Infoterapia. I disabili fanno l’amore?

I disabili fanno l’amore?

In risposta a un desolante luogo comune

In collaborazione con Villa Maia
via Altura 7, Monghidoro (Bologna)

Dopo aver ascoltato alcune interviste realizzate a giovani disabili che parlano con disincanto della loro vita amorosa e di coppia, la redazione risponde. Il senso comune porta spesso a considerarli come angeli in terra ma sono persone reali, vive e dotate di una loro volontà. Desidero, dunque sono. Sull’assistenza sessuale ai disabili mantengono una posizione prudente.


Angeli di carne.

  • E’ normale che si accoppino, come amicizia ma anche come sesso, anche se mi sembra una cosa non normale. E’ triste vedere  della gioventù in carrozzina a quell’età, più facile che trovino l’amore se ce l’avevano già prima di ammalarsi, ma se lo devono cercare dopo allora penso di no. Difficile anche mantenerlo una volta trovato, perché in tanti quando lei o lui sono in quelle condizioni lì tagliano subito l’angolo. Nella vita però tutto è possibile, ci vuole solo un po’ di adattamento.  Quello con la bicicletta l’ho visto qui a Loiano in giro per il mercato, non si sente in colpa di essere com’è, lo incontravo sempre alle feste dell’Unità, me lo ricordo bambino. Io penso che bisogna dar qualcosa anche a chi non ha niente, se la mutua può passare le pillole per fare l’amore tanto bene, forse per la morale non è lo stesso ma tu non lo prenderesti mai in casa, giusto? Non si può considerare prostituzione perché è gente che ha bisogno d’aiuto; se ci fosse un’assistenza sul corpo tipo un massaggio al collo, la schiena, oppure una pulizia, si può capire ma se va oltre lì dipende un po’ da come siamo messi, a che punto è la questione. Assistenza sessuale o altro? Per me è un po’ fatica, non lo farei mai né troverei la strada: credo sia giusto, ma non me la sento. E’ anche vero che non tutti i disabili han bisogno di pagare per fare l’amore, sarebbe riduttivo e anche un po’ squallido se pensiamo che c’è tante coppie innamorate con situazioni di questo tipo”.
  • Comunque le mie figlie le ho lasciate libere, se volevano curare i malati potevano farlo e questo vale anche per gli uomini; avessero passato quel limite avrei solo detto di fare attenzione per la malattia, per il resto va con uno o va con l’altro è affar suo. Non lo considero che un lavoro, quello prende e quello fa. Insomma l’avrei accettata per il bene del prossimo, anche se è pesante per una madre. Quando si sceglie di lasciarle libere, bisogna prenderne le conseguenze. No, non è da rimproverare. Come padre però direi di no, la cosa mi sembra fuori del normale: chiamiamola col suo nome, da quella parte lì l’uomo è più ristretto. Con la legge Merlin poi ovvio che siam nel torto noi, ma se lo Stato lo permette allora dopo non è più quel che sembra non ti pare? In realtà potrebbero anche adesso, basta chiamare quei numeri particolari ma in mano a chi si mettono poi? Bisognerebbe che in Italia vi fossero gli ‘eros’ come in Germania, degli stabilimenti come una volta erano da noi i casini di qualità, non una cosa avveniristica sulle strade in cui puoi prenderti chissà che malattia, un rifiuto o anche una coltellata che c’è da stare attenti. In mano allo Stato preserva anche i giovani. Almeno lì sono protette, seguite dai medici. Si diminuirebbero gli sfruttatori. Allora, riapriamo le case d’appuntamento e per i disabili le passa la mutua. Basta che poi non ci va a lavorare mia figlia”.
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