Un mostro a cento teste. Il tuo AI Editor e come domarlo

Vorrei contribuire a un’educazione positiva intorno agli strumenti di modellizzazione linguistica, con un approccio pratico e non pregiudiziale: prendo un mio scritto, lo sottopongo al mostro dalle cento teste, questo mi restituisce una serie di consigli editoriali. Dal suo punto di vista, ovviamente. Come devo interpretare questi consigli? Non certo come diktat universali, ma semplicemente come lo standard della scrittura modellizzata contemporanea. Mi è utile sapere qual è questo standard? Eccome, se mi è utile, non necessariamente per rispettarlo, ma magari proprio per eluderlo!
Posso insomma ignorare i nove decimi delle corbellerie che l’IA mi suggerisce, ma un conto è rifiutarle coscientemente, altro è non conoscerle proprio. Ad esempio, ogni santa volta si lamenta della leggibilità dei miei scritti, dovuta al fatto che amo il periodare complesso, le subordinate articolate e così via; a me va bene così poiché considero la letteratura una palestra per la mente che sviluppa l’intelligenza ‘umana’, vogliamo alzarla un poco l’asticella e uscire dalla zona di comfort? So che algoritmi e motori di ricerca penalizzano il periodare complesso, ma se lo scritto è valido nel suo complesso, questo rifiuto della semplificazione non ne compromette la circolazione. Anzi, finisce proprio per favorirne la popolarità in quanto viene riconosciuto (dal pubblico reale) come un tratto distintivo.
Insomma, è utile sapere come funziona il modello, per poterlo in parte assimilare, in parte tradire, in parte rinnovare, non si deve mai prendere per oro colato quello che dice un sistema di modellizzazione. Prendiamolo sempre come il punto di vista della massa, sul cui linguaggio la tecnologia dell’intelligenza artificiale è continuamente addestrata: quella massa che detesto, ma con la quale devo rassegnarmi al fatto che ognuno di noi è costretto comunque a confrontarsi. Perché ognuno di noi, che lo voglia o no, è chiamato ogni giorno ad agire in parte come individuo, in parte come membro di un gruppo, in parte come elemento di una massa indistinta.
Poi c’è l’imprevisto, il guizzo cui non avevo pensato, lo spunto inatteso, quella scintilla di cui non mi ero accorto e che ritrovo nel responso dell’oracolo modellizzante, come potrei trovarlo in una stesa di Tarocchi. Un’idea da sviluppare, che mi apre una prospettiva in più e mi consente di avventurarmi in una nuova stanza del palazzo mentale che il mio scritto vuol costruire. Ora, quell’idea, di chi è: mia, o del sistema di LLM? Non è dell’uno, né dell’altro poiché le idee non hanno padrone, esistevano prima che noi nascessimo e sopravviveranno alla nostra morte, come dicono i platonici e ripetono i pitagorici. Le idee sono libere. Nostro compito è rielaborarle, e in quella rielaborazione, contestualizzazione, formalizzazione, espressione, formulazione, sta l’originalità dello scrittore. Quindi l’idea non è di nessuno, lo spunto viene dal modello, ma lo scritto è mio.
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