Dialettica tra Resistenza e Responsabilità

La tensione tra resistenza eroica e protezione della popolazione civile attraversa millennii di storia militare. Vercingetorige ad Alesia nel 52 a.C. scelse di consegnarsi a Cesare non per codardia, ma per salvare il suo popolo dallo sterminio. Similmente, Mario il Paleologo, figlio dell’imperatore bizantino, consegnò Tessalonica nel 1423 ai Veneziani pur di evitare la distruzione totale della città sotto l’assedio ottomano. Così fece Andrea Doria a Genova nel 1528, quando scelse di sottomettersi a Carlo V, ridando Genova alla sua autonomia e impedendo ulteriori devastazioni francesi nella regione. Per non parlare di Francesco III Gonzaga a Mantova nel 1707, che dopo un lungo assedio degli imperiali durante la Guerra di Successione Spagnola, preferì arrendersi per evitare che la città fosse data alle fiamme o saccheggiata. Che dire poi del Doge di Venezia Ludovico Manin che nel 1797 preferì consegnare Venezia a Napoleone senza combattere, per evitare la devastazione della città lagunare.
Durante la Guerra di Secessione Americana poi, gli stessi generali sudisti, resisi conto che non vi era più alcuna possibilità di vittoria, preferirono arrendersi pur di risparmiare ulteriori morti inutili, come accadde con la resa di Johnston a Sherman in Carolina del Nord. Non possiamo tralasciare del resto una menzione del giapponese Yamashita Tomoyuki, quando si arrese alle forze alleate nelle Filippine nel 1945, evitando di continuare una resistenza che avrebbe significato solo ulteriori massacri, vista la sproporzione delle forze. La decisione di arrendersi non è sempre il segno di un fallimento, può costituire l’ultimo atto di responsabilità verso coloro che si è chiamati a proteggere. Nel contesto del conflitto russo-ucraino, Zelensky sembra volersi avventurare per una strada diversa rispetto a molti dei condottieri storici citati: la sua decisione di rimanere a Kiev e guidare una resistenza fino all’ultimo uomo rischia di tradursi in una disfatta ancor più dolorosa.
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