Le rivolte degli schiavi nell’antica Roma

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  • Si tende generalmente a parlarne come episodi isolati e privi di conseguenze, ma non è così. Conosciamo solo alcuni dei casi più noti in quanto furono registrati e documentati, ma a fianco di questi se ne verificarono molti altri sui quali è calato il silenzio, anche perché l’impero temeva che dar troppa visibilità ai ribelli potesse ispirare nuove rivolte. Ecco alcune delle rivolte di schiavi più memorabili:

La rivolta di Euno e Cleone (135-132 a.C.)

Questa rivolta ebbe luogo in Sicilia e fu guidata da Euno, un gladiatore siracusano che affermava di essere un mago e di avere poteri divini. Fuggì e radunò con sé un manipolo di altri fuggitivi come lui, la rivolta ebbe successo e i ribelli riuscirono a conquistare diverse città siciliane. Vi furono senza dubbio alcune violenze e saccheggi contro i proprietari terrieri siciliani, ma nei luoghi da lui presidiati Euno promosse anche una serie di riforme sociali, come la liberazione degli schiavi e la redistribuzione delle terre, attirando così l’appoggio di altri schiavi, contadini e poveri. La rivolta si estese a tutta la Sicilia. Non fu dunque solo una rivolta spontaneista, ma il tentativo concreto di costruire una realtà sociale diversa, basata su una visione del mondo che vedeva nell’economia schiavile un’ingiustizia, una rivoluzione insomma. Gli insorti furono sconfitti dalle forze romane inviate dal Senato. Euno morì in prigione, molti dei suoi seguaci furono giustiziati o venduti come schiavi. Gli storici antichi come Diodoro Siculo e Floro riportarono la rivolta di Euno come un evento di grande violenza e distruzione, ma anche come un momento di lotta per la libertà e l’uguaglianza sociale che rappresentò uno dei più grandi e organizzati tentativi di ribellione degli schiavi nell’antica Roma e fu un segnale della crescente insoddisfazione dei poveri e degli oppressi nei confronti dell’aristocrazia. Tra l’altro si fa notare che la rivolta di Euno portò a istituire la figura del pretore per le questioni riguardanti gli schiavi ribelli, una carica che divenne sempre più importante a seguito di altre rivolte di schiavi che si verificarono in seguito. La rivolta di Eunus influenzò anche la politica romana nei confronti della Sicilia, portando a un aumento della presenza militare romana nell’isola e a una maggiore attenzione alle questioni sociali ed economiche sul territorio. E’ la prima delle grandi rivolte che segnano il declino della Repubblica e all’avvento dell’Impero.

La rivolta di Spartaco (73-71 a.C.)

E’ probabilmente la più famosa rivolta di schiavi nella storia romana. Spartaco era un gladiatore trace che riuscì a fuggire dalla scuola di gladiatori di Capua radunando un esercito di schiavi e diseredati. I fuggitivi si rifugiarono sul Vesuvio, dove altri sbandati erano già alla macchia e altri ne arrivarono per unirsi alla rivolta. Spartaco riuscì a mettere insieme un esercito di 70.000 uomin e tenne testa all’esercito romano per diversi anni. Sconfitto in una grande battaglia nei pressi di Petelia, in Calabria, nel 71 a.C. Spartaco morì in battaglia, ma la sua figura divenne leggendaria e ispirò altri movimenti di liberazione dei successivi secoli. La sua rivolta non fu dunque un fatto isolato ma si inserì in una scuola di pensiero che aveva trovato in Sicilia un forte radicamento appena settant’anni prima, dimostrando che la schiavitù era una questione sociale ed economica molto importante e che i problemi dei schiavi non si potevano risolvere solo con le armi. Inoltre, la rivolta di Spartaco portò a un aumento della repressione romana contro questi fenomeni di insubordinazione. La figura stessa di Spartaco è diventata nei secoli un simbolo di resistenza e di lotta per la libertà, che ha ispirato molti movimenti di emancipazione e di giustizia sociale, fino ai giorni nostri.

La rivolta di Salvius nel 35 a.c.

Un gladiatore dell’Illiria che aveva ottenuto la libertà e si mise a capo di una banda di fuorilegge che arrivò a contare 2000 uomini, ancora una volta fu la Sicilia il teatro di questa che viene ricordata come la terza guerra servile. Molti di questi erano a loro volta schiavi liberti o contadini a basso reddito, che i proprietari terrieri romani sfruttavano senza pietà imponendo loro tasse altissime e un lavoro estenuante. I ribelli saccheggiarono e distrussero numerose città, prima di essere sconfitti da Publio Sulpicio Quirinio, futuro governatore della Siria. Salvius fu catturato e giustiziato insieme ad altri capi della rivolta. Gli schiavi superstiti furono venduti come schiavi in altre parti dell’Impero Romano. Questa fu una delle prime rivolte ad essere documentata nel dettaglio dalle fonti romane, poiché fu vista come una minaccia alla stabilità dell’impero e potrebbe aver spinto Augusto a rafforzare le leggi contro gli schiavi e le loro rivolte. E’ stata interpretata da alcuni storici come un segnale della crescente disaffezione degli schiavi e dei poveri nei confronti della classe dominante romana. Parliamo di appena trent’anni dopo Spartaco e un secolo dopo Euno, sullo stesso territorio che fu teatro di quelle vicende. Nonostante l’immagine idealizzata di Salvius Giulianus come un eroe della resistenza contro il potere romano, qualcuno sostiene che la sua vicenda fosse più legata a un’ambizione personale di potere e ricchezza, piuttosto che a una vera lotta per la libertà e l’indipendenza. Altri hanno suggerito che la sua figura sia stata ingigantita e mitizzata dalla letteratura successiva, e che la sua vera storia sia stata distorta e manipolata.

