Le torri sospese. Elevazione, difesa e crisi. Mnemotecnica riformata

Le torri sospese1
Elevazione, difesa e crisi
Articolo di Federico Berti
In questa parte del lavoro sulla mnemotecnica riformata e l’architettura della memoria, prenderemo in esame il ruolo delle torri nella costruzione dei loci interiori, partendo dalla funzione difensiva, spirituale e morale, attribuita anticamente al simbolo stesso della torre, per risolvere nel potenziale distruttivo (a suo modo catartico) della torre che rovina al suolo. Faremo anche un breve accenno alla junghiana Torre di Bollingen, moderna declinazione del palazzo mnemonico e allegoria del principio di individuazione dell’io. Si ritiene doveroso chiarire fin da subito che nell’ars reminiscendila torre non rappresenta un semplice elemento architettonico in grado di ospitare loci figurati, ai quali banalmente associare, in modo più o meno arbitrario, dei contenuti da memorizzare, ma s’impone come unità strutturale slanciata verso l’alto e, cosa più importante,fortificata. Come osserva Ugo di Fouilloy nel De claustro animae, le torri delle mura che circondano la città di Gerusalemme rappresentano in modo particolare la disciplina dei prelati (per estensione degli intellettuali)2: se le mura della città santa delimitano le virtù, le torri ne sono il presidio alto e vigile, luogo di sorveglianza e rigore morale.
La torre è dunque un edificio nell’edificio, una cittadella interiore posta a difesa dei saldi principi che guidano l’anima dell’uomo, secondo una tradizione mistica comune al cristianesimo, all’ebraismo e all’islam; nel sufismo il qalb (cuore) è descritto proprio come una cittadella fortificata (ḥiṣn) che Satana tenta di penetrare3, la torre in quanto disciplina consente di vegliarvi come alacre sentinella. Nel sistema del Palazzo Mnemonico dunque la sua costruzione ha una valenza filosofica e morale poiché custodisce i principi guida, simboli stabili e fondativi, posti in alto e difesi per sottrarli al flusso caotico del mondo sensibile, o all’abuso vampirizzante della manipolazione. Questa prospettiva richiama da un lato il discorso più volte accennato della mnemopoiesi come strumento di resilienza culturale, dall’altro il problema etico posto fin dai tempi di Agostino e Tommaso, che videro nell’ars memoriae non solo un insieme di espedienti utili all’oratore per ricordare meglio i discorsi, ma in un senso più ampio una disciplina meditativa orientata all’innalzamento dell’anima, nel nostro caso la distinzione tra vero e falso, luoghi e non-luoghi della mente4.
L’immagine della torre richiama l’idea di ascesa, la sua verticalità non è solo intesa nel senso di un’elevazione spaziale, ma corrisponde a una progressione interiore verso l’alto, salire equivale a purificarsi³; un’ascesa dunque, ma anche una fortificazione: questa verticalità armata può risolvere nell’isolamento, nella solitudine, in una disciplina compulsiva. La torre in quel caso diventa una prigione dell’io, cella monastica in cui vien posto un limite all’esperienza sensibile, per costringere l’occhio interiore a orientare lo sguardo verso l’alto.
La Torre di Bollingen, costruita da Carl Gustav Jung fra il 1923 e il 1955, si può considerare una riformulazione moderna del medesimo principio: come il Palazzo della Memoria rinascimentale, il suo scopo ultimo era porsi proprio come una mappa psichica tridimensionale, il principio di individuazione incarnato. Costruita in varie fasi progressive, la Torre doveva riflettere a suo modo il processo di edificazione del Sé da parte dell’intellettuale5. Jung vi incise un cubo di pietra con iscrizioni alchemiche e un mandala pensato per la meditazione contemplativa. Le iscrizioni rimandano al mito della pietra filosofale e al cammino ermetico della trasformazione⁶. Là dove il monaco anticamente costruiva una cittadella dell’anima, Jung eresse (materialmente) una cittadella dell’Io, luogo di ritiro, difesa e trasmutazione. Bollingen è la fortezza dove il soggetto incontra l’inconscio, rischiando sempre la rovina qualora l’equilibrio dovesse rompersi.
In netto contrasto coll’ordine junghiano, la Torre dei Tarocchi raffigura al contrario il momento del crollo, la rovina di quel che si credeva stabile6; colpita dal fulmine divino essa incarna l’illuminazione catastrofica, l’irruzione della verità che distrugge la falsa sicurezza: in chiave psicologica, questa torre è l’equivalente del collasso di una struttura psichica irrigidita, rottura necessaria alla diaspora interiore, alla ricerca di un nuovo equilibrio. Nel linguaggio mnemotecnico, potremmo dire che è la disintegrazione dei loci e il crollo dei valori, ma anche paradossalmente la condizione stessa della crisi che prelude a una ricostruzione. Orazio ricordava che la morte bussa alle capanne dei poveri come alle torri dei principi, nessuno è mai troppo potente per cadere7 e la caduta della torre non va intesa come una punizione, ma piuttosto come l’opportunità di conseguire un nuovo equilibrio. In questa dialettica tra fortezza e crollo si riflette il ritmo della conoscenza: costruire per difendere, demolire per rinascere.
