“Il Re Somaro”. New Epic Poetry. Miti e leggende. La Tartufa di Venere Ep.I

Il Re Somaro

New Epic Poetry
Miti e leggende

Tratto da F. Berti,
“La Tartufa di Venere”

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Quell’arida region della Turchia
dove si combatté più d’una guerra,
se ascolterete la novella mia
conoscerete meglio d’ogni terra.
Bagnata da tre mar su quella via
che al regno delle Amazzoni si serra,
fu retta da quegli abili indovini
che di Caldea passavano i confini.

Congrega d’ignoranti scribacchini
che Babilonia aveva in amicizia,
prendeva a soldo i ladri, gli assassini
per tutelare il furto e l’ingiustizia.
Non erano guerrier né contadini,
ma commercianti pieni di furbizia
ed il sovrano un vecchio truffatore
che aveva fama d’uomo senza cuore.

Mancorta il nome di quel pescatore
che ai pesci non gettava le sue reti
quell’avido e furbesco venditore,
nemico dei sapienti e dei poeti.
Aveva per amico un suonatore
adatto a qualche festa nei vigneti
e cosa veramente inusitata,
le donne mai degnava di un’occhiata…

Cercava l’oro tutta la giornata
Come Re Mida in mezzo al fiumicello
la sabbia raccoglieva che dorata
gli s’impigliava al pelo del mantello.
Un giorno lui pensò: “Fortuna ingrata!
io che possiedo al mondo ogni gioiello
mi tocca di sgobbar mattino e sera
nascosto qui tra i monti alla frontiera”.

“Si fanno beffa della mia criniera
per via di questi smisurati orecchi
dalla parvenza poco lusinghiera,
pelosi, a punta e duri come stecchi.
M’han detto che assomiglio ad una fiera,
un ciuco buono per il robivecchi,
ma non sarebber tanto chiacchieroni
se fossi il re di tutte le nazioni”

(Continua)

Mancorta re di Sardis, beve vino al chiaro di luna sulle rive del fiume Pattolo, in Turchia. In arrivo la terza edizione del poemetto, in vista della ripubblicazione del secondo episodio e della composizione dei successivi, programmati dieci anni fa ma rimasti incompiuti.

Mancorta
e il mito
di re Mida

Articolo di
Federico Berti

Del mitico Re Mida esistono due motivi leggendari diversi tra loro, l’uno lo descrive come un Re Lidio vissuto in un periodo contemporaneo all’invenzione della moneta, l’altro invece lo vuole come un Re Frigio, la cui tradizione proverrebbe dal nord e precisamente da quei popoli indoeuropei che abitavano le steppe dell’Asia Centrale, da cui la leggenda del kurgan o sepoltura a tumulo che ancora oggi si trova a Gordion e viene indicato come la tomba di Re Mida. A quest’ultimo si riferisce il racconto greco del duello fra Apollo e il Satiro Marsia in cui il re riceve le orecchie da somaro per aver preferito la musica dionisiaca alla sacra poesia dei vati, mentre  la leggenda posteriore ascrive a un re lidio con lo stesso nome l’ossessione per l’oro che effettivamente si trovava in grandi quantità nei torrenti della tauride, dove sorgeva la città di Sardis governata da questo personaggio. Nel fiume Pattolo il re si bagna indossando una folta pelliccia e la polvere d’oro s’impiglia alla pelle del caprone, altro motivo narrativo di grande importanza perché l’estrazione dell’oro dai corsi d’acqua avveniva per l’appunto in quel periodo storico immergendovi pelli di animali e questo è ben documentato dalla storiografia. Questo personaggio del re frigio non può essere che precedente la caduta di Troia, ovvero l’età del bronzo. Avendo constatato dunque l’esistenza di due re con lo stesso nome riferiti a epoche storiche diverse e a popoli diversi, ho scelto di fonderli in un solo personaggio che di storico non ha più nulla, ma è solo un’allegoria dell’avidità e dell’ignoranza, nonché della rinascita attraverso l’amore. Un amore tutt’altro che platonico, sia beninteso. Sarà infatti l’incanto amoroso di una ninfa a sconvolgere l’esistenza di Mancorta. Seguimi su YouTube e nei social per ascoltare il seguito e vedere altre gallerie fotografiche.

Sto realizzando una nuova edizione di
questo poemetto in ottava rima, perché
ho deciso di ripubblicare anche il secondo
canto e proseguire nella redazione del
ciclo epico rimasto incompiuto.

La Tartufa
di Venere

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