Un mattino di gennaio un tranquillo calzolaio lamentava dispiaciuto fra un sospiro e uno starnuto: “Dalla febbre non sto dritto, che catorcio derelitto! Non c’è cura di rilievo che mi possa dar sollievo, dal dottor non ho risposta, né sciroppo, né supposta!”. Fischiettando una canzone passò allora Pantalone, a vederlo in quello stato compatì lo sciagurato: “Una cera perturbante, un cadavere ambulante! Se trascuri l’infezione può venirti una passione, senti a me, ci penso io dammi retta caro mio: casualmente, ho nel cappotto il più valido prodotto , un rimedio naturale per guarire da ogni male, ne ho importati alcuni sacchi dal paese dei Cosacchi”. Prende fuori senza fretta dalla tasca una boccetta, una specie di acqua rosa la bevanda prodigiosa. “Questa grande panacea fa passare la diarrea più di cento guaritori, più di mille colluttori, la puntura nel sedere qualche litro di clistere, più efficace del vaccino sull’adulto e sul bambino!”. L’ammalato sofferente gli ha creduto ingenuamente e s’è fatto consegnare qualche dose familiare. si rimette per la via, vuol provar la terapia; dopo un po’ di applicazioni gli spuntavano i bubboni sulla lingua, sul palato sotto il labbro screpolato, è salita la pressione gli è venuto un cagarone, “Ma che strano! Non lo nego, la reazione non mi spiego, sono in preda allo sconcerto: mi pareva tanto esperto…”. Cittadini! Italiani! diffidate i ciarlatani! Per la cura del malore rivolgetevi al dottore che vi dà il certificato, la ricetta, il preparato, aspirina o bustarella, buscopàn la zirudella!
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