Proverbi sulla Terra. Ritornelli in terza rima

Ritornelli in terza rima tratti dal
Florilegio di Federico Berti
A che ti serve mai la conoscenza
del cielo sconfinato e della terra,
se non migliora un po’ la tua esperienza?
April piovoso e Maggio ventiglioso
la chiave son dell’anno tutto intero
fanno il raccolto ricco e generoso
Chi sul sentier va seminando spini,
non vada poi girando a senza scarpe,
né senza scarpe mandi i suoi bambini.
E dopo aver brucato l’erba fresca
si lamentò, il cavallo col padrone,
rispose quello: “Aspetta che ricresca!”
Iddio non fa contratti a locazione:
la terra che promette ai suoi figlioli,
è il cielo che sovrasta ogni nazione.
Il salice s’inchina con dolcezza
col ramo sotto il peso della neve,
si piega fino in terra e non si spezza.
L’agricoltor che scansa le fatiche
raccoglie quel che semina soltanto,
un cumulo di sterpi tra le ortiche.
L’anno fa rigoglioso il tuo raccolto,
ma non lavora il campo e non lo cura,
non cresce nulla sul terreno incolto.
L’anzianità nel bue non è un difetto,
lascia l’impronta molto più profonda,
il solco è più diritto e più perfetto
La terra che depredi e rassottigli
non è un cospicuo lascito dei padri,
ma un generoso prestito dei figli.
La vita è il campo che dobbiamo arare,
per seminar la civiltà e il progresso
che i posteri potranno coltivare.
L’erba non cresce sull’arcobaleno:
l’allodola, che vola tanto in alto,
ha il nido ben piantato nel terreno.
L’ingrato sollevato dagli stenti,
appena assaggia l’erba del vicino
si scorda degli amici e dei parenti.
Lo disse quel poeta nel poema,
che sotto terra dorme un gran gigante,
la volta che si sveglia tutto trema.
L’uomo si pensa tanto intelligente,
ma dove trova boschi secolari
non lascia mai che sabbia evanescente.
Nel marmo, si scolpiscono le offese!
In riva al mar si scrive nella sabbia
la nobiltà dell’animo cortese.
Non dire mai: “Quest’acqua non la bevo”,
dopo quaranta giorni di deserto
persino il fango ti può dar sollievo.
Non indorar la porta del fienile,
non coltivare i fiori nel pollaio,
non imbiancar le mura del porcile.
Non tutto è seme quel che porta il vento,
non tutto è bene quel che fa progresso
se non perviene ad un miglioramento.
Ognuno tenga dietro al suo caprone,
se va a brucare l’erba del vicino
lo pigli per la coda il suo padrone.
Persevera l’urgenza ad ignorare,
quando la terra non darà più frutto
vedrai che l’oro non si può mangiare.
Piove sul fango, piove sullo spino
ma l’acqua che ti piove dentro casa
quell’acqua stessa innaffia il tuo giardino.
Più la montagna svetta inalberata,
più l’erta cima si protende al cielo,
più fonda e tenebrosa è la vallata.
Puoi scegliere il terreno, la semenza
e come tu l’intendi concimare,
quel che raccogli è pura conseguenza.
Siamo come le pulci sul somaro,
cui basta una scrollata solamente
se a quel prurito porre vuol riparo.
Sotto la foglia il riccio non si vede,
se vai per boschi intorno a San Michele
attento alle castagne sotto il piede.
Su questa profumosa cavedagna
se pensi solo ad inseguire il cervo
ti perdi il cielo, il bosco e la montagna.
Terra alla terra nella terra giace
colui che in terra è nutrimento al fiore,
il vivo può soltanto darsi pace.
Vento di Marzo, vento prediletto
che scuote la corolla al primo fiore
e spande intorno il seme benedetto.
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