Amnesia collettiva. La tua memoria ti sta abbandonando

Illustration Artwork by Federico Berti. Created with Gimp/Qwen

Viviamo nell’epoca dell’amnesia collettiva. Ogni giorno riceviamo migliaia di stimoli: notifiche, video, news, messaggi. Il nostro cervello, bombardato da una vera e propria tempesta di informazioni, smette di memorizzare e si lascia ridurre a spettatore passivo. Deleghiamo tutto agli smartphone, ai cloud, agli algoritmi. Ma cosa succede quando questa “memoria esterna” non basta più? Quando ci accorgiamo che non riusciamo più a ricordare nemmeno una poesia, un numero di telefono, o semplicemente a concentrarci per più di cinque minuti? La buona notizia è che esistono tecniche anche molto efficaci e ben sperimentate, per riappropriarci la nostra memoria. La cattiva notizia è che spesso vengono insegnate male, causando più stress che benefici. Apri Instagram o TikTok e troverai decine di “guru della memoria” che promettono miracoli: “Memorizza 100 parole in 10 minuti!”, “Impara una lingua in 30 giorni!”.

I loro metodi si basano principalmente su due tecniche: una è il cosiddetto Link Method (o PAV): creare storie assurde e vivide per collegare le informazioni, per esempio immaginare un elefante rosa che balla il tango con una penna gigante per ricordare le due parole “elefante” e “penna”. L’altra è il famoso Palazzo della Memoria, che consiste nel trasformare la tua casa in un deposito di ricordi, associando ogni oggetto da memorizzare a un mobile o una stanza. Il problema è che queste tecniche, così come vengono insegnate oggi, sono poco sostenibili, richiedono cioè uno sforzo mentale molto ingente e, dopo l’entusiasmo iniziale, la maggior parte delle persone le abbandona perché le trova stressanti. Ecco dunque la banale verità che i corsi di memoria non ti spiegano mai:


Pensare, costa energia! Ogni volta che crei un’associazione di idee, anche le più elementari, il tuo cervello consuma risorse.


Come dicevano gli antichi, la memoria funziona come un sigillo che si imprime nella cera calda della mente – e ogni impressione lascia un segno permanente nel tuo sistema nervoso. Se usi le tecniche di memoria senza criterio, sovraccarichi la tua mente e il tuo corpo, il risultato? Burnout cognitivo, confusione, irritabilità, mal di testa insonnia, nausea, perdita di serenità, qualcuno arriva a sviluppare vere e proprie forme di psicosi. Molti studenti di queste tecniche ottengono risultati impressionanti, ma a quale prezzo?

C’è un malinteso profondo su come funzionava davvero la memoria nel mondo antico. Oggi la pensiamo come una competizione individuale: io contro il mondo, chi ricorda di più vince. Ma non era così nel mondo classico.


Gli antichi greci avevano ragione nel dire che Mnemosyne, la dea della memoria, era anche la madre delle Muse, cioè delle arti. La memoria era un’arte collettiva, legata alla musica, alla poesia, al teatro. Si imparava insieme, cantando, raccontando storie, condividendo il sapere. Quello che uno dimenticava, lo ricordava un altro.


Pensa ai poemi omerici: l’Iliade e l’Odissea erano enormi Link Method collettivi, non utilizzavano immagini casuali e personali, ma simboli universali, storie condivise da tutti. Erano sostenibili proprio perché patrimonio comune.

Ho dedicato anni di ricerca a questo problema, approfondendolo in due saggi, “Memoria. L’arte delle arti” e “Rivoluzione interiore”. Da questa ricerca sono emersi due principi fondamentali che possono modificare sensibilmente il tuo approccio alla memoria: in primo luogo il principio di economia, ovvero non tutto è degno di essere memorizzato.

Prima di applicare qualsiasi tecnica, chiediti: “Questa informazione mi serve davvero? È importante per la mia vita?”. Imparare a selezionare è il primo passo per non sprecare energia mentale. In secondo luogo, il principio di pertinenza: le tue associazioni di idee devono avere un senso non solo per te stesso, nella costruzione delle tue visioni interiori devi cercare un collegamento logico o poetico, culturalmente condivisibile, che anche altri possano capire e soprattutto, che sia piacevole da ricordare, oltre che utile. Questo alleggerisce il carico mentale e rende le tue memorie più stabili.


Quanto al famoso Palazzo della Memoria, dimenticati di poterlo ambientare nel tuo salotto di casa: usare spazi familiari per memorizzare sovraccarica gli ambienti quotidiani e nel lungo periodo crea confusione!


Il vero Palazzo della Memoria, così come lo insegnavano gli antichi, deve essere in realtà un edificio immaginario che costruisci appositamente, ma identico a tutti gli altri. Ogni palazzo è unico e irripetibile. Deve avere un valore simbolico, una struttura articolata e variata, con stanze di forme diverse (triangolari, circolari, quadrate), deve possedere colonnati, scalinate, finestre o rosoni, torri, architravi, fregi, statue e via dicendo. Ma soprattutto, deve essere condivisibile e più importante ancora, piacevole da contemplare. Non deve essere mai, nel modo più assoluto, un palazzo reale, ma sempre e solo un prodotto della tua immaginazione.

La soluzione al burn-out di cui si è detto sopra non è abbandonare le tecniche di memoria come fanno in molti, ma riformarle secondo principi sostenibili, ristrutturarle dalle fondamenta: fai in modo che le tue associazioni mentali siano utili non solo a te stesso ma anche agli altri, trasformale in storie, disegni, canzoni, coltiva le arti nel loro insieme; non per costruire chissà che capolavori, ma per condividerle con le persone che hai intorno. Scegli cosa memorizzare, non tutto merita il tuo tempo e le tue energie. Usa per quanto possibile dei simboli universali e luoghi comuni pertinenti con il contenuto, invece di immagini fuori contesto, ma soprattutto: collabora, non competere.

Più il tuo sistema mnemonico è socializzabile, creativo, godibile, meno sarà stressante, più sarà efficace. È urgente comprendere queste cose ora: in un mondo che ci bombarda di informazioni usa-e-getta, riconquistare la nostra memoria non è un lusso ma una necessità, chi non sa più ricordare e collegare informazioni diventa un consumatore passivo, manipolabile, senza spirito critico. La memoria non è solo una tecnica di studio, è resistenza culturale, rivoluzione interiore. È il solo modo che abbiamo per rimanere padroni del nostro pensiero in un’epoca che ci vuole solo consumatori di informazioni.

Le tecniche di memoria tradizionali sono strumenti efficaci, ma vanno usate con attenzione e moderazione: applicando i principi di economia e pertinenza, riscoprendo la dimensione collettiva della memoria, possiamo trasformarle in alleate sostenibili per la nostra crescita personale. Non si tratta solo di ricordare di più o di ricordare meglio: si tratta proprio di riappropriarci della nostra capacità di pensare, collegare, creare, smettere di essere consumatori acritici di contenuti e rendere noi stessi protagonisti attivi della nostra cultura. La tua memoria è troppo preziosa per essere lasciata in mano agli algoritmi. È tempo di riprendertela.


Federico Berti, Memoria. L’arte delle arti


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