Trionfo della Memoria. Loci mnemonici nell’architettura trionfale

Trionfo della Memoria
Loci mnemonici nell’architettura trionfale
Articolo di Federico Berti
Più o meno tutti sappiamo, o crediamo di sapere, cos’è un arco di trionfo: memoriale a forma di porta costruito nel mondo antico per celebrare vittorie militari o eventi importanti. L’arco trionfale simboleggia la gloria con strutture imponenti, tradizionalmente ornato con statue, iscrizioni e rilievi, solitamente con uno o più fornici (passaggi a volta) coperti a volta, che rappresentano un transitus d’onore per celebrare un evento storico o un personaggio. La sua funzione mnemonica è palese nel modo stesso in cui appare fin dal primo colpo d’occhio, poiché contiene tutti i dati da richiamare all’attenzione per ricostruire l’evento. Se scomponiamo l’arco trionfale nelle sue parti, ognuna è pensata per dislocarvi dei loci nei quali disporre figurazioni e segni atti a richiamare narrazioni da tramandarsi nel tempo. A partire dal fornice stesso, che veniva ritualmente attraversato nelle commemorazioni, era come una porta nel tempo: si passava attraverso un prima e un dopo il momento storico o la figura da ricordare. Come tutte le porte vegliate dal dio bifronte Giano, l’arco si deve poter osservare da un lato e dall’altro; la sua dislocazione nello spazio urbano segue lo stesso criterio di mappatura dei luoghi già descritto per altri elementi come pilastrini, edicole, statue, complessi monumentali.
Le pareti interne del fornice contengono i rilievi più significativi che annunciano il trionfo o la gloria dell’imperatore, il momento culminante del racconto. Ad esempio, nell’Arco di Tito, i pannelli interni con le formelle a rilievo mostrano la quadriga trionfale, il prode condottiero incoronato dalla Vittoria, mentre sul lato sud si vede il corteo con gli oggetti saccheggiati dal Tempio di Gerusalemme e gli altri arredi sacri. Sulla volta interna del fornice compare l’apoteosi di Tito portato in cielo da un’aquila, simbolo della sua divinizzazione postuma. Prima di attraversare l’arco, vi sono altri elementi che ricostruiscono il contesto storico e politico: l’attico sovrasta la struttura con una lapide o iscrizione dettagliata che riassume in un breve motto la circostanza per cui l’arco è stato eretto, menzionando il nome del dedicatario e il fatto storico per cui viene ricordato. Questa forma di sintetica titolatura attiva la verbalizzazione del ricordo e chiarisce la tesi centrale che il manufatto consolida nella memoria pubblica.
L’arco è poi sormontato da statue onorarie o figure allegoriche, marcatori visivi del personaggio o dell’evento centrale, che può non essere per forza l’imperatore o un condottiero, ma anche una divinità. Si veda, a questo proposito, l’uso dell’arco trionfale nell’architettura religiosa del cattolicesimo europeo, dove il fornice rappresenta un transitus spirituale e il complesso monumentale è dedicato alla Vergine Maria, a un santo o al Cristo stesso. Variando la funzione, cambiano i simboli rappresentati nell’arco ma non la sua funzione didattica. Sulle due facciate e sui pennacchi si trovano, disposti secondo una struttura temporale che scandisce un prima, un durante e un dopo, rilievi e fregi responsabili della narrazione ideologica, che servono a caricare di significato la struttura architettonica: letti secondo una sequenza direzionale, rammentano visivamente le diverse fasi del racconto. Molti monumenti introducono figure allegoriche come Giustizia, Sapienza, Potere, Pace, Gloria e così via, con cui si associano in modo intuitivo al personaggio centrale determinate virtù politiche e civili. Sui pilastri e sulle colonne, strutture portanti, si trovano ulteriori loci nella forma di statue o sculture innalzate su zoccoli o piedistalli, per commemorare altri personaggi degni di rilievo; la stessa decorazione dei capitelli può includere simboli, metafore, richiami visivi a un contenuto da memorizzare.
L’arco di trionfo è dunque un sistema stratificato e permanente, la cui esperienza viene rinnovata ciclicamente dalla ripetizione rituale di un passaggio fisico, attraverso il quale si segna lo spazio con un’architettura mentale che rimanda a una precisa bolla cognitiva, suddivisa in tre passaggi: l’avvicinamento (prima), l’attraversamento (durante) e il superamento (dopo). Si tenga presente che l’arte monumentale imperiale o religiosa costituisce un esempio di architettura cognitiva al servizio di un potere, temporale o spirituale, impiegata per millenni allo scopo di indottrinare o inculturare. Un sistema che tuttavia non è mai decaduto dall’uso, nemmeno al giorno d’oggi: i sistemi di comunicazione, persuasione e memorizzazione sviluppati dagli antichi Romani, e prima ancora dai grandi imperi del mondo antico, utilizzavano principi di impatto visivo, gerarchia e chiarezza narrativa, tuttora fondamentali nella propaganda, nella pubblicità, nell’informazione e nella stessa didattica scolastica, anche se non siamo per lo più consapevoli della stretta parentela.
La monumentalistica antica era concepita per segnare lo spazio condiviso affinché il messaggio ideologico venisse percepito rapidamente e in modo intuitivo da chiunque vi transitasse, rinnovando ogni volta, in modo subliminale — vale a dire al di sotto della soglia di coscienza — il momento celebrativo. Allo stesso modo funziona la cartellonistica stradale, e i contenuti dei media vengono strutturati in modo molto simile: una breve intestazione, un occhiello narrativo, la narrazione, le figurazioni allegoriche. Il blocco superiore, ovvero la testata del giornale o la parte alta del cartellone, funziona come un attico nell’arco di trionfo, riportando l’autorità (il logo o la testata) e le principali “iscrizioni” (i titoli di testa). Il design grafico moderno predilige l’impatto e la chiarezza simbolica sull’espressività naturalistica, proprio come nello stile della monumentalistica antica. La costruzione delle mappe mentali nella didattica scolastica segue una logica del tutto simile a quella del linguaggio visivo nella propaganda antica.
Riappropriarsi di quel sistema è un esercizio di libertà. Da un lato dobbiamo prendere consapevolezza di come funziona questa organizzazione visiva e gerarchica del sapere, per poter riconoscere ogni nuovo tentativo di forzare la nostra mente nel condizionarne i processi. Dall’altro, prima ancora di costruire un arco trionfale dentro di noi, dobbiamo renderci conto che quello è proprio il modo in cui naturalmente tendiamo a strutturare le nostre conoscenze, prima ancora di farlo a livello consapevole. Vi sono cioè innumerevoli archi di trionfo, figurazioni allegoriche, colonnati, rosoni, pilastrini, che la nostra mente innalza spontaneamente nell’atto stesso di acquisire informazioni: mentre leggiamo, ascoltiamo, guardiamo, mentre insomma facciamo esperienza del mondo reale. La memoria artificiale interviene sul condizionamento della memoria naturale ed è questo il punto forse più importante per noi: imparare, attraverso l’introspezione, il socratico gnōthi seautón (conosci te stesso), la reminiscenza platonica, a percepire queste figurazioni spontanee, per potervi intervenire sopra in modo organico, forzando il meno possibile la nostra natura. Partire dalle arcate della conoscenza che nascono nel profondo del nostro inconscio nella fase di acquisizione dell’informazione consente di radicare ciò che sappiamo nella memoria profonda, massimizzando il risultato e minimizzando le risorse mobilitate per conseguirlo.
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