Voto di scambio e induzione all’astensione

Quando si affronta il tema dell’astensionismo elettorale, la tendenza comune è quella di interpretare il fenomeno solo come manifestazione del disinteresse dei cittadini verso la politica; non è così semplice. Dietro i numeri dell’astensione si potrebbe nascondere una realtà più preoccupante, in modo particolare nei piccoli centri del nostro Paese: l’astensionismo indotto può essere infatti utilizzato come strumento di intimidazione e controllo sociale da parte di gruppi politici con orientamenti antidemocratici e revanscisti, o più semplicemente dalle sacche di illegalità strutturata. I dati relativi alle elezioni europee del 2024 evidenziano un trend allarmante: per la prima volta nella storia repubblicana, la partecipazione è scesa sotto il 50%, con un calo significativo rispetto alle precedenti consultazioni.
Questo record negativo non può essere attribuito esclusivamente a una crisi di fiducia nelle #istituzioni, ma rivela dinamiche più complesse e potenzialmente pericolose per la stabilità democratica del sistema repubblicano. Iniziamo col prendere atto di un dettaglio che sembra essere sfuggito a molti in questi anni: soprattutto nei piccoli comuni italiani, dove i vincoli sociali sono più stretti, l’atto di recarsi alle urne diventa facilmente osservabile. Questa visibilità del comportamento elettorale (solo apparentemente innocua) potrebbe compromettere di fatto uno dei principi fondamentali della democrazia: la segretezza del voto. Il problema, cioè, non sta nelle preferenze espresse all’interno della cabina elettorale, ma nella semplice partecipazione alle elezioni o a un referendum; questa osservabilità consente (non solo in teoria) alle organizzazioni criminali e ai gruppi con interessi antidemocratici di sfruttare l’astensionismo per esercitare forme di controllo sociale alterando i risultati delle elezioni attraverso l’intimidazione. Se vai a votare, o se non vai a votare, può accaderti questo o quello. Ora l’invito all’astensione inizia a manfiestarsi dall’interno delle stesse istituzioni politiche e amministrative, come si è visto nella recente campagna referendaria: quando viene promosso, in modo plateale o con discrezione, l’invito a non votare, si rende di fatto controllabile il comportamento degli elettori, poiché risulta più semplice verificare chi ha partecipato al voto e chi ha scelto l’astensione.
La gravità del fenomeno intimidatorio emerge chiaramente dai dati raccolti dall’associazione Avviso Pubblico nel rapporto “Amministratori sotto tiro” (aggiornato al 2022). Nel corso del 2021 sono stati documentati 273 atti intimidatori diretti contro sindaci, amministratori locali e dipendenti pubblici; il dato più significativo indica che il 60% di questi episodi si è verificato nei comuni con popolazione inferiore ai 20.000 abitanti, mentre il 25% ha interessato amministrazioni precedentemente sciolte per infiltrazioni mafiose. Le modalità di intimidazione hanno subito un’evoluzione verso forme sempre più violente, passando dalle tradizionali lettere minatorie agli incendi dolosi e alle aggressioni fisiche; questo clima di paura e isolamento non colpisce esclusivamente chi ricopre ruoli amministrativi, ma si estende all’intera comunità, influenzando direttamente la partecipazione elettorale.
La magistratura ha documentato con crescente precisione i meccanismi attraverso cui criminalità organizzata e gruppi politici si coordinano per manipolare il voto. Ad esempio, la Corte di Cassazione ha confermato in diverse sentenze del 2024 l’esistenza di accordi tra candidati politici e clan criminali finalizzati allo scambio elettorale. Tra queste, spicca la sentenza n. 42608 del 21 novembre 2024 , che ha ribadito la responsabilità di soggetti collegati alle organizzazioni mafiose nel procacciamento di voti e nella presenza intimidatoria presso i seggi. Altri casi hanno evidenziato il ruolo delle mafie nel condizionare le decisioni amministrative in cambio di favori pubblici. Questi accordi si concretizzano attraverso diverse modalità operative: il procacciamento di voti tramite soggetti collegati ai clan mafiosi, la presenza intimidatoria nelle vicinanze dei seggi elettorali, l’impiego di squadre organizzate per controllare il comportamento degli elettori e la promessa di favori da parte delle amministrazioni comunali in cambio di consenso elettorale.
Tale coordinamento trasforma il voto in uno strumento di controllo sociale e politico, dove l’astensione o la partecipazione diventano segnali facilmente monitorabili e manipolabili dalle organizzazioni criminali. Nei piccoli centri, la rete sociale più ristretta amplifica l’efficacia del controllo e il mancato recarsi alle urne può essere facilmente rilevato anche da datori di lavoro influenti, esponenti politici locali o qualsiasi soggetto abbia interesse a mantenere determinati equilibri di potere.