La rivolta di Bato (6-9 d.C.)

Ebbe luogo in Dalmazia e fu guidata da Bato, uno schiavo di origine illirica come lo era stato Salvius appena trent’anni prima, che dopo essere fuggito radunò intorno a sé un esercito di rivoltosi, per lo più altri schiavi fuggitivi e fuorilegge. Anche questa rivolta causò molte perdite tra le truppe romane e durò diversi anni, i ribelli riuscirono a conquistare diverse città della Dalmazia e Augusto dovette mobilitare un’ampia forza militare per sedare la rivolta. Bato fu costretto a consegnarsi, ma stavolta Roma decise di concedere un’amnistia per evitare ulteriori conflitti e consolidare il dominio sulla regione. Più che un segno di clemenza, questo si direbbe un segno di cautela da parte del governo centrale. Vi furono in seguito politiche di romanizzazione più flessibili, al fine di mantenere l’ordine e la stabilità nella regione. La rivolta di Bato segnò anche l’inizio di una maggiore autonomia delle province dell’impero romano. I governatori delle province furono costretti a tenere maggiormente in considerazione le esigenze e le preoccupazioni delle popolazioni locali, e ciò portò a una maggiore partecipazione dei cittadini nella gestione della propria comunità. Teniamo presente che fra Euno e Bato corre un secolo e mezzo, poco più del tempo che separerà diciotto secoli più tardi la rivoluzione francese dalla rivoluzione d’ottobre.

La rivolta di Vindex nel 68 d.C.

Guidata da un governatore della Gallia Lugdunense (la moderna Francia) che tentò di sollevare il popolo contro l’imperatore. Vindex sperava di convincere il generale dell’esercito romano Galba, che aveva il sostegno della Spagna e della Lusitania, a unirsi alla sua ribellione. Non fu una rivolta di schiavi, ma la questione della schiavitù si rivelò centrale poiché la Gallia era una provincia ricca di risorse in cui vivevano diverse tribù e popoli indigeni, oltre a coloni romani e altri stranieri. La schiavitù diffusa in tutta la provincia, non era l’unica forma di lavoro forzato. Esistevano anche forme di servitù e lavoro agricolo dipendente indistinguibili dalla schiavitù, e che coinvolgevano sia i popoli indigeni che i coloni romani. Inoltre, la Gallia era una regione strategicamente importante per l’impero romano, e le tensioni sociali e politiche tra le diverse comunità della regione erano state un problema ricorrente per l’amministrazione romana. La rivolta di Vindex dimostrò anche che la Gallia stava diventando sempre più importante all’interno dell’impero romano, fu una delle prime province ad alzare la bandiera della rivolta contro l’impero e quindi non rientra solo nel quadro di una rivolta isolata ma rappresenta uno dei primi segnali della crisi che porterà alla fine dell’Impero romano d’Occidente nel 476 d.C., quando il generale barbaro Odoacre depose l’ultimo imperatore romano d’Occidente, Romolo Augusto.

La rivolta di Saturninus nel 89 d.C.

Fu un’insurrezione politica che ebbe luogo a Roma nel 103 a.C., durante il consolato di Gaio Mario e Lucio Aurelio Oreste. Guidata stavolta non da uno schiavo o da un liberto, ma dal tribuno della plebe Lucio Appuleio Saturnino, che cercò di riformare la politica romana a favore dei ceti meno abbienti della popolazione. Saturnino promosse una serie di leggi che prevedevano la distribuzione di terre ai veterani, la riduzione del prezzo del grano e la creazione di nuove colonie. Queste riforme furono osteggiate dalle classi aristocratiche romane, che vedevano minacciati i loro interessi economici e politici. La situazione degenerò quando Saturnino promosse una legge che prevedeva la pena di morte per chiunque si opponesse alle sue riforme. I senatori romani si coalizzarono contro il rivoltoso che a sua volta formò una fazione armata composta da plebei e cavalieri. La guerriglia urbana durò diversi giorni e che causò numerose vittime da ambo le parti, alla fine i ribelli vennero assediati nel Campidoglio e costretti alla resa. Saturnino e i suoi principali collaboratori furono giustiziati senza nemmeno un processo. Anche questo episodio viene interpretato come avvisaglia del lungo periodo di instabilità che culminerà nella caduta dell’impero romano.

Queste sono solo alcune delle rivolte servili che ebbero luogo nell’antica Roma. Non è possibile determinare con precisione quante furono le rivolte minori e con quale frequenza potevano accadere, né quanti danni potessero procurare, in quanto molte di esse non sono state nemmeno documentate o sono state dimenticate nel corso del tempo. Non furono tuttavia solo casi sporadici di insurrezioni senza una visione chiara del mondo, ma fenomeni complessi in cui si inserivano vari elementi: la questione sociale, la povertà diffusa, il sentimento ostile alla dominazione romana e gli interessi della malavita organizzata che già .

Letture consigliate:

  • Appiano Alessandrino, Le guerre civili de’ Romani, Tradotte dal greco dall’abate Marco Mastrofini, già pubblico professore nel seminario di Frascati, Roma, Vincenzo Poggioli, 1826, Open source edition
  • Sallustio, La guerra Giugurtina, Milano, Garzanti, 2007
  • Cassio Dione, Le Istorie romane. Tradotte da Giovanni Viviani, Milano, Sonzogno, 1823. Open Source Edition
  • Rosa Luxemburg, Il programma di Spartaco, Manifesto Libri, 1995
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