L’uomo che macellava unicorni

 

L’uomo che macellava unicorni

Una favola animalista

Questo breve racconto è stato prodotto durante otto incontri a Monghidoro con i bambini e le bambine che hanno partecipato al laboratorio creativo multidisciplinare “Siamo tutti cantastorie” condotto da Federico Berti, in collaborazione con l’associazione culturale E bene venga maggio e l’Amministrazione Comunale. La favola è stata prodotta con alcuni divertenti giochi di cabala e poi arricchita di particolari attraverso il canto, il ballo, le arti figurative. 

 

C’era una volta un unicorno che viveva tra le nuvole, si arrampicava, volava, sciava, pattinava sull’arcobaleno perché è come se fosse una grande montagna. Lo usava come scivolo. I suoi amici volavano, e lui invece scivolava. Per vivere mangiava le nuvole, per dolce prendeva il bastoncino del ghiacciolo, una nuvola ed era zucchero filato. La torta volante dovevano volare per raggiungerla! C’era anche un pianoforte che faceva il rumore delle nuvole. Voi sapete che rumore fanno? L’unicorno russava molto forte più degli altri, come un gigante. Era bianco brillantinoso, sotto all’arcobaleno per sbaglio i capelli erano diventati così. Il corno lungo due spanne, colore dell’oro. Gli unicorni volevano cambiar posto e vedere quello che succedeva sulla terra perché erano stanchi. Scivolato il giorno prima s’era messo lì a guardare e il giorno dopo è caduto a sbattere contro un sasso entrando in una grotta buia grande in mezzo al mare, allora lui inciampò. Questa grotta aveva un letto di roccia, una cucina di roccia, un bagno di roccia, un bidet di roccia, la sala giochi di roccia, le finestre di roccia trasparente, e poi il tavolo e le sedie di roccia, i piatti di roccia, le luci di roccia, i termosifoni di roccia, le panchine di roccia e una porta nel bagno che se si apriva non uscivi mai più. A un certo punto è arrivato un macellaio che voleva mangiarsi l’unicorno per farne la porchetta, la salsiccia, la marmellata col suo sangue, una crostata con dentro la carne, le bistecche, la mortadella, il prosciutto cotto e crudo, il salame e anche la pizzaiola che è la mia preferita. Era cattivo perché un giorno i suoi amici l’avevano trattato male, allora s’è arrabbiato così tanto che non torna mai più felice. Voleva macellare tutto il mondo: le case, le strade, gli alberi, le capanne, persino la grande roccia d’oro. Infilò il coltello nel mare e tutta l’acqua si prosciugò. Passava di lì una farfalla che si chiamava Carolina, aveva le ali viola e lilla, mentre il corpo in mezzo e le zampine tutte rosse; c’era anche una sua amica, Caterina con le ali fucsia e il resto gialla. Facevano guarire qualsiasi male però ci volevano tanti giorni e un mese. Volando, per sbaglio la polverina sotto le ali era caduta sulla ferita. L’unicorno per un po’ poteva correre, ma non volare. Il macellaio arrivò nella grotta, quel poveretto quando non poteva volare si mise a correre. Per fortuna una sirena voleva prendere il macellaio per salvare l’animale, si muoveva ma poco perché non riusciva più a nuotare. Senza l’acqua non si nuota, il macellaio aveva prosciugato tutto! Con la coda non muoveva niente e quindi provava a camminare, oppure saltava; gattonare ci metteva un pochino, così lei saltava insieme agli altri pesci sulla sabbia ancora bagnata. Si mise a piangere, piangeva, piangeva e si formò prima una pozzanghera, poi un laghetto, un fiume e infine ricreò il mare, così poté ricominciare a nuotare e riuscì a prendere il macellaio. Lo volevano vendere al mercato per farne salsicce, porchetta e robe varie. L’unicorno era salvo così riuscì a tornare dai suoi amici nel cielo, dopo che fu guarito. Adesso, ce lo fai ascoltare?

 

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