Doppiamente serva. Turgenev e la questione femminile

Nel racconto “Ermolaj e la mugnaia” Ivan Turgenev sviluppa una doppia critica sociale, che agisce simultaneamente su due livelli; quello dell’istituzione servile e quello della disparità di genere, il tutto sempre nello stile insieme lirico, realistico e ironico, profondamente umano. “Ermolaj e la mugnaia”, tratto dalle Memorie di un cacciatore pubblicate per la prima volta nel 1852, dopo che i singoli racconti erano già apparsi in varie riviste progressiste del tempo, anticipa di qualche decennio il cosiddetto realismo socialista, proponendo una rappresentazione viva e naturalistica della vita rurale in Russia, in accordo con la moda dell’epoca e il nascente interesse per le tradizioni popolari.

Turgenev riesce a evitare lo scadimento nel patetismo di altri autori suoi contemporanei e la riduzione didascalica dei suoi personaggi a vittime completamente passive del sistema schiavile. Al contrario, ne restituisce una descrizione a tutto tondo, piena, dando alle classi subalterne una dignità e un’individualità che tuttora lasciano un’impressione forte nel lettore, pur non rinunciando all’intento umanitario di denuncia. In questo racconto, Turgenev ne mette a nudo le contraddizioni riportando situazioni concrete, che agiscono in un contesto storico e cronachistico ben definito.

Quel che rende particolarmente degna di interesse la storia di Ermolaj e la mugnaia è il contrasto evidente fra la condizione del personaggio maschile, un servo che gode di relativa libertà, e quella della mugnaia, doppiamente assoggettata: in quanto serva, e in quanto donna. Se il primo conduce una vita quasi indipendente, da vagabondo selvatico, trascorrendo le sue giornate a caccia, vagando nei boschi e tornando all’izba da sua moglie una volta alla settimana, il personaggio della mugnaia si ritrova invece in una condizione molto più opprimente.

Resa schiava da un proprietario ancor bambina, quando ormai divenuta adulta chiede il permesso di sposare l’uomo che ama, si scontra con un rifiuto netto. La scena in cui il padrone si adira per la richiesta, considerandola quasi un affronto alla propria moglie, rivela tutta l’irrazionalità e l’arbitrarietà del potere esercitato sui servi. La risoluzione della vicenda, con l’uomo che riscatta la donna pagando il prezzo della sua libertà, non è propriamente un lieto fine, ma piuttosto un’ulteriore conferma della condizione ormai incompatibile con le nuove idee di rinnovamento sociale che stanno penetrando in Russia dall’Europa da proprietà di un padrone a proprietà di un marito che ha dovuto ‘acquistarla’, serva comunque rimane suo malgrado.

Il racconto di Turgenev opera dunque efficacemente su due livelli di lettura tutt’altro che paralleli, che si intrecciano e si rafforzano a vicenda, dimostrando che nell’Ottocento era già in atto una presa di coscienza della questione femminile, anche da parte di intellettuali uomini che se ne fecero portavoce. La pubblicazione di Memorie di un cacciatore ebbe un impatto significativo sulla società russa dell’epoca, tanto che lo stesso Turgenev fu posto agli arresti domiciliari dopo la pubblicazione del volume nel 1852.

Turgenev descrive con fine psicologia il meccanismo attraverso cui la donna viene privata non solo della libertà fisica, ma anche della possibilità di autodeterminazione affettiva. La richiesta di matrimonio della mugnaia viene percepita come una trasgressione non tanto delle norme giuridiche della servitù, quanto di un ordine sociale implicito che prevede l’asservimento totale della donna. Addirittura un’offesa personale, siamo proprio al ricatto emotivo.

Questo dettaglio rivela la complessa rete di relazioni di genere e potere che sottende al sistema servile, mostrando come anche le donne delle classi superiori siano implicate, seppur in posizione dominante, in questo sistema di oppressione di genere. Ciò che rende Ermolaj e la mugnaia un esempio magistrale della prosa turgeneviana è la capacità dell’autore di fondere ironia e pathos in una narrazione equilibrata. Turgenev non cade nella trappola del sentimentalismo da rivista, né in quella della fredda denuncia. Piuttosto, costruisce un racconto in cui l’ironia serve a demistificare le giustificazioni ideologiche dell’ordine costituito, mentre il pathos emerge naturalmente dalla rappresentazione della sofferenza umana. Questa combinazione si ritrova in tutta la raccolta Memorie di un cacciatore. La perizia compositiva di Turgenev sta proprio nella capacità di presentare questa complessa critica sociale attraverso una narrazione che non perde mai di vista l’umanità dei personaggi: I servi non sono solo vittime passive, ma individui che cercano, con mezzi diversi e con diverso successo, di negoziare spazi di autonomia all’interno di tale sistema.

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