Ennio Flaiano e le isole climatiche.
Nel 1956, quando non si aveva ancora piena contezza dell’emergenza climatica, Ennio Flaiano pubblicava nel suo “Diario Notturno” un racconto apparentemente minore, che riletto oggi sembra appena uscito su qualche rotocalco. “Alberi e peccati” anticipa di settant’anni l’emergenza del rimboschimento.
Parla di un prete che di fronte al degrado ambientale del suo paese, di fronte all’immobilismo della politica sostituisce le tradizionali penitenze amministrate dal confessionale, con l’obbligo per i peccatori di piantare alberi, dimensionati all’entità del peccato commesso. Una trovata surreale, ma tutto sommato attuale e persino verosimile, che rivela una comprensione profonda del rapporto tra l’iniziativa umana e l’ambiente naturale.
Oggi, le grandi metropoli di tutto il mondo stanno scoprendo empiricamente quello che Flaiano aveva anticipato a suo tempo: le cosiddette “Isole di calore” sono zone per lo più urbane, particolarmente soggette a cementificazione, dove si registrano temperature superiori anche di 5-12 gradi rispetto alle zone rurali circostanti, trasformando le città in pericolose fornaci che compromettono la qualità della vita, aumentano i consumi energetici e mettono a rischio i soggetti più fragili.
La risposta di molte amministrazioni urbane, rispecchia sorprendentemente la visione anticipata settant’anni fa da Ennio Flaiano: Milano ha lanciato “ForestaMi” per piantare tre milioni di alberi entro il 2030, Parigi sostituirà sessantamila posti auto con vegetazione urbana. Barcellona punta ad aumentare la copertura arborea dal cinque al trenta percento del territorio cittadino, Bologna ha in progetto di piantare oltre centomila alberi in dieci anni, decementificando vaste aree e dissotterrando i canali. Medellín ha dimostrato l’efficacia concreta di questa strategia: i suoi corridoi verdi hanno ridotto la temperatura urbana di due gradi in soli tre anni.
L’efficacia scientifica conferma l’intuizione letteraria. Gli studi dimostrano che la presenza di vegetazione può ridurre le temperature urbane fino a otto gradi.
Gli alberi non solo assorbono il calore attraverso la traspirazione, ma durante la fotosintesi catturano le emissioni di carbonio prodotte dal traffico veicolare urbano, purificando l’aria.
Il personaggio del prete nel racconto di Flaiano aveva compreso già nel 1956 che sarebbe stato sufficiente ripristinare le aree verdi nelle zone del paese più esposte al vento e al sole: da qui la brillante idea della ‘penitenza verde’, che forse qualche prete bolognese, o milanese, o di chissà quale altra città, potrebbe applicare simbolicamente dove possibile: la visione di una redenzione che passa attraverso la riforestazione, appare oggi non solo un’intuizione felice, ma addirittura necessaria.
Molte città stanno attuando inconsapevolmente il programma immaginato dal prete di Flaiano. La lungimiranza dell’autore abruzzese trasforma un racconto degli anni Cinquanta in un manifesto ante litteram delle moderne strategie di adattamento.
Purtroppo, non tutti arrivano a comprendere la reale entità dell’emergenza, e di fronte alla piantumazione di un centinaio d’alberi non trovano niente di meglio che protestare, invece di rimboccarsi le maniche e dare ciascuno il suo contributo, sia nella posa, sia nella cura del verde pubblico e privato. Oggi quando un canale viene dissotterrato per decementificare il territorio e temperare il clima, i residenti pensano solo che le pantegane saranno più visibil e forse volerà qualche zanzara, dimostrando di non aver compreso la ristrettezza delle alternative possibili.
Non c’è più tempo. Se avessimo dato retta a Flaiano quand’era il momento, ora non saremmo in queste condizioni e starsene lì a rimbeccarsi per dare la colpa all’uno o all’altro, non cambierà le cose. Ora è il tempo dell’azione istituzionale, ma anche popolare, collettiva, non della polemica.