Turismo di guerra o teatri della memoria? Il caso di Sderot

Mi occupo di manipolazione dell’informazione da trent’anni e mai come in questi ultimi 4-5 l’ondata dei fattoidi è stata così imponente e le matasse tanto complicate da sciogliere. Sempre più sottile, sempre più strisciante. L’inverno scorso, un reportage spagnolo a nome di Lara Escudero denuncia il fenomeno del turismo di guerra sulle colline che incombono sulla striscia di Gaza, dove ogni giorno decine di persone si raccolgono per osservare i bombardamenti israeliani con binocoli e telescopi. Alcuni offrirebbero doni ai soldati attraverso le recinzioni, un fenomeno di cui si parla anche sulle alture del Golan al confine con la Siria. Una banalizzazione della sofferenza, una morbosità che lascia esterrefatti, eppure qualcosa non torna nel racconto: perché non dimentichiamolo, è un racconto quello che stiamo leggendo, come sempre dobbiamo chiederci chi stia raccontando cosa e perché.
Date queste premesse, vediamo adesso nel concreto quali sono le aziende che offrono queste visite guidate, quali sono i pacchetti in offerta e indaghiamo più a fondo caso per caso: basta consultare i cataloghi digitali di Abraham, Exclusive Israel, Danny The Digger e la Authentic Israel, Green Olive, Bein Harim, sono solo alcune delle agenzie che propongono visite guidate sulle colline di Sderot, lungo il confine con la Striscia di Gaza. Le loro offerte dal costo variabile (150-900 dollari) prevedono una breve sosta al punto panoramico sopra Sderot, ma l’obiettivo non è assistere ai bombardamenti consumando caffè e pasticcini dalla collina, sono in realtà percorsi culturali, spesso basati sul modello Dual Narrative, ovvero con due guide affiancate: una ebrea e un’altra palestinese, che raccontano le vicende di quei luoghi da entrambi i punti di vista. Si visitano i memoriali, si parla con i sopravvissuti e naturalmente, si transita da punti panoramici dai quali è possibile osservare da lontano la devastazione in corso. Le visite guidate sono talvolta associate a iniziative di associazioni pacifiste. Come noi portiamo i bambini delle scuole a Marzabotto, o ad Auschwitz, loro li portano al sito di quello e altri massacri, non vedo nulla di strano o di morboso.
Tra l’altro questi tour non sono una macabra novità nata dal 7 ottobre: un reportage del ‘Guardian’ ne documentava l’esistenza già nel 2014, e l’osservazione della Striscia da colline attrezzate con sedili e divani, risale addirittura al disimpegno unilaterale del 2005! La loro riproposizione mediatica come fenomeno nuovo è quindi palesemente fuorviante e in malafede. A luglio 2024, la fotogiornalista Michela Chimenti ha partecipato a uno di questi tour, parlando di una narrazione focalizzata sull’esperienza israeliana e l’obiettivo dichiarato degli operatori di promuovere comprensione ed empatia. Se poi qualche imbecille assume comportamenti indegni in luoghi del genere, come quei bambini europei che si fotografarono sorridenti sulle rotaie di Auschwitz, la responsabilità non è certo né della cittadinanza israeliana, né delle agenzie turistiche.
Le offerte del resto si rivolgono prevalentemente a turisti stranieri e non israeliani, che si recano in visita ai memoriali per i più svariati motivi: lo si nota dalle numerose offerte in dollari e in lingua inglese. Molti di loro sono storici, giornalisti, osservatori internazionali, il fatto che vi siano binocoli o telescopi predisposti nei luoghi panoramici non è per ‘godersi i bombardamenti’: quegli strumenti sono lì da anni e in questo momento costituiscono una testimonianza visiva della barbarie in corso, dato che mostrano la totale devastazione della Striscia di Gaza. Il fatto che dei fascisti possano servirsene impropriamente, è un altro discorso.
Si deve qui ricordare che il movimento pacifista internazionale condanna Israele per la violenza e il genocidio in corso a Gaza, ma condanna parimenti anche gli attacchi terroristici di Hamas, non solo quelli del 7 ottobre 2023: la visita a un memoriale non costituisce di per sé negazione delle responsabilità a carico del governo criminale di Netanyahu. Pacifisti e internazionalisti militanti sottolineano che nulla giustifica le azioni terroristiche di Hamas, pur evidenziando l’esasperazione del popolo palestinese dovuta all’occupazione e alle violenze israeliane, le quali hanno favorito a loro volta la radicalizzazione della guerriglia e l’uso delle sole armi di cui possa servirsi un popolo senza stato. Dunque ben vengano i memoriali da ambo le parti.
A che serve questa riflessione? Serve a riportare il ragionamento nel solco della realtà, respingendo con forza le spinte della propaganda che vorrebbero distogliere l’attenzione dalla natura politica, non etnica, della tragedia in corso: la narrativa degli ‘orchi ebrei’ che assistono ridendo e plaudendo al massacro, consumando comodamente pasticcini e caffè dalle colline di Sderot, è consolatoria per l’Occidente, poiché allontana dagli occhi e dal cuore la nostra parte di responsabilità nel disastro umanitario a Gaza: l’aver noi stessi lasciato che dei fascisti dichiarati prendessero il potere, dando supporto logistico e copertura ai crimini della giunta Netanyahu, ha reso anche le nostre mani sporche di sangue, quelle foto servono a lavare le nostre coscenze.
Ecco perché dobbiamo smentirla questa narrazione, è nostro preciso dovere. Le visite guidate al memoriale del 7 Ottobre sono sacrosante e seguono in molti casi la logica Dual Narrative, orientata all’incontro con le comunità locali andando oltre la semplificazione. Non perdiamo tempo in stupide polemiche, concentriamoci sul problema urgente: per fermare il genocidio a Gaza dobbiamo prima di tutto togliere ogni appoggio alla giunta fascista di Netanyahu, destituendo le amministrazioni sovraniste che gli stanno dando appoggio, a partire dalla nostra. Si deve revocare ogni credibilità ai fascisti in Italia, in Europa, negli Stati Uniti, riportando l’Onu al centro del ruolo che le compete, onde pervenire il prima possibile alla soluzione dei due popoli in due stati. Non lasciamoci irretire dalle sirene della propaganda, c’è molto da fare e abbiamo bisogno dell’intelligenza di tutti.
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