Un vecchio stancamente se n’andava da Siena verso i monti dell’Amiata il corso del torrente seguitava nella boscaglia folta ed intricata. Peppino vi dirò che si chiamava aveva l’andatura un po’ svogliata carico di legname e di carbone spronava il mulo con rassegnazione.
Nel transitare in quella tal regione gli era venuta una malinconia a ripensar chissà quante persone avessero battuto quella via. La rammentava triste una canzone, si ricordò dei Tolomei la Pia, che a malincuore attraversò il ruscello e andò a morir lontano in un castello.
Guardò la luna in cielo il vecchiarello e come spesso fanno i pellegrini a lei si confidò come un fratello, come chi parla ai pesci o agli uccellini. “Tu che risplendi più d’ogni gioiello e delle stelle hai tempestati i crini, vorrei tanto saper cosa n’è stato di chi passò da qui e non è tornato!”
il firmamento è tutto illuminato, fa luccicare i sassi in quel sentiero che dai viandanti fu dimenticato e ormai dei rampicanti è prigioniero. “Se tu potessi udire il mio parlato! Se tu potessi leggermi il pensiero! Dimmi se qualche anima penosa s’è persa in questa selva tenebrosa”.
Nel mentre che diceva tale cosa di tanti campanelli il suono udiva ed in maniera alquanto prodigiosa quella rispose come fosse viva, parlò come una madre premurosa: “Tu che t’inoltri per la buia riva, avrai una terribile visione, ma puoi contar sulla mia protezione!”.