La Porta nella Mnemopoiesi. Soglia e transitus.

Ogni architettura della memoria, per esistere come costruzione coerente della mente, deve fondarsi su un principio di ordine. La porta (o soglia) è il punto in cui questo ordine si manifesta in modo più evidente, poiché segna la distinzione tra un dentro e un fuori, tra una parte del discorso e la successiva, tra ciò che è stato assimilato e ciò che dev’esserlo ancora. Nel linguaggio dell’ars memoriae, la porta è un varco attraverso cui la mente, attraversando simbolicamente lo spazio, struttura il pensiero in sequenze ordinate che si susseguono. Il suo attraversamento rappresenta il transitus, ovvero il momento in cui il ragionamento si muove da un concetto a un altro, traducendo lo spazio in logica. Nell’arte della memoria antica, la sequenza dei loci era organizzata come una processione attraverso ambienti contigui; senza porte, questa sequenza sarebbe un continuum indistinto. La soglia impone la pausa, il ritmo, l’unità logica. È una punteggiatura spaziale del pensiero. Curiosamente, la psicologia cognitiva contemporanea ha riscoperto il valore della porta come marcatore mentale, ma in senso opposto: il cosiddetto Doorway Effect si verifica quando, nell’attraversare fisicamente una porta, il cervello tende a scaricare le informazioni non più pertinenti, quasi come se la soglia avesse la funzione di azzerare il contesto. Quando ci chiudiamo una porta alle spalle, è come se aprissimo una nuova pagina e dunque possiamo lasciarci indietro la precedente.
Da millenni il simbolo della porta rappresenta una transizione, la soglia tra due stati dell’essere. È il confine tra il noto e l’ignoto, tra l’esperienza acquisita e quella in divenire. Nel mondo romano, Giano bifronte, guardiano delle porte celesti, simboleggiava il duplice sguardo del pensiero: uno volto al passato, l’altro al futuro. Ogni porta, come ogni inizio, appartiene a lui. Nella tradizione cristiana, Cristo stesso si definisce porta della salvezza, trasponendo il simbolo architettonico nella dimensione della rivelazione. Nell’alchimia e nel misticismo rinascimentale, la porta diventa il limen del segreto, il varco iniziatico che consente la trasformazione della materia in spirito. La celebre Porta Magica di Roma, che fisicamente non conduce in nessun luogo, con le sue iscrizioni traduce in pietra il concetto di conoscenza come attraversamento. Nella prospettiva laica della mnemopoiesi, la porta conserva questa carica simbolica come metafora del pensiero in movimento. Essa non separa soltanto, ma connette. Il suo valore è duplice: impedisce la confusione tra i contenuti (porta chiusa), mentre consente la comunicazione tra le parti (porta aperta). È il confine attivo dell’intelletto, dove il pensiero riflette su se stesso e si prepara a cambiare forma. Nella lettura di un libro, ogni capitolo si chiude una porta alle spalle.
Come ogni elemento architettonico, la porta si compone di parti distinte che, nella costruzione di un palazzo della memoria, possono diventare loci specifici: lunetta, piedritti, gradini, battenti. Ognuno di questi luoghi mentali può associarsi a figurazioni semplici o complesse: statue, rilievi, testine, decorazioni, segni alfanumerici. La lunetta, ovvero l’arco che sovrasta l’ingresso, è il luogo della visione sintetica. In essa si colloca il senso come in una titolazione visiva, una testa di ponte concettuale tra le sezioni del palazzo. I lati verticali della porta sono i luoghi della condizione, tradizionalmente decorati da coppie di figure opposte fra loro, rappresentano la tensione morale o logica necessaria per superare la soglia. Possono contenere simboli di scelta (bilance, serpenti, alberi doppi) con i quali si vuol rammentare che ogni passaggio implica un giudizio, una distinzione, una valutazione. Entrare in una nuova sezione del palazzo significa decidere di farlo. I gradini, che precedono la porta, sono loci preparatori: ogni gradino può rappresentare una sotto-sequenza logica o una fase del ragionamento, il numero stesso dei gradini o un loro particolare contrassegno rimandano alle fasi che precedono l’attraversamento della soglia. I battenti, invece, sono il punto d’azione: aprirli è il gesto mentale che consente il transitus. Qui si collocano spesso le imagines agentes più forti, figure drammatiche che imprimono nella mente la forza dell’atto di attraversare, il varco come gesto creativo.
Quando si costruisce un palazzo della memoria dunque, la porta non è un semplice elemento estetico. Essa va pensata come cerniera cognitiva: un punto in cui l’attenzione cambia registro, in cui la mente decide di passare da un argomento all’altro. Ogni sezione significativa del discorso o del sapere deve essere separata da una soglia (visiva, sonora o simbolica) che la distingua. In pratica, immaginando ogni argomento come una stanza dedicata, quando il pensiero passa da una stanza all’altra visualizza una porta che si apre: nella costruzione del palazzo mnemonico possiamo rendere il gesto del passaggio con un ancoraggio mentale, accompagnandolo da un respiro, una pausa, un segno, una figurazione, una parola chiave che segni il cambio del contesto. Nelle operazioni mnemoniche più complesse, una sola costruzione mentale non basta. La porta può diventare un collegamento fra due architetture mentali distinte, un richiamo ad altri palazzi costruiti in precedenza o ancora da elaborare. Si deve però associare un segno coerente (un simbolo, un colore, una luce) per sapere dove si va passando da quella porta.
Varcare una porta nella mente non è dunque solo un gesto simbolico, è anche una disciplina dell’attenzione. Nella pratica meditativa laica, la porta diventa il punto in cui si esercita il distacco attivo: prima di cambiare argomento, la mente ‘chiude’ ovvero finalizza quel che ha appreso, ne consolida l’immagine, e solo dopo ‘apre’ alla sezione successiva. Questo atto, ripetuto consapevolmente, trasforma la memoria in un atto di presenza mentale, e il pensiero in un movimento ritmico e respirante. Nel concreto la nostra porta dovrà visualizzarsi con caratteristiche coerenti con il tema, sia nella scelta dei materiali, che nelle decorazioni, nella dislocazione dei loci. Nell’attraversare simbolicamente una porta, prendiamo un bel respiro, così come quando voltiamo pagina mentre leggiamo un libro, o iniziamo un nuovo capitolo. Sincronizziamo il transitus mentale con quello del corpo. Teniamo presente inoltre che le porte tendono ad essere bidirezionali, ogni volta che attraversiamo una soglia dobbiamo anche voltarci indietro visualizzandone la parte opposta, lasciandoci aperta la via del ritorno.
In ultima analisi, tre sono le condizioni di stato in cui può presentarsi a noi una porta nel nostro palazzo della memoria: chiusa (indica una stanza da esplorare), socchiusa (in corso di esplorazione), aperta (una stanza nota). Nella pratica della mnemopoiesi riformata, la porta non è simbolo mistico di un oltre trascendente, ma lo strumento concreto di una transizione consapevole del pensiero, il segno della mente che si muove. Attraversarla richiede un atto consapevole. Tutti gli elementi figurativi associati alla porta rimandano al significato dell’attraversamento. Anche quando stiamo elaborando un contenuto che non richiede la costruzione di stanze multiple, un corretto uso delle porte può rimandare alle valenze aperte di quell’argomento, quali collegamenti consente di fare con altre conoscenze acquisite in precedenza. In quel caso la porta assolve il compito di integrare le nuove conoscenze all’enciclopedia interiore del mnemonista, svolge la funzione del collegamento ipertestuale tra un argomento e gli altri cui più o meno implicitamente rimanda.
Bibliografia essenziale
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