Il passerotto e l’elefante. Storie di animali in terza rima

Il passerotto che voleva
menare l’elefante

Testo e voce narrante:
Federico Berti

In un bosco a ridosso dei calanchi,
quattro elefanti in preda all’isteria
di bestemmiar non erano mai stanchi.
Tra i due più grossi poi una sinfonia
di parolacce ed ingiuriosi insulti
tuonò da una capo all’altro della via:
il terzo impressionato dai sussulti
pareva alquanto incerto sul da farsi,
tra le sequoie e i giovani virgulti
il quarto non mostrò di perturbarsi
comunque fosse andata la questione:
bastava che ci fosse da ubriacarsi,
in tutto quel fumoso polverone
avvenne uno spiacevole incidente
nel colmo dell’accesa discussione
un passerotto sorvolò radente
quel pachiderma tutto scompigliato
e disse in tono poco compiacente:
“Villano d’un bestione alcolizzato
il culo tuo battendo sull’arbusto
vedi un po’ che disastro ha combinato!”.
Notò in effetti che nel gran trambusto
un brutto guaio aveva procurato,
il nido era caduto giù dal fusto
egli lo aveva pure calpestato
a danno di quel povero uccellino
che senza casa allor si era trovato.
Il passerotto urlando: “Malandrino!”
lo minacciò furente: “Maledetto!
Io ti trafiggo col mio becco fino!”
Calò il silenzio quando l’ebbe detto
e quei giganti un poco sbalorditi
ad ascoltar l’intrepido uccelletto,
rimasero a guardarlo divertiti,
poi dissero: “Ma si! Fatti valere!
Suonaglieli sul muso i tuoi spartiti!”
Uno di loro aggiunse: “Per piacere
se lo prendi a schiaffoni ti assicuro
gli do pur’io un calcione sul sedere!”.
Vedeste voi! l’improvvido spergiuro
scommise dieci a uno sul colosso
che l’uccellino lo inchiodasse al muro.
Ma il passerotto non mollava l’osso,
disse: “Voglio mostrarti il mio valore
se non togli di là quel culo grosso!”
Ciò detto in un accesso di furore
il poveretto, vola a grandi altezze
gridando per incutere terrore,
convinto di chissà quali prodezze
picchiò come un impavido aviatore
col becco a sforacchiargli le bellezze.
Ma invece d’infilzar l’otturatore
finì inghiottito nel fatal pertugio
l’enorme buco dal pungente odore.
Il pachiderma allora senza indugio
sentendosi un gran peto far pressione
sparò dal retrocarico archibugio;
il passerotto, per la gran pressione
fu proiettato fuori con violenza
con tutta l’abbondante deiezione.
Di quel cannon fu tanta la potenza
che si schiantò contro un quercia antica
stordito dal rinculo e l’aderenza.
Così finisce chi non fa domande
e crede alle mendaci adulazioni
tentando le più ardite scorribande.
Per quanto urgenti siano le questioni
è sempre meglio andare al negoziato
che trascinare in guerra le nazioni.

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