Dietro lo specchio della pubblicità in rete.

Copyright 2016, Federico Berti. Tutorial, pubblicità.
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alice
Dietro lo specchio, scultura di Jeanne Argent

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Pubblicita in Internet.

Cosa c’è dietro lo specchio

 

Troppe inserzioni, nessun messaggio.

Non ne possiamo più, dicono in molti. Hanno ragione, la pubblicità sta inflazionando sé stessa. Interrompe le scene più intense dei nostri video preferiti, s’infila sotto gli occhi mentre stiamo leggendo un articolo, qualche volta scivola sotto il cursore a tradimento o si nasconde  dietro un’apparenza diversa. Così diventa molesta e produce rifiuto. E’ come la droga, dopo un po’ non fa più effetto. Ma allora, a che serve? Il primo luogo comune è che sia per vendere un prodotto. Niente di più sbagliato, la percentuale di acquisti online è troppo bassa rispetto al numero delle impressioni effettive e quindi non possiamo dire che sia quello il guadagno. Non solo, almeno. E’ sull’immagine che l’azienda vuol dare di sé, il vero investimento. Magari abbiamo visto l’annuncio di un prodotto migliaia di volte, prima di sceglierlo; siamo andati direttamente sul sito di quell’azienda, per stipulare il contratto. E’ dunque il prestigio che conta davvero. Ecco perché non serve riempire il sito di pubblicità, s’ottiene solo il duplice effetto di distrarre l’interlocutore, irritarlo e inflazionare il mercato delle inserzioni. Non è salutare per noi e nemmeno per le aziende, che in questo modo perdono visibilità anziché ottenerla.

 

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Non serve riempire il sito di pubblicità:
è come la droga, dopo un po’ non fa più effetto

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Il tuo ruolo è importante

Sei il destinatario dei messaggi pubblicitari, quindi hai voce in capitolo: l’ultima parola è sempre la tua. Come posso influire dunque sul mercato della pubblicità? In diversi modi. Selezionando prima il tipo di messaggio, poi l’azienda che lo ha realizzato, quella che l’ha distribuito e infine il contesto in cui è apparso ovvero l’agente finale che l’ha inserito nel proprio giornale. Posso ad esempio scegliere di non acquistare un prodotto la cui pubblicità contiene incitamento all’odio razziale, alla discriminazione sessista, alla violenza. Evitandolo e abbandonando subito la pagina in cui è apparso, contribuirò al fallimento d’una campagna condizionando così la società a studiare un’immagine diversa, un contenuto più consono. E’ a questo che servono molti gruppi di discussione che possiamo trovare facilmente, sul mercato etico della pubblicità. Ma c’è un’altra cosa che noi dobbiamo pensare, a cosa realmente serve il nostro gesto di visualizzare una pagina dello sponsor, selezionando l’inserzione. Appurato che non serve solo all’acquisto, qual’è il suo scopo e perché viene monetizzato? Per un’azienda il messaggio è chiaro, vuol dire che il suo agente mi piace. Ho apprezzato il contesto in cui l’inserzione è apparsa, la pubblicazione, il giornale, il video. Questo consente all’editoria virtuale di selezionare sé stessa in base ai contenuti, non in base ai grandi numeri che soltanto una macchina o una squadra di promotori è in grado di produrre, gonfiando spesso un mercato già saturo e poco regolamentato.

 

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Visualizzare un annuncio non serve a vendere
ma ad aumentare il prestigio dell’azienda
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Non serve un pubblico di massa

Mi spiego meglio. Ogni clic viene pagato pochi centesimi di euro, in base a molte variabili. Quando un lettore s’affeziona al suo giornale o segue l’attività di un autore può tornarvi periodicamente, non dico tutti i giorni ma una decina di visite al mese può farle senza difficoltà, se ogni volta quel lettore si ricorda di aderire ad almeno una campagna visitando il sito dell’azienda, quell’interlocutore senza pagare di tasca sua sta indirettamente finanziando il sito con qualche decina di centesimi ogni mese. Una miseria, dirà qualcuno. Non è così. Bastano mille frequentatori consapevoli a cambiare le carte in tavola, vengono rivisti i coefficienti che le aziende usano per misurare la popolarità dell’autore, col risultato di aumentarne la visibilità sui motori di ricerca e anche la frequenza delle inserzioni meglio pagate, le cosiddette campagne premium. Questo fa si che a fine mese il conto possa arrivare a un piccolo stipendio. Non puoi arricchirti con questo metodo, ma puoi fare dignitosamente il tuo lavoro. Quel che davvero importa è il senso. Non serve un pubblico di massa a finanziare un sito di qualità. E se non abbiamo bisogno di centomila visitatori al mese, possiamo prenderci cura dei nostri lettori uno per uno, costruire un sistema di comunicazione onesto, autentico. Non spenderemo denaro per ottenere visibilità, basta il contenuto che offriamo gratuitamente a selezionare degli interlocutori coscienti e interessati a quel che abbiamo da dire.

 

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Per finanziare un sito di qualità
non serve un pubblico di massa
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Scegli, non essere scelto.

A questo punto, l’ultima domanda: l’azienda che finanzia il nostro giornale, che guadagno può averne? La risposta è nel prestigio. Chi sceglie di aderire a una campagna pubblicitaria, è meglio disposto nei confronti dell’azienda reclamizzata nel messaggio. Perché il contesto dà valore al comunicato o come diceva Mc Luhan, il mezzo è il messaggio. Allora cosa aspettiamo? La rete ha bisogno di scelte consapevoli. Quel semplice clic nel mondo asettico e mercantilistico del Web equivale a un voto nello stato repubblicano, un diritto-dovere che possiamo esercitare per migliorare la qualità delle cose che leggiamo, ascoltiamo, guardiamo. Ovvio, non possiamo farlo con tutti o passeremmo la nostra vita a guardare pubblicità, il primo passo dunque è scegliere chi consideriamo più o meno degno di quei pochi centesimi che possiamo procurargli senza mettere mano al nostro portafoglio.

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