Artisti di strada. Collaborare è meglio che ‘spararsi addosso’. Condividere una piazza. L’esempio dei cantastorie

cantastorie-piazza
Cantastorie a Bologna, negli anni ’50, foto archivio Italvox.

E’ inutile
spararsi
addosso

Tratto da F. Berti
Gli artisti di strada non sono mendicanti

Da un paio d’anni il tema dell’arte di strada è motivo di accese discussioni. La crisi della piccola e media impresa ha sottratto energie vitali agli investimenti sulla cultura, gli artisti si rapportano l’un l’altro come ‘competitors’, le prostitute in vetrina. Uno ogni cinquanta metri. Cronaca d’una morte annunciata, da quando è stato abbandonato il modello cooperativo dei cantastorie tradizionali in favore d’un mercantilismo individualista e prevaricatore, era inevitabile che prima o poi s’arrivasse a questo. Sarebbe un errore considerarlo un fenomeno recente o un incidente di percorso, è un problema strutturale previsto con largo anticipo già negli anni ’80, quando a Bologna le zirudelle di Piazza Marino vennero oscurate dai concerti di Beppe Maniglia in piazza del Nettuno il cambiamento aveva già radicalmente modificato il panorama musicale italiano a ogni livello. Si considerava normale in quegli anni che le stelle della televisione cantassero in playback, che nei locali alla moda suonassero con le basi registrate affidandosi più alla qualità dell’equipaggiamento che alla preparazione. L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica ha portato gradualmente il teatro di strada a ricalcare le impronte d’un sistema mediatico autoreferenziale, entrato in crisi quel sistema è avvenuta l’implosione. Crollo degli incassi, tensioni con la cittadinanza, multe salate e ricorsi, guerriglia mediatica, bisogna chiedersi come potessero sopravvivere gli artisti di strada nella prima metà del ‘900 quand’erano più… (Continua a leggere)

Tratto da F. Berti,
Gli artisti di strada
non sono mendicanti

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