Quando Svezia e Finlandia aderirono alla NATO

Vorrei soffermarmi, in risposta ad alcuni interventi su questo tema, a prendere in considerazione le diverse reazioni di Mosca all’allargamento dell’Alleanza Atlantica, quando Svezia e Finlandia hanno aderito al Patto Atlantico: mentre Mosca ha scatenato una guerra per impedire l’eventuale ingresso dell’Ucraina, ha reagito con relativa moderazione all’adesione di Svezia e Finlandia nel 2023 e 2024. Questa disparità di reazioni non è da intendersi però come un capriccio ideologico, essendo piuttosto conseguenza di un calcolo geopolitico che smentisce di fatto l’interpretazione semplicistica secondo cui l’invasione dell’Ucraina sarebbe stata motivata esclusivamente dalla prospettiva di un allargamento NATO.
Il primo aspetto palesemente diverso tra i due contesti è proprio nella geografia dei luoghi: l’Ucraina condivide con la Russia un confine di oltre 2.000 chilometri caratterizzato prevalentemente da pianure aperte, che storicamente hanno rappresentato tanto una via di invasione quanto un corridoio di influenza reciproca, un confine molto più difficile da controllare proprio per la facilità dei movimenti, la sua acdessibilità e percorribilità. Questa conformazione territoriale rende l’Ucraina strategicamente vitale per la sicurezza russa, che da secoli si basa proprio sul concetto di “profondità strategica” e di stati cuscinetto (le varie ‘Ucraine’ dall’Amur alla Sich di Zaporizya).
La Finlandia dal canto suo, pur confinando con la Russia per 1.340 chilometri, presenta caratteristiche geografiche completamente diverse: il suo territorio è caratterizzato da foreste dense, laghi e terreni difficili che storicamente hanno limitato le possibilità di grandi manovre militari; oltre a questo, si tenga presente anche la tradizione finlandese di neutralità armata che aveva già creato un equilibrio accettabile per Mosca durante la Guerra Fredda. La Svezia, dal canto suo, non condivide confini terrestri con la Russia e la sua posizione nel Baltico, pur strategicamente rilevante, non incide in modo diretto sulla sicurezza del territorio russo continentale.
C’è poi un diverso contesto storico e politico da tener presente: quando Svezia e Finlandia hanno formalizzato la loro richiesta di adesione alla NATO nel maggio 2022, lo hanno fatto proprio in risposta diretta all’invasione russa dell’Ucraina, non fu un’azione provocatoria preventiva, ma una reazione all’invasione in quanto tale, il loro ingresso nell’Alleanza è avvenuto dunque in un contesto di difesa legittima, con un consenso politico e popolare schiacciante che ha raggiunto il 79% in Finlandia e il 68% in Svezia secondo i sondaggi del periodo. L’Ucraina, invece, ha manifestato aspirazioni euro-atlantiche già dal 2008, quando al vertice NATO di Bucarest fu dichiarato che Kiev e Tbilisi sarebbero “diventate membri della NATO”; è vero che questa dichiarazione non si tradusse mai in un percorso concreto di adesione, rimanendo più un’affermazione di principio che un piano operativo, ma negli ultimi anni l’ipotesi si stava facendo più concreta.
L’elemento più spesso sottovalutato nell’analisi del contesto ucraino in confronto a quello dei paesi scandinavi è che Svezia e Finlandia si reggono su sistemi democratici consolidati, istituzioni solide, società profondamente coese: il loro ingresso nella NATO non ha comportato drammi interni o divisioni significative. L’Ucraina, al contrario, ha attraversato un periodo di grande instabilità politica culminato con le sommosse di Maidan del 2014, in cui è innegabile e rilevante presenza di movimenti radicali ed eversivi che, seppur minoritari, hanno fornito alla propaganda russa argomenti per giustificare la propria narrativa di “denazificazione”.
Il punto da tener fermo in ogni caso è che la strategia russa di sicurezza si basa storicamente sul mantenimento di una cintura di paesi alleati o neutrali lungo i propri confini: questo approccio, che poggia sull’esperienza delle invasioni napoleoniche e naziste, considera l’Ucraina come il più importante di questi stati cuscinetto. La perdita dell’Ucraina rappresenterebbe per Mosca non solo una sconfitta strategica, ma anche un precedente pericoloso che potrebbe incoraggiare altri paesi dell’ex spazio sovietico a seguire la stessa strada. Bielorussia, Kazakhstan e altre ex repubbliche sovietiche osservano attentamente gli sviluppi ucraini. Non si può ignorare poi la dimensione economica del conflitto. L’Ucraina possiede significative riserve di gas naturale, terreni agricoli fertili e industrie strategiche che la Russia considera parte della propria sfera di influenza economica. Il controllo delle rotte di transito energetico verso l’Europa ha rappresentato per decenni una leva di influenza geopolitica fondamentale per Mosca. Svezia e Finlandia, pur essendo paesi economicamente sviluppati, non hanno la stessa rilevanza strategica dal punto di vista delle risorse naturali e dei corridoi energetici.
Mosca ha dimostrato di essere disposta ad accettare l’espansione NATO quando questa non tocca i suoi interessi vitali, ma di essere pronta al conflitto armato (e di poterlo sostenere nel lungo periodo) quando percepisce una minaccia esistenziale alla propria sicurezza. L’analisi comparata delle reazioni russe all’espansione NATO dimostra che il conflitto ucraino non può essere ridotto a una semplice questione di allargamento dell’Alleanza Atlantica: la geografia, il contesto storico e politico, la stabilità interna dei paesi coinvolti e gli interessi strategici russi creano un quadro molto più articolato. La sicurezza europea non può essere garantita ignorando le percezioni e gli interessi russi, ma nemmeno cedendo ai ricatti euro-atlantici.
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