Via Crucis e Ars Memoriae. Mappatura e ripetizione rituale

Via Crucis e Ars Memoriae1
Mappatura e ripetizione rituale
Articolo di Federico Berti
S’intende per Via Crucis un percorso devozionale composto da 14 stazioni che ripercorrono, in forma simbolica e meditativa, gli eventi della Passione di Cristo, dal processo alla deposizione nel sepolcro. Tradizionalmente collocata in chiese o spazi aperti, unisce movimento, contemplazione e memoria rituale. È una pratica ciclica che trasforma lo spazio in un itinerario spirituale e narrativo, organizzando contenuti complessi in una sequenza di “loci” distinti: le stazioni. Ogni tappa funziona come un luogo mentale che ancora un episodio alla posizione nello spazio. Il percorso, ripetuto ciclicamente e accompagnato dall’atto rituale della preghiera, o della meditazione sul divino, fissa i contenuti nella memoria attraverso movimento, visualizzazione e ordine narrativo, replicando i principi mnemotecnici classici.
Non è insoma solo un dispositivo devozionale, ma un’architettura cognitiva essenziale e minimale nel modo in cui si presenta, complessa nella sue implicazioni, la cui versatilità e intuitività consente di organizzare la conoscenza nello spazio attraverso la ritualizzazione di un percorso, fisico o mentale. Non un palazzo della memoria, nel senso che non viene costruito dalle fondamenta, stanza dopo stanza, in realtà non richiede nemmeno un edificio, né reale, né immaginario: lo si può dislocare su qualuque percorso, in qualsiasi spazio, esterno o interno, reinterpretandolo simbolicamente segnando il territorio. La città stessa, o la natura intorno, un edificio religioso o civile, diviene il supporto mnemonico all’interno del quale sviluppare un un sentiero rituale, ciclico e ripetibile.
Nella propaganda religiosa del medioevo, i predicatori esortavano i fedeli a ‘traslare’ mentalmente la geografia di Gerusalemme entro quella della propria città, riconfigurando chiese, piazze o porte urbiche come equivalenti dei luoghi della Passione: le stazioni venivano dunque innestate su un contesto urbano preesistente, fenomeno che potremmo definire, con terminologia moderna, una forma di mappatura cognitiva ritualizzata. Nei percorsi figurati dei Sacri Monti si sono venuti a costituire nel tempo microcosmi narrativi in grado di combinare in modo originale sequenza, memoria e meditazione in un unico dispositivo spaziale.
Inutile dire che non è una pratica esclusivamente cristiana, molte religioni usano percorsi rituali simili alla Via Crucis per il condizionamento della memoria: nel pellegrinaggio islamico alla Mecca per esempio, nei kora buddisti attorno agli stupa, nei pellegrinaggi ebraici a Gerusalemme o nelle stazioni del sufismo, il cammino attraverso luoghi simbolici organizza le narrazioni sacre nello spazio, consolidandone attraverso la ripetizione rituale del gesto l’interiorizzazione. Luoghi reali che condizionano i luoghi mentali. Tecnicamente è una forma di indottrinamento, poiché ottiene attraverso la ripetizione un radicamento dell’informazione che si fa esperienza.
Lo stesso procedimento viene messo in pratica nella vita di ogni giorno in una quantità di situazioni ordinarie, si pensi al centro commerciale progettato come un percorso in cui dislocare punti vendita come stazioni, collocando i prodotti in loci secondo un attento studio del comportamento umano. Il tragitto obbligato non è in questo caso per l’esaltazione dellesperienza spirituale o per qualche particolare attività cognitiva elevata ma banalmente per massimizzare l’esposizione (i famosi ‘mercanti nel tempio’). Lo stesso avviene con la segnatura degli spazi pubblicitari, o con la segnaletica stradale: si crea un condizionamento, la ripetizione del percorso fissa nella memoria sequenze di azioni da compiere in accordo con una pianificazione preordinata. La stessa lettura di un giornale segue percorsi mentali indotti dalla dislocazione di segnali che predispongono un percorso preciso: prima pagina, politica estera, politica interna, cronaca locale, gossip, sport e così via, da un punto di vista cognitivo è lo stesso tipo di segnatura dello spazio che caratterizza la Via Crucis.