Nella pratica mnemotecnica dunque, le torri segnano i punti cardinali della disciplina e della vigilanza, vegliano sulle mura del sapere come bastioni morali proteggendo i loci interni dall’invasione del disordine, sono le sentinelle preposte alla difesa della libertà di pensiero, la resilienza alle sirene del pensiero unico, la solidità delle fortificazioni preposte a prevenire la manipolazione abusante, la minaccia che vien dalle melliflue voci della comunicazione subliminale. Ma la loro solidità strutturale può risolvere anche in un arroccamento sterile: la torre che non comunica, che non apre le proprie finestre alla luce non lascia entrare nemmeno il canto degli uccelli, diviene prigione di superbia. La Torre di Bollingen rappresenta il punto d’equilibrio tra questi due poli, difesa e trasformazione, ordine e crisi.
Se la cattedrale gotica medievale era l’immagine del sapere universale, comunitario, la torre junghiana è il simbolo della solitudine. In entrambi i casi, la verticalità rimane l’asse primario che collega la memoria, la coscienza e la tensione tra verità (in alto) e menzogna (in basso). Come struttura architettonica può ospitare un numero indefinito di loci, i quali tuttavia non si esauriscono nel contenuto da memorizzare, ma rimandano piuttosto a principi guidia che si ritiene di aver riconosciuto all’interno di quel contenuto, la morale di un racconto, la virtù del protagonista, la violenza della sua nemesi. Per questo motivo, costruire le torri impone un’assimilazione profonda, non la vuota replicazione ma un’integrazione articolata con tutte le cittadelle della memoria costruite fino a quel momento.
Nella torre possiamo disporre colonne, gradini, scale, merlature, rosoni, guglie, ma la sua struttura sarà sempre quella di un palazzo nel palazzo, un bastione eretto per sugellarvi il tesoro sapienziale della meditazione in corso, quel che eleva l’anima e la protegge, fortificandola, dal decadimento morale o dalla sudditanza ideologica. Non dobbiamo però tralasciare di aprirvi anche porte e finestre, affinché quella stessa torre non finisca per risolvere in prigione dell’anima, una gabbia sospesa che impedisce la comunicazione col mondo esterno e condanna il pensiero a un doloroso romitaggio.
Bibliografia:
- Berti, Federico, Memoria. L’arte delle arti, Bo, Streetlib, 2022.
- Biffi, Marco; Gagliardi, Isabella, Geografie interiori. Mappare l’inte-riorità nel cristianesimo, nell’ebraismo e nell’Islam medievali, Fi, 2020.
- Jodorowsky, Alejandro, La via dei Tarocchi, Mi, Feltrinelli, 2004.
- Jung, Carl Gustav, Ricordi, sogni, riflessioni, Mi, Il Saggiatore, 1965.
- Orazio, Odi e Epodi, Milano, Mondadori, 1993.
- Ouspensky, Pëtr Dem’janovič, Il simbolismo dei Tarocchi. Un per-corso spirituale, Roma, Astrolabio-Ubaldini, 1982.
Note
1 Dispensa per il corso di Mnemotecnica Riformata, a cura di Federico Berti.
2 Nel De claustro animae del priore Hugo de Fouilly, cit. in Marco Biffi, Isabella Gagliardi, Geografie interiori: mappare l’interiorità nel cristianesimo, nell’e-braismo e nell’Islam medievali, Firenze, 2020, le metafore spaziali sono densis-sime, la torre è posta a presidio delle mura di Gerusalemme, per rappresentare la volontà che veglia sulla virtù. “Nel primo libro l’autore presenta un’interpre-tazione morale del chiostro, facendo ricorso a due topoi diffusi nella lettura del-lo spazio monastico, l’immagine del monastero come porto e come rocca forti-ficata”.
3 Abū Ḥāmid al-Ġazālī nella Iḥiyāʾ ʿulūm al-dīn, cit. in Biffi-Gagliardi, op. cit. “Sappi che il cuore è come una cittadella (ḥiṣn) e che Satana è un nemico che vuole entrare nella cittadella, così da impadronirsene e conquistarla. Egli può proteggere la cittadella dal nemico solo facendo la guardia alle porte della citta-della, alle sue entrate e nei punti di rottura. Colui che non ne conosce le porte non è in grado di sorvegliarle. La protezione del cuore dalla cattiva ispirazione di Satana è necessaria, ed è un obbligo individuale per ogni servo che ne è sog-getto”
4 Sul problema agostiniano della memoria ingannevole, che allontana dalla verità invece di condurvi, si rimanda a Federico Berti, Memoria. L’arte delle arti, Bo-logna, Streetlib, 2022.
5 Carl Gustav Jung parla del suo lavoro sulla Torre di Bollingen in Ricordi, sogni, riflessioni, Milano, Il Saggiatore, 1965. Il terreno venne da lui acquistato nel 1922, l’anno successivo costruì il primo nucleo della torre che poi ampliò nel ‘27-35. Dopo la morte della moglie, sopravvenuta vent’anni più tardi, ampliò ancora l’edificio per aggiungervi unpulteriore estensione della coscienza. Oggi la torre è affidata alla fondazione da lui istituita.
6 Sia Alejandro Jodorowsky, La via dei Tarocchi, Milano, Feltrinelli, 2004, che Pëtr Dem’janovič Ouspensky,Il simbolismo dei Tarocchi. Un percorso spiritua-le, Roma, Astrolabio-Ubaldini, 1982, parlano di un’illuminazione intellettuale/ spirituale che demolisce le forme cristallizzate di conoscenza, liberando l’indi-viduo dalle proprie false convinzioni.
7 Orazio, Odi e Epodi, Milano, Mondadori, 1993, I/4, vv. 13–15, “Pallida Mors aequo pulsat pede pauperum tabernas / regumque turres”.
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