Matvej Blanter, Michail Isakovskij. “Katiuscia”. Adattamento italiano.

La traduzione di Antonello Giovanni Budano

Katiuscia

Matvej Blanter, Michail Isakovskij, 1939

Adattamento italiano del testo:
Antonello Giovanni Budano,
Federico Maurizio Flavio Berti

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Meli e peri videro fiorire
lungo il fiume nebbia di lontan
sulla sponda s’incamminò Katiuscia
sulla sponda ripida laggiù

Nel cammin cantando una canzone
dalla steppa un’aquila volò
il soldato che lei voleva amare
le scriveva lettere dal cuor

O canzone canto di ragazza
vola in alto al sole di lassù
vai dal grande amore di Katiuscia
vola al fronte vallo a salutar

Possa lui portarla nel suo cuore
il suo canto possa ricordar
come lui difende la sua terra
lei Katiuscia veglia il loro amor

Meli e peri videro fiorire
lungo il fiume nebbia di lontan
sulla sponda s’incamminò Katiuscia
sulla sponda ripida laggiù


Una canzone simbolo

Katiuscia è la canzone che Blanter-Isaikowskij composero nel 1939 per incitare il popolo russo e ucraino alla resistenza contro le forze dell’Asse che avevano invaso l’Unione Sovietica. La melodia risente molto della musica Yddish, dato che il suo compositore Matvej Blanter, autore di oltre duemila canzoni, veniva da una tradizione familiare e musicale ebraica. Nel testo di Mikhail Isakovsky, poeta, giornalista e traduttore di origine russa, cui venne riconosciuto il titolo di Eroe del Lavoro Socialista, una donna Ucraina di nome Katiuscia cammina lungo il fiume pensando al suo uomo, un soldato russo che combatte il nazifascismo al fronte. Un’aquila della steppa. La canzone com’è noto ispirò al bolognese Felice Cascione, e ai suoi compagni Giacomo Sibilla e Vittorio Rubicone, uno dei più famosi canti della Resistenza, Fischia il vento, che divenne l’inno delle Brigate Garibaldi.

La traduzione letterale del testo originale era conosciuta, ma non si sentì mai il bisogno di cantarla in italiano adattandone il testo. Con l’odio etnico tra popolo russo e ucraino, fomentato dalle forze neoliberiste dell’Occidente euro-atlantico, ansioso di promuovere l’adesione dell’Ucraina al blocco Nato e pronto a finanziare con ogni mezzo il conflitto con la Federazione Russa, questo canto del 1939 assume un significato diverso. Da un lato la melodia rimanda a un glorioso passato di antifascismo e resistenza, dall’altro la storia d’amore tra Katiuscia e la sua aquila della steppa, ricorda che questi due popoli un tempo sono stati fratelli, uniti nella comune lotta all’oppressione dell’imperialismo, del capitalismo, dell’autarchia, veri nemici delle classi subalterne. Il sentimento che legava allora questi due popoli, testimonia la consapevolezza di chi fosse il comune antagonista da combattere, trasformando la guerra imperialista in guerra di classe, come recitava uno dei fondamenti del marxismo-leninismo.

Oggi nella guerra asimmetrica tra Russia e Ucraina, che non si svolge solo nell’est europeo ma come sappiamo sta comportando un riassetto di tutti gli equilibri economici nel mondo e sta aprendo nuovi fronti nella spartizione dell’Africa, l’allineamento non è più così chiaro, come allora. Combattono mercenari nazisti nel gruppo Wagner russo come nel battaglione Azov ucraino, entrambi incorporati nell’esercito regolare. Putin e Zelensky adottano politiche liberticide, costituendo nuove forme di autoritarismo sempre più inclini all’autarchia, riabilitando sinistri personaggi come il noto stragista Stepan Bandera. In questo vuoto ideologico si sta perdendo il senso della lotta contro le ingiustizie, trasformando il dibattito intorno alla guerra in Ucraina, ipocritamente scollegata dagli altri fronti bellici ed economici nel mondo, in un’adesione squadristica all’uno o all’altro imperialismo, senza porsi più l’antico problema di combattere l’imperialismo stesso che mette gli ultimi della terra l’uno contro l’altro, fomentando l’odio e scatenando carneficine a vantaggio dei potenti che li sfruttano.

In questo mutato scacchiere l’amore tra Katiuscia e l’aquila della steppa vuole ricordare quei tempi di lotta fiera e senza compromessi contro l’ingiustizia, lo sfruttamento, l’oppressione, la violenza di quel fascismo strisciante che dal crollo del muro di Berlino sembra non avere più nessun contrappeso a limitarne l’arroganza e la crudele avidità. Cantare oggi questa canzone in italiano è un invito ai proletari di tutto il mondo a unirsi per tornare a combattere insieme trasformando la guerra imperialista in guerra di classe. La traduzione di Antonello Giovanni Budano ha rispettato il senso del testo originario, riportando l’attenzione su questi temi. L’intervento di Federico Berti si è limitato alla quadratura formale del metro poetico sulla melodia originale, per poterla cantare sull’aria composta un secolo fa da Matvej Blanter. Invitiamo tutti i gruppi di canto corale, le orchestre i gruppi musicali, a eseguirla con il testo italiano di Budano-Berti per dare un forte messaggio di pace tra gli oppressi e guerra agli oppressori.


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