Ursus il saltimbanco che ispirò ‘La strada’ a Fellini. Da Hugo, “L’uomo che ride”.

Ursus il saltimbanco
che ha ispirato a Fellini
il film ‘La Strada’

Tratto da Victor Hugo,
L’uomo che ride

Voce narrante:
Federico Berti

L’uomo che ride è il personaggio da cui si dice che provenga il Joker di Batman, anche se in comune i due non hanno altro che il volto sfregiato da una coltellata il primo, dall’acido il secondo. Il personaggio che viene presentato per primo in questo romanzo di Victor Hugo è Ursus il saltimbanco, la cui figura lascia un’impressione molto forte in chiunque sia interessato a ricostruire l’arte di strada fra Settecento e Ottocento. Naturalmente, trattandosi di un personaggio letterario, rappresenta un condensato di tratti che non dovevano trovarsi tutti necessariamente in una persona sola. Quel che trovo interessante è l’intersezione fra diversi ruoli, che ci si aspettava un artista di strada allora potesse assolvere, tra i quali lo spettacolo e il cappello non erano forse che un pretesto, una sorta di patto non scritto fra l’uomo e le comunità che attraversava.

Ursus è stato in gioventù al servizio in casa di qualcuno come ‘filosofo’, che all’epoca voleva dire un misto fra consigliere, confidente, poeta, maestro di scuola per i figli dell’alta società, intrattenitore familiare, organizzatore di eventi culturali. Conosce il latino, sa leggere e scrivere, ha studiato la metrica, la retorica, ha letto i classici, scrive canzoni, canovacci e commedie. Ma tutto questo non gli basta, la sua vita non è completa nel ruolo d’intellettuale stipendiato. S’interessa di molte altre cose, che lo rendono talvolta scomodo: medicina popolare, fitoterapia, farmacologia, se pure viene considerato un ciarlatano in realtà il romanziere ci tiene a precisare che non lo è, conosce veramente le erbe e sa come impiegarle. Non è un disonesto, non è un truffaldino ma come medico ‘popolare’ agisce sulla persona, non sul sintomo.

La strada di Ursus

Dunque è un poeta, un medico (ma non un dottore), un ‘alchimista’ preparatore, alcuni lo considerano un sapiente, altri un idiota. Quest’ultimo è un dettaglio su cui l’autore si sofferma in modo esplicito: è stato internato per breve tempo in un sanatorio poiché qualcuno lo aveva creduto instabile di mente, ma poi lo avevano rilasciato quando si erano accorti che era ‘solo’ un poeta. Il limite fra saggezza e follia è quanto mai breve. Nello stesso tempo Ursus è uno che non si rassegna a vivere nel solco tracciato da una società più interessata all’avere che all’essere, perciò si mette sulla strada in compagnia del lupo che ha addomesticato. Sono gli anni in cui gli intellettuali indipendenti non hanno vita facile, ragion per cui il nostro uomo preferisce tenere un profilo basso, passare da guitto per non destare sospetti in chi potrebbe creargli dei problemi.

La sua insomma è una scelta politica, ma non militante: ironizza sul clero, eppure quando viene richiamato dall’arcivescovo gli compone un sermone natalizio che questi prima impara a memoria, poi finisce per pubblicare come proprio. Mi ricorda quel Mario Andreini da Prato, cantastorie, che prima scrisse l’inno del reggimento in cui fu arruolato durante la seconda guerra mondiale, poi si dette alla macchia durante la resistenza antifascista. In conclusione Ursus è un filosofo prima che un artista, un pensatore indipendente, una voce fuori dal coro. E’ sempre un borderline, in tutto quel che fa, ma non è cattivo, è solo un solitario. Non ruba, non uccide, non è un prepotente, non si ubriaca, non è un edonista.

Nel film di Fellini il personaggio è diverso da come lo aveva descritto il romanziere francese. Antony Quinn è un comprachicos, acquista Giulietta Masina da una famiglia molto povera, anche lui vive in un piccolo carrozzone ma non è solo un burbero, è anche un violento e un forte bevitore, sprovvisto di quella cultura che invece caratterizzava il personaggio di Ursus, il quale al contrario salva un bambino dai trafficanti di bambini, adottandolo. Confrontando il romanzo di Victor Hugo con il film di Fellini, troviamo conferma dei molti volti che la vita di strada può mostrare e le diverse motivazioni che possono stare dietro alla scelta di vivere come un girovago: da un lato l’umanesimo di Ursus, dall’altro l’edonismo di Zampanò. L’anticonformismo dell’uno, la deriva dell’altro, la lucidità del primo, l’ebbrezza del secondo, l’altruismo e l’egoismo, la cultura e l’ignoranza, l’ideale e l’interesse, la libertà e la violenza. Sono le due strade che ogni saltimbanco si trova davanti al naso fino all’ultimo giorno.

Tratto da F. Berti
Gli artisti di strada
non sono mendicanti

Condividi