Le cupole nell’ars memoriae. Una miniatura del cielo

Le cupole nell’Ars Memoriae
Una miniatura del cielo
Articolo di Federico Berti
Riassumendo il percorso svolto fin qui nella mnemotecnica riformata, la recente popolarità cui è assurta la memoria artificiale purtroppo tende a semplificare e impoverire le strutture delle nostre costruzioni mentali, adeguandole alla monotonia degli spazi in cui siamo rassegnati a vivere, appiattendone e contraendone di conseguenza la straordinaria versatilità, inibendo le sue potenzialità. Nei corsi di memoria contemporanei rivolti al pubblico di massa troviamo l’insegnamento delle basi, ma raramente si va oltre la tecnica formale spicciola, indugiando piuttosto nel vestibolo della meravigliosa complessità cui questa disciplina è in grado di elevare il nostro intelletto.
Nel costruire un’architettura mentale o palazzo della memoria si prende di solito in considerazione la metafora del luogo tridimensionale, dalla forma irregolare, di una mappatura con sentieri prestabiliti che conducono nei luoghi dove abbiamo dislocato le figurazioni allegoriche da memorizzare: fin qui nulla di nuovo, è la base della tecnica dei loci. Trasponendola nell’edilizia speculativa del Novecento, lungo il percorso ordinario tra un luogo mentale e l’altro non troveremmo che rampe di scale identiche tra loro, stanze inscatolate in celle quadrangolari di cemento armato: monotonia asfissiante, per la nostra immaginazione. La reminiscenza ha bisogno di varietà e, volendo minimizzare l’impatto dei sostrati che usiamo per associarvi elementi da memorizzare, dobbiamo progettare luoghi che non siano soltanto contenitori vuoti, ma strutture a loro volta significanti.
Un palazzo della memoria ha insomma bisogno di portali istoriati con battenti allegorici, finestre a vetrate narranti, balconate, fregi, metope, bassorilievi, bastioni merlati, torri che svettano, scale che salgono e scendono. L’abilità del mnemonista è nel creare strutture immaginarie combinando tra loro elementi che ricorrono. Menzione a parte e trattazione approfondita merita uno tra gli elementi più complessi da padroneggiare: quello della cupola, copertura architettonica emisferica su base poligonale, che simboleggia la volta celeste ponendosi come miniatura dell’universo. Internamente è strutturata a spicchi, anelli concentrici (registri), mappature geometriche; si presenta con un’organizzazione radiale che la rende strumento eccellente per la dislocazione di loci e schemi complessi.
Come nel teatro di Giulio Camillo, nei sigilli di Giordano Bruno, nelle ruote di Raimondo Lullo, sotto la volta interna di una cupola possiamo associare gerarchicamente simboli, segni da associare alle conoscenze che desideriamo acquisire e interiorizzare. In un esercizio di memoria immaginativa, la cupola può essere concepita come mappa celeste interiore: al centro si colloca l’idea fondante o principio, attorno si dispongono, in cerchi progressivi, i concetti connessi; ogni spicchio un tema, ogni anello un grado di approfondimento. In questo modo la memoria non si pone più come una sequenza lineare, ma diventa un diagramma perfettamente articolato e proporzionato, un orologio cosmico del pensiero.
La struttura interna della cupola è inoltre visibile dall’esterno, richiamando i contenuti anche da una prospettiva frontale attraverso il colpo d’occhio del tamburo ottagonale, i costoloni, le superfici piane della calotta, oblò e finestre, pinnacoli, croci e altri elementi. Quando svetta su una città o su un complesso monumentale diventa anche un punto di riferimento collettivo, segno identitario e simbolo del potere. Il suo gigantismo la rende un luogo di attrazione dello sguardo: come il mnemonista organizza i propri ricordi intorno a dei loci visibili, così l’osservatore urbano costruisce la memoria dei luoghi reali attorno a quelle forme che dominano lo spazio e lo caratterizzano.
Il motivo per cui la cupola è forse l’elemento più difficile da padroneggiare risiede nella complessità della sua struttura, poiché vi concorrono elementi diversi che vanno integrati fra loro in un continuum spaziale e figurativo. Nella Cupola di Santa Maria del Fiore ad esempio, la suddivisione nei sei registri e otto spicchi che compongono il Giudizio Universale rappresenta una griglia di senso tanto precisa da poter essere letta proprio come un dispositivo mnemonico. L’uso della geometria e della proiezione immaginifica non ha un valore puramente estetico, ma didattico e in ultima analisi iniziatico: dal punto di vista dottrinale, il tempio è luogo di raccoglimento, preghiera e meditazione profonda; la struttura stessa degli spazi e il loro contrassegno semantico diventano una guida per l’immaginazione, favorendo la concentrazione sui temi etici, morali, escatologici. In questo senso, la cupola rinascimentale è il luogo dove l’arte della memoria incontra la scienza sacra, dove la conoscenza si costruisce come un’architettura armonica. Un libro di pietra.
Dal punto di vista filosofico, la struttura concentrica e ascensionale rende la cupola sintesi di una sapienza permeata di neoplatonismo, pitagorismo, ermetismo e cabala. Ogni anello si può associare a una sfera planetaria, ogni arco a una via del sapere, ogni apertura o finestra a un varco aperto su altre dimensioni di significato; una grande Sephirot tridimensionale, in cui si trovano nidificate altre sfere interne in uno schema vivente e periodico: i costoloni diventano sentieri, percorsi mentali che uniscono le figurazioni come in un’immensa mappa mentale; gli anelli concentrici rappresentano i livelli dell’esistenza e il clipeo centrale la sfera dell’emanazione tematica. In questa prospettiva la cupola è un microcosmo ordinato, un tempio interiore in cui ogni elemento assume valore simbolico e, in ultima analisi, cognitivo.
Per questo motivo è così difficile da padroneggiare, e francamente non tutti arrivano a farlo: se la facciata del palazzo rappresenta una memoria di tipo consequenziale e narrativo, la cupola è ciclica, periodica, tende all’infinito. Come tutti gli elementi del palazzo anche questo è duplicabile, nidificabile, replicabile: si pensi alla Cattedrale di San Basilio a Mosca, composta da nove chiese e relative cupole a fiamma — una centrale più ampia, quattro maggiori a base ottagonale disposte ai quattro punti cardinali, quattro minori a base quadrangolare lungo le diagonali — ognuna caratterizzata da forme e colori diversi.
Da quanto elaborato nell’osservazione degli elementi funzionali alla costruzione di un palazzo mnemonico in cui la struttura sia di per sé significante, s’inizia dunque a intravedere la profondità del sistema e la sua incredibile versatilità. Se pensiamo alla straordinaria ricchezza geometrica, simbolica, cromatica e formale delle grandi cattedrali, basiliche, moschee, sinagoghe, stupa, castelli, fortezze, ville e giardini, la quantità e qualità di loci che possiamo disporvi, la rete dei sentieri o percorsi che possiamo stabilire per collegarli tra loro, la varietà dei segni, è evidente come un palazzo della memoria possa assolvere la funzione di un intero libro da sfogliare nella nostra mente.
In conclusione, la cupola si attesta come forma suprema dell’ordine mnemonico: un cielo interiore in cui la conoscenza si dispone secondo principi di armonia e corrispondenza. In essa l’arte costruisce, ordina, unifica, la geometria del pensiero si fa architettura del mondo.
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