La civiltà del futuro sta nascendo in Cina

Mentre noi perdiamo tempo con le isterie dei sovranisti, la disinformazione dei suprematisti, le intemperanze dei neofascisti, dissanguandoci in guerre patriottiche, guerre civili, genocidi, nel frattempo in Cina si costruisce la civiltà del futuro. Non è uno scherzo, sta accadendo proprio in questo momento. Il mondo si divide sempre più in due modelli di sviluppo, da un lato le democrazie apparenti occidentali, ridotte sempre più a rituali vuoti, in piena crisi istituzionale ed economica. Dall’altro la Repubblica Popolare Cinese persegue una politica di crescita coerente, decisa, caratterizzata da un’altissima stabilità interna, investimenti tecnologici, pianificazione sul lungo periodo: una differenza profonda nella prospettiva sul futuro della civiltà globale.

Se guardiamo ai nostri governi, che mendicano fiducia e si ritrovano perennemente ostaggio di ricatti da minoranze estremiste operando con maggioranze ristrette in un sempre più diffuso astensionismo, come stupirsi dei condoni fiscali, delle agevolazioni corporative, del clientelismo speculativo, della corruzione amichettista, dei tagli ai servizi essenziali: tutto questo porta a un’iperproduttività esasperata, cui non corrisponde la ricettività dei mercati. La cittadinanza, sempre più povera, compra meno, il cerchio non si chiude e ne consegue l’attuale decadenza del blocco occidentale.

Il dibattito pubblico nelle nostre democrature è del resto sempre più avvelenato dalla disinformazione e dalla pseudoscienza, entrambe amplificate da un far west mediatico nel quale si dà spazio a qualsiasi cosa possa tradursi in audience: dalla negazione dei cambiamenti climatici alle narrazioni complottiste che erodono la fiducia nelle istituzioni e nella comunità scientifica, questo fenomeno compromette la capacità di affrontare razionalmente quelli che sono i problemi reali con cui dovrà presto confrontarsi la società del futuro. Lo stesso negoziato sociale, quella sacralità del voto attraverso cui le democrazie occidentali hanno storicamente mediato tra interessi divergenti, sembra ormai ridotto a un vuoto rituale. Le distanze tra gruppi sociali si ampliano mentre diminuisce la capacità di costruire consenso attorno a progetti comuni di lungo termine. Governi tecnici, rappresentanze scelte da gruppi oligarchici, carrierismo politico, tutto sembra convergere verso la sfiducia, lo scollamento dei vertici dalla base. Il potere in occidente è ormai in mano alle grandi corporazioni consortili, in grado di muovere più capitali degli stessi governi, che tengono in pugno attraverso una totale dipendenza economica.

In netto contrasto con questa situazione, la Cina ha delineato negli ultimi venticinque anni e sta tuttora ponendo in atto un percorso di sviluppo fondato su principi radicalmente diversi: l’obiettivo dichiarato delle politiche governative cinesi è la costruzione di una società caratterizzata da benessere diffuso, dall’espansione del ceto medio, fattori considerati essenziali per la stabilità sociale. La politica cinese rifiuta la guerra come strumento per la risoluzione delle controversie internazionali, privilegiando la diplomazia, costruendo relazioni di reciprocità attraverso investimenti infrastrutturali piuttosto che con interventi armati.

Gli investimenti nella ricerca scientifica e nelle tecnologie avanzate costituiscono un pilastro centrale del modello cinese: le risorse dedicate all’innovazione tecnologica hanno raggiunto livelli senza precedenti, coprendo settori strategici come l’intelligenza artificiale, la biotecnologia, le telecomunicazioni di quinta generazione, la computazione quantistica e le energie rinnovabili; questa massiccia allocazione di risorse non risponde a logiche di breve termine, ma si inserisce in una pianificazione strategica che guarda molto più in avanti rispetto a noi, che ogni cinque anni cambiamo bandiera e disfiamo la tela. I piani quinquennali cinesi sono stati progressivamente affinati per integrare obiettivi di modernizzazione con imperativi di sostenibilità ambientale, energetica, climatica.

L’attuale fase di sviluppo mira all’autosufficienza riducendo la dipendenza da fornitori esterni in settori critici, e alla transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio: nonostante rimanga il maggiore consumatore mondiale di carbone, la Cina ha sviluppato la più grande capacità di generazione da fonti rinnovabili, dominando la produzione di pannelli solari, turbine eoliche, batterie per veicoli elettrici; questo approccio pragmatico è volto a bilanciare le esigenze immediate di sviluppo economico con gli obiettivi di lungo termine di sostenibilità ambientale. Il cammino ovviamente non è privo di ostacoli: le tensioni con gli Stati Uniti e i loro alleati creano pressioni esterne che potrebbero rallentare il progresso tecnologico ed economico, le restrizioni imposte all’esportazione di tecnologie avanzate verso la Cina e le crescenti barriere commerciali richiedono continui adattamenti del piano di sviluppo.

Tuttavia, la capacità di pianificazione strategica e l’abilità di mobilitare risorse nazionali verso obiettivi definiti rappresentano un vantaggio considerevole per il sistema cinese: la stabilità governativa permette l’implementazione di politiche che richiedono anni per produrre risultati visibili, evitando quei cicli elettorali a breve scadenza che caratterizzano le democrazie occidentali e impediscono che vi sia reale continuità nelle riforme strutturali: quando le parti in causa si fanno la guerra tra loro, una disfa il lavoro dell’altra e il paese è sempre in stagnazione. La visione cinese di una civiltà futura si fonda su tre pilastri interconnessi: la pace come condizione necessaria per lo sviluppo sostenibile, il progresso scientifico e tecnologico come motore di trasformazione sociale, e il miglioramento costante delle condizioni di vita materiali come obiettivo ultimo dell’azione governativa. Questi principi contrastano con la situazione occidentale, dove risorse crescenti vengono assorbite da conflitti esterni e dove il benessere collettivo appare sempre più subordinato a interessi particolari.

In un’epoca caratterizzata da incertezze senza precedenti, la capacità di pianificare e di mantenere la coesione sociale diventa un fattore determinante: il modello cinese, con la sua enfasi sulla stabilità, l’innovazione e la sostenibilità, rappresenta in effetti la sola credibile alternativa al caos che caratterizza crescenti porzioni del mondo occidentale. Mentre noi continuiamo a consumare energie preziose in conflitti ideologici e scontri politici interni che producono paralisi decisionale, la Cina avanza metodicamente verso la realizzazione di una visione di lungo periodo; questa divergenza nei percorsi di sviluppo potrebbe definire gli equilibri globali per i decenni a venire, ponendo interrogativi fondamentali sulla capacità delle democrazie occidentali di rinnovarsi e di rispondere efficacemente alle sfide del nostro tempo. La costruzione di una civiltà futura richiede lungimiranza, capacità di sacrificare vantaggi immediati per benefici di lungo termine, ma soprattutto una disponibilità diffusa a subordinare gli interessi particolari al bene comune. Questi sono gli elementi che sembrano sbilanciare il centro di gravità dello sviluppo verso Oriente.


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