La politica dei dazi nella narrativa mondiale

Consigli di lettura per Donald Trump
Quando Italo Calvino affermava che «le fiabe sono vere», attribuiva alla letteratura un compito rivoluzionario: non “contar fole”, ma mettere a nudo le strutture profonde della vita reale. Proveremo a portare questa sua prospettiva alle sue più estreme conseguenze, utilizzando la narrazione letteraria come lente d’ingrandimento per decodificare un meccanismo economico apparentemente astratto e neutrale come quello dei dazi commerciali imposti proprio in questi giorni dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump. L’obiettivo non è produrre un’analisi geopolitica, ma porre in evidenza come i grandi capolavori della narrativa mondiale ammoniscano sull’uso e l’abuso di queste politiche protezionistiche. La letteratura permette così di uscire dal “funnel” del freddo resoconto statistico, osservando la realtà attraverso lo sguardo obliquo della finzione.
La nostra indagine si muove lungo un’ipotesi interpretativa sostanziale: i dazi non sono solo strumenti finanziari, ma dispositivi di potere che ridefiniscono rapporti sociali e opportunità individuali. Si ripropongono qui alcuni testi che non solo menzionano i dazi, ma li rappresentano come ingranaggi di un meccanismo di controllo e stratificazione sociale, controproducente sia per chi li impone, sia per chi li subisce. L’approccio è necessariamente interdisciplinare: critica letteraria, storia economica e analisi sociologica si intersecano per restituire una comprensione multidimensionale.
1. Johnny Tremain di Esther Forbes
Il romanzo ricostruisce le tensioni che precedettero la Rivoluzione Americana. Non è solo una ricostruzione storica, ma un’indagine sul meccanismo attraverso cui le imposizioni economiche si trasformano in conflitto politico. I dazi imposti dalla Corona inglese portarono alle rivolte nel Nuovo Mondo: non era solo il tè a scatenare le proteste, ma ciò che rappresentava, ovvero le tasse imposte senza alcuna rappresentanza nel Parlamento britannico. Forbes mostra come i dazi fossero storicamente strumenti di controllo coloniale: non solo tassazione, ma negazione di diritti. La rivolta del tè diventa un atto rivoluzionario proprio perché rifiuta questa logica di esclusione.
2. Candide di Voltaire
Nel racconto filosofico, la descrizione di El Dorado è una critica radicale ai meccanismi economici europei. In El Dorado «non esistono prigioni, non si litiga mai, e l’oro è comune come la polvere»: è l’immagine di una società utopica senza dazi, monopoli o barriere.
Lo spazio economico è un luogo di condivisione, non di competizione. Voltaire non nomina esplicitamente i dazi, ma li critica attraverso la metafora: El Dorado rappresenta l’impossibilità di un’economia basata sulla cooperazione anziché sul profitto.
3. I Miserabili di Victor Hugo
Hugo trasforma l’octroi (il dazio d’ingresso a Parigi) in una metafora della violenza sociale. La sfortunata Fantine, costretta a vendere i capelli e a prostituirsi, incarna le conseguenze di questi meccanismi. I dazi colpiscono chi ha meno risorse per resistere, trasformando la sopravvivenza in un conflitto all’ultimo sangue. Come scrive Hugo, non sono strumenti neutrali, ma meccanismi di marginalizzazione che criminalizzano i poveri.
4. La giungla di Upton Sinclair
Sinclair denuncia il capitalismo americano di inizio Novecento, in cui i dazi protezionisti sulla carne avvantaggiano i monopoli, non i lavoratori. Li pagano gli operai, col loro sudore, e li pagano i poveri che non possono più comprarla: è evidente il tranello ideologico. Presentati come tutela del “lavoro nazionale”, i dazi permettono alle élite di alzare i prezzi e sfruttare gli immigrati, rivelando la loro natura di strumento di classe.
5. Il tallone di ferro di Jack London
Nel romanzo distopico, l’oligarchia usa i dazi per eliminare la concorrenza e controllare i mercati. L’oligarchia alza i dazi per strangolare i rivali esteri, ma è la pancia della povera gente a rimanere vuota: per London, le guerre commerciali non sono tra nazioni, ma tra classi. I dazi diventano un’arma di dominio, non di protezione economica.
Questi testi rivelano una costante: i dazi sono dispositivi di potere che traducono astrazioni economiche in sofferenze concrete. Non hanno a che vedere con la “lotta al contrabbando” o allo “spaccio di droga”, come talvolta viene presentata la retorica di Donald Trump. La letteratura non si limita a documentare, ma svela i meccanismi nascosti, rendendoli intelligibili. Ogni racconto diventa una mappa per comprendere come le strutture economiche plasmino le esistenze individuali.