Sai veramente riconoscere un testo prodotto da un’AI?

LLM e profezia di Turing

Si sta verificando un fenomeno al limite del ridicolo. In un’epoca come la nostra, in cui la tecnologia invade praticamente ogni aspetto della vita quotidiana, vedo diffondersi una sorta di caccia alle streghe intorno all’impiego di strumenti di modellizzazione nella produzione di testi letterari, indipendentemente da come questi vengano utilizzati: se in sostituzione all’elemento umano, o se in affiancamento a questo (vale a dire in fase di brainstorming o di editing).

Se non si delega loro la produzione letteraria, questi LLM possono essere in realtà utili a velocizzare il lavoro di revisione, individuando ad esempio ripetizioni inutili, cadute stilistiche e suggerendo alternative nella costruzione delle frasi che talvolta l’autore non aveva considerato nella prima stesura.

Poi è ovvio che non tutti i suggerimenti dell’editor ‘neurale’ sono degni di essere accolti e integrati nel testo definitivo. Ora, nel pieno di un incubo alla Turing, si sta verificando sempre più spesso questa confusione tra l’intelligenza umana e l’imbecillità artificiale, per cui lettori e (più grave, a mio parere) colleghi, scambiano testi prodotti dall’intelletto umano per opere generate da sistemi di modellizzazione. Siamo insomma davanti a una demonizzazione irragionevole e a mio parere anche piuttosto pericolosa, alimentata in parte da coloro che fanno un uso inappropriato delle cosiddette AI, ma anche e forse più da coloro che ne temono le conseguenze, senza una reale comprensione delle loro potenzialità e limiti nell’impiego.

Il risultato è paradossale: un testo che risulta troppo fluido, corretto grammaticalmente, prodotto velocemente, viene sospettato di essere un deep fake letterario anche quando l’intervento umano è stato preponderante nella sua stesura. Siamo alla psicosi collettiva! Leggendo con attenzione qualsiasi testo di critica letteraria o analisi di eventi contemporanei, un lettore attento dovrebbe essere in grado di riconoscervi a colpo d’occhio l’impronta umana: considerazioni personali, connessioni inaspettate tra concetti apparentemente distanti, intuizioni che emergono da una profonda conoscenza della materia trattata, sono caratteristiche difficilmente replicabili da un sistema automatizzato, il quale si limita a combinare dei modelli predisposti.

Ritengo che, nell’approcciarsi a un testo, sia fondamentale concentrarsi su aspetti sostanziali: la chiarezza espositiva, la precisione concettuale, la correttezza delle informazioni presentate e, non ultima, la personalità che emerge dalle parole, l’originalità dei concetti. Sono questi i parametri che dovrebbero guidare la valutazione di uno scritto, ben al di là della semplice speculazione sul mezzo tecnico che può averne supportato (o meno) la realizzazione. Gli inquisitori di questo KKK letterario, non conoscendo realmente i sistemi di modellizzazione linguistica e non sapendo usarli come andrebbero usati, non sanno che un articolo prodotto interamente da un LLM si riconosce subito: tende a presentare generalizzazioni, evita posizioni potenzialmente controverse, fatica a stabilire connessioni non ovvie tra fenomeni diversi e, soprattutto, manca di quella profondità di pensiero che deriva dall’esperienza personale e dalla soggettività umana.

Per questo motivo, trovo insensato che un testo concepito dall’intelletto umano ed eventualmente esottoposto a un pre-editing con l’ausilio di strumenti basati sulla modellizzazione debba essere in qualche modo penalizzato o svalutato: sarebbe come criticare un fotografo per l’utilizzo di software di post-produzione o un musicista per l’impiego di tecnologie di masterizzazione, o un poema omerico per luso delle formule di ripetizione caratteristiche dell’arte dell’aedo. La questione solleva interrogativi più ampi sul nostro rapporto con la tecnologia nella sfera creativa. Quel che rende un testo significativo non è l’assenza di supporto tecnologico nella sua produzione o revisione, ma la presenza di un pensiero autentico, di una voce distintiva, di un’analisi che scaturisce da una sensibilità specificamente umana. L’editing assistito dall’AI non fa che migliorare la forma attraverso cui questi elementi essenziali vengono comunicati, senza intaccarne la sostanza. In definitiva, credo che sia necessario finirla una buona volta con questi pregiudizi da bacchettoni integralisti, ponendo fine a una demenziale crociata che sta assumendo i contorni di una caccia alle streghe priva di senso.

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