Mamadou Diabaté (2014). Griot music from Western Africa

Mamadou Diabaté
Kora music from Mali

Western Africa traditions

Mamadou Diabate

Mamadou Diabate è nato nel 1975 a Kita in Mali, una città non lontana dalla capitale, conosciuto soprattutto per il suo lavoro sulla Kora. Vive negli Stati Uniti, dove esercita la professione del musicista. E’ dunque un suonatore, non un griot, la sua musica è decontestualizzata rispetto alla cultura di provenienza. Nato in una famiglia di griot, non svolge più l’antica professione di portavoce e cantastorie per le comunità in cui è nato e vissuto. Viene ormai considerato una celebrità. Ha suonato con grandi artisti di fama internazionale e inciso album caratterizzati da un grande sincretismo con altri generi come jazz e blues. Ha vinto anche un Grammy Award, ma ha interrotto la sua collaborazione con il cugino Toumani Diabate. Quella che ascoltiamo dunque non è propriamente la musica tradizionale dei griot africani, ma una sua rielaborazione moderna, una contaminazione con altri generi. Fin dal suono, come possiamo sentire, delle corde in nylon al suo strumento che gli conferiscono un suono molto più ‘pulito’ rispetto alla tradizione antica, quando le corde si ricavavano dalla pelle degli animali.

La Kora nell’Africa Occidentale

La Kora è un cordofono che appartiene alla famiglia dell’arpa a ponte. Viene considerato un’arpa liuto. E’ tipica della musica Mandingo/Malinke. Ricavata da una mezza zucca, ricoperta da una pelle animale. Ventuno corde sono fissate al manico, in due file parallele di 10 e 11 corde, con un ponticello perpendicolare al piano armonico. Le corde sono in cuoio per lo più di antilope. Oggi si usano anche le corde di nylon, alcune kpre moderne hanno anche dei bassi aggiuntivi. Per l’accordatura, si devono spostare le corde lungo il manico, muovendo degli anelli di pelle che servono a fissarle. SI conoscono quattro accordature fondamentali, che possono cambiare in base al brano da suonare: il loro nome è tomora ba, hardino, sauta, tomora mesengo. Le scale tradizionali corrispondono alla nostra scala maggiore, minore, lidia e pentatonica. Questa corrispondenza è molto interessante poiché testimonia un legame con la cultura europea più profondo di quanto non si ritenesse un tempo. Si suona con l’indice e il pollice di entrambe le mani. Eè diffusa in Mali, Guinea, Senegal e Gambia, il suonatore si chiama jali e viene di solito da una famiglia di griot. Sempre un maschio. Non essendovi cultura scritta prima dell’incontro con gli Europei, non sappiamo come fosse prima. E’ citata dall’esploratore scozzese Mungo Park, nel suo Travels in Interior Districts of Africa (1799). In tempi recenti si sono iniziate a costruire delle kore a 25 corde. Una variante, il Gravikord, inventato alla fine del secoo da Robert Grawi, usata oggi da molti suonatori africani come Foday Musa Suso in alcuni brani di Herbie Hancock. Stefano Lentini usa la kora in alcune coposizioni per pioanoforte e orchestra, nella colonna sonora del film Bakhita .

La figura del Griot

La parola Griot non è di origine africana ma viene dal portoghese, appare in forma scritta per la prima volta in un resoconto di viaggio in Senegal del portoghese Alexis du Saint Lo come ‘guiriot’, deriva secondo alcuni da ‘criado’ che sta per ‘servitore’. In lingua araba si chiama Djeli, o Djali oppure Igiiw che vuol dire piuttosto trasmissione attraverso il sangue, a indicare l’ereditarietà del ruolo di portatore delle tradizioni locali. In Nigeria e in Camerun è detto Gawlo, nei paesi di lingua wolof Guewel o Gewèl, ovvero il formare un cerchio intorno a qualcuno. Un altro termine usato è Bambara, cioè colui che ha il dono della parola, lo chiamavano così in Mali nel XIII secolo al tempo dell’imperatore Sundjata Keita, che aveva un griot di nome Balla Fassèke Kouyaté come consigliere. Quest’ultimo viene considerato il primo griot della famiglia Kouyyaté che continua ancora oggi a operare anche se con modalità molto diverse da allora. Molti dei fatti raccontati dai griot moderni sono confermati dalle fonti storiche. In quel tempo si riteneca che fossero molto vicini al sovrano anche come indovini, fornivano auspici e praticavano le arti divinatorie, svolgevano funzione di intermediari, diplomatici, ambasciatori, banditori. Si conoscevano anche Griottes donne.

Il Griot si riteneva che dovesse conoscere la storia fin dall’alba dei tempi, per cui si intendevano di cosmologia, genealogia dei re, degli dei e degli eroi, mitologia, storia politica. E’ musicista, narratore, poeta. Per accompagnarsi adopera la koa, il balafon, lo ngoni e il djembe. Erano circondati da un’aura di mistero perché si attribuivano loro anche dei poteri sulla natura, in un senso quasi magico, cosa che li accomunava ad altri mestieri particolari come fabbri e ceramisti. Un aspetto che viene troppo spesso sottovalutato di quest’arte, è che la formazione di un Griot prevede una sorta di gerarchia non scritta, che consiste in 9-10 gradi di sette anni ciascuno, corrispondenti alle diverse fasi della vita. Non vi è una scuola distinta dalla vita. Le famiglie più note sono Kouyaté, Diabaté, Dramé, Niakaté, Soumano. Nei tempi più recenti si è spezzata in parte la trasmissione parentale e il vincolo di casta, viene sempre più esaltato l’aspetto legato all’intrattenimento e alla spettacolarizzazione, loro stessi diventano anche organizzatori di eventi culturali, presenziano agli eventi della comunità come matrimoni, battesimi, funerali. Nei capitanati del Niger continuano a rappresentare un saldo legame tra il popolo e la propria storia.

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