Migranti, chiudere le frontiere? Bombardarli muoion tutti. Gli anziani raccontano. Interviste in casa di riposo.

Migranti

Chiudere le frontiere?

Interviste a donne molto anziane, residenti in una casa di riposo italiana, sul tema dei migranti. I dati sensibili delle intervistate sono stati omessi in modo tale che il discorso appaia come un solo ‘stream of consciousness’. Articolo tratto da un laboratorio di scrittura collettiva tenuto da Federico Berti. L’obiettivo è funzionalizzare la memoria del passato all’orientamento nel presente, ma anche partecipare al sistema dell’informazione offrendo un punto di vista fuori dal coro.

Aiutarli nei loro paesi non basta.

“Poverini dicono bisogna aiutarli perché non hanno niente da mangiare, da vestire, tutto gli manca, mentre noi se vogliamo ci abboffiamo di pane e pastasciutta. Ma la finisce anche, vedrai quanta ne rimane! Bisogna dargli anche le case, un tetto sulla testa ci vuole, un palazzo che il padrone dice: lo voglio mettere a disposizione. Ma se non bastano per gli italiani? Cercarne degli altri. Va a finire come a Prato nel fiorentino, che hanno preso tutto il paese, però lì non sono profughi ma gente che vengono e aprono le aziende. Non si sa quelli che muoiono, quelli che nascono, mai visto un funerale, quanto lavorano, quanto gli danno di paga lo sanno poi loro. L’accoglienza per me sarebbe giusta, avrei sempre pensato di aiutarli nei loro posti eravam d’accordo così però adesso che c’è tutte queste guerra sono obbligati a venire in qua, come fai a mandarli via? Purtroppo in mezzo ci sono anche persone che hanno altri scopi e quando arrivano spariscono, non si sa più chi sono, dove vanno, cosa fanno. Come si fa a sapere chi ha davvero bisogno? Sta lì il guaio, è bene accoglierli ma con riserva. Quelli che vengono a delinquere si aggregano poi ai criminali nostri, se vuoi combatterli devi guardare dove stanno. Ora vogliono mandare gli aerei a bombardare per fermare i terroristi in Siria, per conto mio non serve proprio a niente: quando si bombarda muoion tutti, il buono e il cattivo. Chi può dimenticare quei grandi aereoplani che buttavano quelle grandi bombe? Come si scappava noi quando li si vedeva! Ne abbiamo già parlato, l’esercito contro la criminalità non serve ci vorrebbe un’organizzazione di terra non c’è verso, più facile ottenere qualcosa perché l’assassino non l’ha mica scritto in fronte. Si mescolano apposta fra i civili per dare il più danno possibile. Noi le brigate rosse le abbiamo combattute colla nostra polizia non coi carri armati stranieri, vennero mica gli inglesi a bombardare Firenze e Roma. Padroni in casa nostra, o in casa d’altri? Aldo Moro non lo salvi coi carri armati”.

I profughi di Parga
Cherubino Carmienti, I profughi di Parga, 1843

Bombardare muoion tutti

“Ma torniamo ai rifugiati, se chiudi le frontiere le brave persone se ne vanno, i delinquenti restano nascosti da qualche parte. Una volta che li prendi in casa devi farli lavorare, non puoi nemmeno lasciarli nei campi di concentramento. Vorrai mica fargli fare la vita che ho fatto io dopo l’8 settembre in Albania, lavoravo tutto il giorno gratis e dormivo nella stalla delle pecore, o delle vacche, senza mai entrare una volta in casa. Lì da padroni diventammo garzoni, ci avevano abbandonati là. Non mi sono mai perso d’animo, la prima bastonata che mi volevano dare scappai, senza sapere dove andare, ancora oggi non so come ho potuto salvarmi. Vogliamo dare l’augurio di non perdersi d’animo anche alle brave persone che vengono qui, perché ci vuole un bel coraggio. Anche se ti metti a fare la guerra non sai mai dove arrivano, ora con la bomba atomica si distrugge il mondo s’è visto a Hiroshima e Nagasaki: ci avevano già provato i tedeschi, l’han buttata gli Americani e dopo tanti anni continuano a morire. Guerre meglio non farne. Hitler chiamò il Papa a benedirgli le armi, lui rispose che gli sarebbero cadute di mano. E’ andata proprio così, gli caddero per il freddo! Ora la proposta è che ogni prete si prenda in casa una famiglia, come aiutarla? Sicuramente i parrocchiani si dan da fare. Vestire, mangiare, ma non basta: i bambini devono andare a scuola o non ci sarà nessuna speranza che tornino a casa loro come s’è fatto noi, che eravamo sfollati e siamo stati migranti. Chi lo sa, intanto dovran fare qualcosa che li tenga occupati e gli permetta un giorno di farsi una posizione, solo così potranno ricostruire il loro paese quando sarà finita la carneficina”.

Articolo tratto da questo libro
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