Questa dinamica trasforma la partecipazione elettorale in un atto potenzialmente rischioso per chi rifiuta di allinearsi alle pressioni esterne: l’astensionismo diventa una forma di resistenza passiva alla legittimità democratica, ma è anche un segnale di sottomissione a poteri illegittimi che minacciano la #libertà di scelta.
Non c’è bisogno di farsi vedere col fez, il manganello e il pantalone alla zuava fuori dal seggio, basta disporre degli osservatori discreti, insospettabili, che prendano nota di chi si è recato o meno a votare. Apparentemente sembra tutto normale, ma nella realtà la democrazia è sotto il ricatto della violenza privata.Quando l’astensionismo supera determinate soglie critiche, si indebolisce la rappresentatività delle istituzioni elette, che finiscono per rappresentare una minoranza sempre più ristretta della popolazione; si innesca di conseguenza una spirale discendente che si autoalimenta: maggiore l’intimidazione, minore la partecipazione, decresce anche la fiducia e quest’ultima dà ulteriore stimolo a una riduzione della partecipazione. Questo processo favorisce la perpetuazione del potere delle élite criminali e dei gruppi politici antidemocratici, che trovano terreno fertile nell’instabilità e nella frammentazione sociale.
Non c’è insomma bisogno di una minaccia indifferenziata a tutti gli elettori, di una violenza manifesta ed estesa a macchia d’olio, basta neutralizzare alcuni elementi chiave nella trasmissione orizzontale delle informazioni, per inibire il libero dibattito, anche attraverso forme di diffamazione mirata, piccole squadre di troll nei gruppi di discussione, male lingue e diffamazione, mobbing sul luogo di lavoro, piccole pressioni a danno di pochi elementi che siano rappresentativi, o che possano raccogliere intorno a sé nuove adesioni al disimpegno. La maggior parte dei cittadini non si avvede di queste pressioni, che tuttavia esistono e sono graduali. Al crescere della visibilità del singolo, e della sua resistenza all’intimidazione, aumenta la pressione e il grado di violenza esercitata. Per questo nessuno sembra esseresi ancora accorto di nulla, tutti se ne vanno al mare senza rendersi conto del marcio su cui camminano.
Le istituzioni hanno iniziato a riconoscere la gravità del fenomeno, ma non sono ancora in grado di emanciparsi da queste forme di pressione illegittima: si registra negli ultimi anni un incremento delle denunce da parte di pubblici ufficiali oggetto di minacce, ricatti e intimidazioni, così come un aumento delle amministrazioni locali commissariate per collusione con la criminalità organizzata. Significativamente, l’astensionismo risulta più elevato proprio nelle circoscrizioni interessate da questi fenomeni: è dunque necessario rafforzare la protezione legale e fisica di amministratori, candidati, elettori, migliorare la trasparenza e il controllo delle operazioni di voto nei piccoli comuni, promuovere campagne di sensibilizzazione per garantire il diritto a una partecipazione libera e segreta, intensificare la collaborazione tra forze dell’ordine, magistratura e comunità locali per contrastare efficacemente il voto di scambio politico-mafioso.
La battaglia contro l’astensionismo indotto non può essere condotta esclusivamente dalle istituzioni, ogni cittadino riveste un ruolo fondamentale nella preservazione della democrazia e del diritto al voto libero: è essenziale denunciare ogni pressione elettorale alle autorità competenti. Quando si verificano tentativi di scoraggiare la partecipazione al voto, sia da parte di organizzazioni criminali che di gruppi politici, è necessario abbattere il muro dell’omertà e del silenzio, si devono sostenere le amministrazioni locali e le coalizioni di partito impegnate nella promozione della legalità e della trasparenza, partecipando attivamente alla vita democratica delle proprie comunità; solo attraverso una cittadinanza consapevole è possibile spezzare il circolo vizioso dell’astensionismo controllato.
La democrazia va difesa giorno per giorno, ogni voto non espresso per paura (o per convenienza), ogni cittadino che rinuncia a partecipare per timore di ritorsioni, contribuisce a indebolire il tessuto democratico del Paese; il futuro della democrazia italiana dipende dalla capacità di individuare, monitorare, riconoscere e contrastare questi fenomeni, garantendo a ogni cittadino il diritto di scegliere liberamente, senza paura e condizionamenti. Solo attraverso questo impegno collettivo sarà possibile preservare i valori fondamentali su cui si basa la tenuta della Repubblica.