Bologna e la disinformazione sulle dipendenze

Mi toccherà fare l’equilibrista colle parole, perché queste note non vengano fraintese dagli algoritmi, che ne impedirebbero la divulgazione. Matteo Lepore è nuovamente sotto attacco attraverso lo strumento subdolo della disinformazione. Si leggono sui giornali titoli sensazionalistici, con la sola finalità di far cadere in discredito un’iniziativa che peraltro non è da attribuirsi propriamente alla politica del sindaco, ma rientra in una più ampia amministrazione del sistema sanitario locale. Bologna si trova al centro di un intenso dibattito istituzionale riguardo l’implementazione di strategie di riduzione del danno in alcune forme di dipendenza (fate un piccolo sforzo, ecco sì proprio quelle): un approccio sanitario consolidato a livello internazionale che mira a minimizzare i rischi per la salute pubblica attraverso interventi di prevenzione e assistenza.
La proposta dell’amministrazione comunale ha suscitato indignazione immotivata nell’opposizione dell’estrema destra bolognese, che addirittura parla di ricorsi legali o (niente meno!) denunce penali contro il sindaco. D’altro canto, molti operatori del settore sociale e ricercatori, sottolineano al contrario l’efficacia di programmi simili già implementati con successo in diverse grandi città di tutto il mondo. La politica della riduzione del danno nelle dipendenze, è basata infatti su evidenze scientifiche: non promuove comportamenti a rischio (come sostengono gli oscurantisti bolognesi), ma si concentra piuttosto sulla minimizzazione delle conseguenze per quegli individui già esposti a situazioni di vulnerabilità sociale, persone che comunque, aggravando le loro condizioni di salute, finirebbero per pesare su un sistema sanitario già sotto pressione.
L’approccio prevede in primo luogo la distribuzione di materiali sanitari sterili per prevenire infezioni trasmissibili, e contestualmente l’istituzione di punti di ascolto specializzati, l’attivazione di servizi sanitari a bassa soglia di accesso e programmi di accompagnamento verso percorsi terapeutici strutturati. L’obiettivo primario è intercettare persone in condizioni di marginalità, per stabilire un contatto che possa rappresentare il primo passo verso percorsi di cura e reinserimento sociale. Si tratta di un sistema integrato del quale i fascioleghisti bolognesi tacciono opportunisticamente, per far passare una tesi del tutto irrealistica e giuridicamente irricevibile, quella dell’induzione alla dipendenza.
Non mancano dati a supporto della validità di questi sistemi: in Canada, studi di settore hanno documentato una riduzione sostanziale dell’incidenza di malattie infettive trasmissibili, nonché una diminuzione delle lesioni fisiche correlate all’utilizzo di materiali non sicuri. In Messico, programmi pilota hanno registrato risultati incoraggianti nella prevenzione di comportamenti ad alto rischio, con particolare riferimento alla riduzione dell’utilizzo di strumenti improvvisati che spesso causano gravi compromissioni della salute fisica. Anche nel contesto italiano, alcune sperimentazioni condotte da unità di strada specializzate hanno evidenziato miglioramenti significativi nelle condizioni delle persone assistite, accompagnati da una riduzione dei comportamenti a rischio e da un maggiore accesso ai servizi territoriali.
Nel contesto bolognese l’opposizione oscurantista interpreta questi interventi (faziosamente) come forme indirette di incoraggiamento a comportamenti dannosi, sottolineando la necessità di politiche esclusivamente orientate alla repressione punitiva. Le istituzioni promotrici e gli operatori specializzati ribattono evidenziando piuttosto che l’obiettivo primario consista nello stabilire relazioni professionali con persone in condizioni di vulnerabilità, le quali altrimenti rimarrebbero escluse dall’assistenza sanitaria e sociale, ma peserebbero ugualmente e forse più sul sistema sanitario nazionale.
I modelli di Vancouver, Amsterdam, Zurigo, dimostrano come approcci pragmatici, basati su evidenze scientifiche e implementati con professionalità, aldilà del giustizialismo integralista, possano contribuire al miglioramento della situazione complessiva, senza compromettere la sicurezza e il benessere della comunità ma anzi, alleggerendo di molto, sulle lunghe distanze, il peso delle dipendenze sulla società nel suo complesso.
Di certo non servirà a molto denunciare il sindaco di Bologna per aver supportato e finanziato proposte di questo tipo, sostenute da dati scientifici, ricerche di settore, suffragate da risultati positivi ottenuti in diverse parti del mondo. E’ palese la manipolazione dell’informazione su questo tema, che si sta operando attraverso una stampa condiscendente, che troppo spazio sta dando a una pericolosa deriva irrazionale.
Disclaimer: Questo articolo ha finalità esclusivamente informative e si inserisce nel dibattito sulle politiche sanitarie e sociali contemporanee. Il contenuto non promuove in alcun modo comportamenti a rischio e si basa esclusivamente su evidenze scientifiche e esperienze documentate a livello internazionale.
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