Sogni letterari. La morte della donna amata. Dante, Vita Nova 14, 1-13

La morte della
donna amata

Sogni letterari
Dante, Vita Nova 14, 4-13

A cura di Federico Berti
in collaborazione con
Universo Sogni

Chiusi gli occhi e cominciai a travagliare come farnetica persona e a imaginare in questo modo: che nel cominciamento dello errare che fece la mia fantasia apparvero a me certi visi di donne scapigliate che mi diceano: «Tu pur morrai». E poi, dopo queste donne, m’apparvero certi visi diversi e orribili a vedere, li quali mi diceano: «Tu sè morto». [5] Così cominciando ad errare la mia fantasia, venni a quello che io non sapea ove io mi fosse; e vedere mi parea donne andare scapigliate piangendo per via, maravigliosamente triste; e pareami vedere lo sole oscurare, sì che le stelle si mostravano di colore ch’elli mi facea giudicare che piangessero; e pareami che gli uccelli volando per l’aria cadessero morti, e che fossero grandissimi terremuoti. E maravigliandomi in cotale fantasia, e paventando assai, imaginai alcuno amico che mi venisse a dire: «Or non sai? la tua mirabile donna è partita di questo secolo». [6] Allora cominciai a piangere molto pietosamente; e non solamente piangea nella imaginazione, ma piangea con gli occhi, bagnandoli di vere lagrime. [7] Io imaginava di guardare verso lo cielo, e pareami vedere moltitudine d’angeli, li quali tornassero in suso, e aveano dinanzi loro una nebuletta bianchissima. A me parea che questi angeli cantassero gloriosamente, e le parole del loro canto mi parea udire che fossero queste: «Osanna in excelsis!», e altro non mi parea udire. [8] Allora mi parea che lo cuore ove era tanto amore mi dicesse: «Vero è che morta giace la nostra donna». E per questo mi parea andare per vedere lo corpo nello quale era stata quella nobilissima e beata anima; e fue sì forte la erronea fantasia, che mi mostrò questa donna morta. E pareami che donne la covrissero, ciò è la sua testa, con uno bianco velo; e pareami che la sua faccia avesse tanto aspetto d’umilitade, che parea che dicesse: «Io sono a vedere lo Principio della pace». [9] In questa imaginazione mi giunse tanta umilitade per vedere lei, che io chiamava la Morte e dicea: «Dolcissima Morte, vieni a me! E non m’essere villana, però che tu dêi essere gentile, in tale parte sè stata. Or vieni a me, che molto ti disidero! E tu lo vedi che io porto già lo tuo colore». [10] E quando io avea veduto compiere tutti li dolorosi mistieri che alle corpora de’ morti s’usano di fare, mi parea tornare nella mia camera, e quivi mi parea guardare verso lo cielo; e sì forte era la mia imaginazione, che piangendo cominciai a dire con verace boce: «Oi anima bellissima, com’è beato colui che ti vede!». [11] E dicendo io queste parole con doloroso singulto di pianto e chiamando la Morte che venisse a me, una donna giovane e gentile, la quale era lungo lo mio letto, credendo che lo mio piangere e le mie parole fossero solamente per lo dolore della mia infermitade, con grande paura cominciò a piangere. [12] Onde altre donne, che per la camera erano, s’accorsero di me che io piangea, per lo pianto che vedeano fare a questa; onde faccendo lei partire da me, la quale era meco di propinquissima sanguinità congiunta, elle si trassero verso me per isvegliarmi, credendo che io sognasse, e diceanmi: «Non dormire più!», e «Non ti sconfortare!». [13] E parlandomi così, cessòe la forte fantasia entro in quello punto che io volea dicere: «O Beatrice, benedetta sie tu!»; e già detto avea «O Beatrice», quando riscotendomi apersi gli occhi, e vidi che io era ingannato”.

Responso

Non è più lei che la passione brama
ma l’angelo in cui l’hai trasfigurata,
ognuno uccide sempre ciò che ama

28. La donna, 22. L’amore, 90. L’angelo,
17. La morte, 38. La salma

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