Putin si è paragonato a Pietro il Grande?

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Il carillon della propaganda euro-atlantica riporta spesso la citazione di un discorso nel quale Vladimir Putin avrebbe paragonato sé stesso allo Zar Pietro il Grande, ma son persuaso che nessuna di quelle penne si sia mai presa il disturbo di ascoltare il discorso integrale da lui tenuto alla famosa conferenza stampa del 9 Giugno 2022, per inaugurare una mostra a San Pietroburgo in occasione del 350° anniversario dalla nascita dell’imperatore, al massimo qualche stralcio decontestualizzato, come ad esempio quello pubblicato dal Post sotto il titolo altisonante di Putin si è paragonato allo zar Pietro il Grande:

«Lui (Pietro il Grande, ndr) ha guidato la Grande guerra del Nord per 21 anni. Poteva sembrare che fosse in guerra con la Svezia, che le stesse togliendo qualcosa. Ma non le stava togliendo nulla. Stava riprendendo il controllo. […] Quando fondò la nuova capitale, nessuno dei paesi europei riconobbe quel territorio come appartenente alla Russia. Tutti lo consideravano svedese. Ma gli slavi avevano vissuto da sempre lì insieme ai popoli ugro-finnici. […] Lui stava solo riconquistando quelle terre e rafforzando il potere. Ora tocca anche a noi riconquistare e rafforzarci».

Prego il lettore di fermarsi, prendere un bel respiro e fare un passo indietro tornando a leggere con più attenzione prima il titolo dell’articolo sul Post, poi lo stralcio dal discorso di Vladimir Putin. Se la grammatica serve ancora a qualcosa, lo stralcio mal riportato dal discorso di Vladimir Putin non parla in prima persona, ma si serve di un più cauto noi, dunque non paragona sé stesso allo Zar ma piuttosto avanza un parallelo storico fra la Russia di allora e quella di oggi. Non solo, ma nessuno sembra essere entrato nel merito del riferimento al fatto storico, in merito al quale se mi prendessi il disturbo di interrogare buona parte dei pennivendoli attualmente in forze presso l’hasbara euroatlantica, pochi saprebbero rispondermi con cognizione di causa, men che meno i loro audaci e loquaci lettori.

Come spesso ripeto, nelle parole dei bugiardi si trova sempre un fondo di verità, al quale appigliarsi per ricostruire le parti mancanti. Nello stralcio riportato dal Post, Vladimir Putin fa riferimento alla Grande guerra del Nord combattuta nel 1700-1721, sulla quale non è difficile ricavarsi uno straccerello d’informazione meno superficiale di quelle riportate dal giornale. Basta poco a rendersi conto che si trattò di un conflitto combattuto dal regno di Svezia, non già contro la Russia ma piuttosto contro una coalizione di regni intenzionati a frenare l’espansionismo svedese nell’aurea età dello Stormaktstiden, quando l’impero del nord era arrivato a estendersi per gran parte della Norvegia, l’intera Finlandia, parte della Danimarca, della Livonia, della Carelia, dell’Estonia, dell’Ingria. A muovere la guerra contro l’impero svedese era stata prima la Danimarca, poi si erano unite la Norvegia, la Prussia e gli altri paesi affacciati sul Baltico, quindi Pietro il Grande che stava in quel momento riorganizzando l’apparato statale russo. Col trattato di Nystad, Pietro il Grande portò a casa non solo banalmente Livonia, Estonia, Ingria e parte della Carelia, ma anche uno sbocco sul Baltico, una finestra sull’Europa e soprattutto un nuovo status di potenza nazionale.

Già questi daterelli da terza liceo dovrebbero far luce su un aspetto chiave nella citazione di Vladimir Putin, il fatto cioè che lo zar Pietro il Grande non avesse condotto nel Settecento una guerra propriamente coloniale, ma semmai partecipato a una rivolta dei regni baltici con la quale s’intendeva frenare l’espansionismo imperialista della Svezia. L’analogia con l’espansionismo NATO nell’Oriente europeo è non solo palese, ma del tutto legittima. Il secondo punto, quello dei popoli slavi che avevano convissuto per secoli in quelle terre con le popolazioni ugro-finniche, è meno intuitivo ma pure storicamente fondato: il primo nucleo della Rus di Novgorod esercitò per secoli la sua influenza commerciale, politica, culturale e militare in quei territori, con tanto di tributi riscossi dalle popolazioni del posto. Quell’influenza era stata interrotta solo dalle Crociate del Nord, l’espansionismo apertamente coloniale con cui Teutonici e Portaspada avevano imposto su quelle regioni il dominio tedesco.

È corretto dunque affermare che lo zar Pietro il Grande venga tuttora considerato il primo unificatore della Russia sotto un’unica potente amministrazione, che rivendicava le radici storiche della sua indipendenza proprio nelle vicende relative alla Rus di Kiev e Novgorod. Una Russia che nasce in Ucraina e col tempo unifica tutte le popolazioni slave sotto uno stesso regno. L’insieme dei due punti citati dallo stralcio del Post non costituisce un paragone diretto fra Putin e lo Zar, ma cita un parallelo storico tra la guerra di contenimento dell’espansionismo NATO in Ucraina e quello della Prussia prima, della Svezia poi, nelle regioni slave del Baltico. In seconda istanza, rivendica la nascita stessa di uno stato protorusso a Kiev nel XII secolo, ottocento anni prima che al primo degli ucraini sia saltato in mente lo sghiribizzo di farsi appendice dell’Austria-Ungheria.

