizioso che condanna il poveretto a una vita di emarginazione, cadendo nell’alcolismo e nella violenza. L’ambientazione del racconto nella Bretagna rurale non è casuale. Maupassant sceglie una delle regioni più isolate e arretrate della Francia in quegli anni, per evidenziare come la distanza dai centri urbani e dalle istituzioni contribuisse ad aggravare la condizione degli orfani. La comunità bretone descritta dall’autore non è raggiunta dai servizi sociali e sanitari. L’isolamento geografico si traduce in isolamento sociale e culturale, creando condizioni che favoriscono lo sfruttamento del più forte sul più debole.
Fondamentale è anche la descrizione del concepimento, da parte del giovane professore che concupisce in un momento di violenta passione (quelle che Apuleio chiama ‘lotte di Venere’) una serva diciottenne, convinto che le cameriere siano spesso anche delle intrattenitrici. L’ironia con cui Maupassant mette al professore in bocca queste parole, è resa tanto più evidente quanto più aspra, dalla testimonianza dell’albergatore secondo cui la ragazza non aveva mai dato segno di comportamenti ‘licenziosi’ con gli ospiti, pertanto nessuno si aspettava quella gravidanza inattesa.
In quella scena di passione violenta narrata dal professore adulto dunque, possiamo ravvisare il sottotesto di un abuso, duplice in quanto la donna finisce per sottomettersi a colui che l’ha presa brutalmente, tornando spontaneamente nel suo letto il giorno prima della partenza, quasi sperasse di partire con lui. L’ironia di Maupassant si rivela particolarmente efficace nel mettere in luce le contraddizioni della società del suo tempo, mostrando come l’istruzione e la condizione sociale più elevata non siano sufficienti a immunizzare un professore, o un senatore, dal pregiudizio.
Quando l’uomo torna in quel paese trent’anni dopo, e scopre di essersi lasciato dietro una donna morta di parto, che forse con un supporto a fianco avrebbe potuto sopravvivere, e un figlio cresciuto come un mulo selvatico, questa scoperta lo sconvolge al punto di tornare ogni anno a visitarlo, piur sapendo di non poter fare nulla per lui. Oggi sarebbe molto diverso, essendovi strutture apposite con personale qualificato per l’accoglienza e il recupero, seppure parziale, della dignità umana in quel tipo di utente. All’epoca, l’unica alternativa alla pubblica sefvitù sarebbe stato il manicomio.
Nonostante sia trascorso più di un secolo dalla pubblicazione del racconto, i temi qui affrontati sono ancora attualissimi: la questione dell’assistenza all’infanzia, la protezione dei minori e la lotta contro l’emarginazione sociale, sono argomenti centrali nel dibattito contemporaneo, seppur con modalità e strumenti tanto diversi da allora. L’analisi della condizione degli orfani nell’Ottocento francese offerta da Maupassant rimane un punto di riferimento fondamentale per comprendere non soltanto le dinamiche sociali del periodo, ma anche l’evoluzione successiva dei sistemi di protezione dell’infanzia.
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