Il sistema si fonda su una doppia ciclità, interna ed esterna: da un lato la scomposizione del ciclo nelle singole stazioni, la traduzione di concetti complessi in immagini semplici da ricordare (le quattordici formelle illustrate), dall’altro la ripetizione rituale, quotidiana, settimanale, mensile, annuale, del percorso attraverso le stazioni, compiendo azioni ricorsive come la recitazione di preghiere, invocazioni, lamenti, canti; al potenziale didattico dell’immagine, unisce la reiterazione del gesto. Se immaginiamo di sostituire al contenuto propriamente religioso altre sequenze simboliche: fasi lunari, equinozi, stagioni, età della vita o qualsiasi altra articolazione ciclica, noi possiamo costruire percorsi interni a un palazzo della memoria, o in uno spazio reale da noi attraversato quotidianamente, per trarne vantaggio nell’interiorizzare contenuti rilevanti. Il principio è lo stesso: un percorso minimale a tappe ripetuto nel tempo, per associare il movimento del corpo all’organizzazione dei concetti, una tecnica che si basa tanto sulla sintesi figurativa, quanto sulla regolarità della ripetizione programmata.
All’interno di un impianto mnemonico non siamo obbligati a predisporre un solo percorso lineare per ricomporre i nostri loci in una sequenza unica, possiamo in realtà articolare vari percorsi o sentieri, alcuni dei quali toccano tutte le stazioni, altri che definiscono cicli interni da ripetere, come quando il musicista impara un lungo brano musicale ripetendolo a blocchi. Il modello funziona e viene largamente impiegato nella didattica: percorsi di apprendimento a stazioni, lezioni negli spazi aperti, visite guidate, la programmazione di progetti didattici monografici o sperimentali scanditi da fasi di ricerca, progettazione, prototipazione, presentazione, dove ogni fase funziona come stazione di un percorso ciclico, in cui lo studente periodicamente ritorna su un concetto centrale.
Il modello dunque funziona ma porta con sé un limite, del quale raramente si prende consapevolezza nel dibattto contemporaneo sulle tecniche di memoria: il rischio di congestione per sovraccarico. Quando un locus (reale o immaginario) viene appesantito da troppi significati, la sua leggibilità ne rimane in parte compromessa, se quel luogo poi appartiene alla nostra quotidianità il suo attraversamento comporta un’attivazione involontaria di tutti i percorsi ad esso variamente associati, cosa che nel lungo periodo può affaticare la mente. Di questo erano consapevoli i maestri del passato, ad esempio nel già citato De claustro animae si avverte il pericolo di una densità simbolica esasperata che può rendere ingestibile lo spazio: ogni elemento del monastero diviene allegoria di una virtù, atto o stato dell’anima, se esageriamo nelle attribuzioni finiamo per sovraccaricare il luogo, annegando l’esperienza nei sostrati.
Questo fenomeno veniva un tempo associato a una forma di idolatria, quando l’immagine diventa il fine e non un mezzo. Si pensi a Dante Alighieri, ammonito da Beatrice nella Vita Nova per aver trasformato la donna amata in un vitello d’oro, un simulacro dell’amore che distoglie dal vero scopo dell’esperienza spirituale (nel nostro caso, dal processo cognitivo). Il sovraccarico di senso diviene un peso, il sostrato non aiuta più ma al contrario, intralcia. Il modello della Via Crucis nella sua essenzialità si colloca all’estremo opposto di questa ten-denza, poiché si basa non sull’accumulo ma sull’iterazione.
In sintesi, nella costruzione delle nostre architetture mentali possiamo servirci anche dello spazio reale disclocandovi figurazioni strutturate, percorsi ciclici, disciplinando la nostra stessa percezione della realtà per sfruttare la memoria topologica e processuale: è un sistema sobrio, flessibile, versatile, ma impone delle scelte perché tende a inflazionare lo spazio stesso, sovraccaricando l’esperienza di chi lo attraversa.
1 Dispensa per il corso di Mnemotecnica Riformata, a cura di Federico Berti.
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