Detto questo, la stampa antirussa ha dimenticato di contestualizzare lo stralcio dal discorso di Vladimir Putin nel contesto in cui è stato pronunciato, ovvero la conferenza stampa di inaugurazione per una delle tante mostre dedicate a San Pietroburgo nel 2022 alla figura storica dello zar Pietro il Grande, fondatore della città (guarda caso) proprio alla fine della Grande guerra del Nord. Una serie di iniziative non solo celebrative delle imprese militari, ma anche della straordinaria opera di promozione delle arti e delle scienze che gli viene storicamente riconosciuta non solo dai russi, ma dagli storici di tutto il mondo. Sarebbe interessante poter leggere l’intero discorso, che opportunamente la propaganda omette di riportare, intervenendo nel merito di quel paragone contestualizzando le parole realmente pronunciate dal presidente della Federazione Russa nella rimanente parte del discorso, che pochissimi in Occidente hanno realmente letto o ascoltato. Mi ripropongo di tornare sull’argomento, ma ritengo di poter ragionevolmente concludere questa breve nota sollecitando il lettore a collegare sempre le informazioni che trova nella stampa di qualsivoglia parte.

Possiamo non condividere il discorso di Vladimir Putin, nulla a noi lo vieta. Si può obiettare che Pietro il Grande rivendicasse ai popoli parlanti lingue slave territori che nei tre secoli precedenti erano stati sotto la dominazione prima tedesca, poi svedese. Possiamo prendere atto che non tutti i residenti in quelle regioni fossero di lingua e cultura slava, o chiederci eventualmente prima della Rus di Novgorod chi le governasse, risalendo all’indietro fino alla preistoria. Nulla vieta di obiettare che ogni nazione è sempre nata sulle macerie di un’altra nazione, o sulla pelle di una terra libera, ma in quel caso dovremmo accogliere medesima obiezione rispetto all’argomentazione del nazionalismo ucraino, che nato nella seconda metà dell’Ottocento, rivendicava l’indipendenza di Kiev sulla base di una repubblica cosacca, la Sic di Zaporizhya, risalente a tre secoli prima, esattamente come Pietro il Grande aveva fatto con le repubbliche baltiche. Se dunque si vuol ricusare il discorso di Putin alla mostra su Pietro il Grande, allora le argomentazioni da noi avanzate porrebbero in discussione lo stesso nazionalismo ucraino.

Non si può peraltro fare a meno di osservare che l’espansionismo NATO di cui parla il presidente della Federazione Russa non è un fenomeno risalente a tre secoli or sono, bensì a tre miseri decenni, e che la Guerra fredda a cui fa chiaro riferimento si è conclusa appena nel 1989. Considerando che Vladimir Putin è al governo da un ventennio, e che ricopriva già un incarico di responsabilità nei servizi segreti dell’Unione Sovietica prima della sua caduta, allora possiamo dire che le sue rivendicazioni sono molto più concrete rispetto a quelle di Pietro il Grande. Tenendo conto poi del fenomeno ben noto e dilagante, sia in Russia che negli stati satellite, della nostalgia sovietica, che interessa più di metà della popolazione avente diritto al voto (compresi gli stati secessionisti del meridione ucraino), allora le affermazioni rilasciate alla stampa il 9 giugno 2022 assumono tutt’altra valenza.

Concludendo, Putin si è paragonato a Pietro il Grande? Non esattamente. A una verifica più attenta, dallo stralcio riportato nell’articolo sembra piuttosto che abbia partecipato all’inaugurazione di un’esposizione permanente a San Pietroburgo, nel 350° anniversario dalla fondazione della città ad opera dello zar settecentesco, fondazione avvenuta subito dopo la conquista delle regioni di Livonia, Estonia, Ingria e Carelia, tolte alla Rus di Novgorod prima dalle Crociate prussiane, poi dall’imperialismo svedese. Del tutto comprensibile che la città fondata da Pietro il Grande celebri dopo tre secoli e mezzo la nascita dell’autocrate russo, del tutto ragionevole che il presidente della Federazione Russa abbia partecipato all’inaugurazione della mostra, pienamente legittimo il paragone tra la guerra contro l’espansionismo svedese e tedesco del XVII secolo con la guerra attuale contro l’espansionismo euroatlantico. Si può non condividere la prospettiva e questo è altrettanto legittimo, ma non lo è decontestualizzare le parole del presidente per far credere che abbia paragonato sé stesso allo Zar. Basta leggere con attenzione per rilevare l’incongruenza.

Dov’è il problema, si dirà? Che nella nostra mente il linguaggio crea la realtà dove non possiamo sperimentarla con i nostri sensi: lo stereotipo dello Zar viene impugnato come un’ascia dalla propaganda dell’odio antirusso, richiamandosi al terrore dell’assolutismo, paragonando Putin a un nuovo Zar di tutte le Russie sulla base di una sua presunta dichiarazione di intenti. Per l’opinione pubblica europea, ormai la sovrapposizione è talmente automatica, radicata nel profondo dell’immaginario, da servirsi indifferentemente del nome proprio o della qualifica di Zar. Tutto sulla base di uno stralcetto mal tradotto e maliziosamente estrapolato.


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