Un concerto in questura. Memorie d’un saltimbanco. Artisti di strada Ep.22


“Un’orchestra di tamburi segna il passo del singolare corteo che entra negli uffici della questura, scatenando un allarme generale”. In foto l’autore di questo romanzo

Un concerto
in questura

Framm.XXII

Commento musicale:
Suonatori a Piazza Navona, Roma
GUARDA IL VIDEO

LA TUA VOLONTA’
CONTRO LA LORO

Detesto i domatori di folle. Pensano solo a sé stessi, la loro volontà contro la tua. “Guarda bene, lo vedi? Tutto questo fra poco sarà tuo”. Dice. Il vecchio sorride con un rutto sordo indicando la piazza attraverso la vetrina. Paga la colazione, si pulisce la barba con un fazzoletto lercio di sudore, grasso di bicicletta e altre non meglio identificate sostanze, esce dal locale indicando l’arena dove tra poco avrà luogo lo scontro. Un duello mortale. Lotta ad armi impari, la tua volontà contro la loro. “Devono mettere mano al portafogli!” dice. “Più ne incanti meglio è, non devi tirare troppo la corda né bruciare i tempi: mettiti in testa che è una guerra”. Il vichingo sputa per terra e si carica in spalla il tamburo, la rete del gladiatore. Imbraccia la chitarra piena di adesivi sbiaditi rugosi strappati, c’è pure un santino dell’arcangelo Michele che non si sa mai. Pronto a dar battaglia.

Lo si direbbe un poveretto senza casa con quel cappellaccio unto e sgualcito, sandali al piede unghie dure e spesse come quelle d’un orso bruno. Il terribile Odino pronto a cavalcare innanzi alla schiera dei morti per condurli alla caccia selvaggia, lasciatelo passare! Mi fa l’occhiolino schiarisce la voce, soffia nell’organino a bocca e prova una per una le cordicelle; lo vedi scivolare nell’ordigno musicale per vestirlo al meglio, finalmente un colpo di grancassa e la bomba esplode prepotente. All’ultimo sangue. Una macchina infernale, anche se costruita un po’ alla meglio e pesante come un macigno. Il tamburo ha una pelle vibrante rivolta contro la schiena, all’interno una piccola amplificazione, un microfono da quattro soldi appiattisce la voce che sembra di ascoltare un prete in conferenza stampa, il suono è distorto e per confonderlo meglio una lunga serie di pedali, riverberi, voci che si mescolano fanno l’eco producendo un’assordante accozzaglia di suoni, attraverso cui riconosci a stento un accenno di melodia.

Sembra immobile il vecchio Odino, non riesci a capire come aziona la macchina. Avanza lentamente. Vien quasi addosso al muro di folla guardandolo dritto negli occhi, lo aggredisce, manovra come un cane pastore: abbaiando ululando in Sol maggiore settima  nona ti porta dove vuole lui. La folla prende forma. Si direbbe un reclutatore, pronto a lanciare un plotone ordinato contro chissà quale nemico immaginario dall’altro lato della piazza. Parte il primo applauso, seguito da un secondo, un terzo. Ritmo in crescendo, difficoltà in aumento. Una pantomima col solito can che abbaia nel cerchio, un bambino che dondola sulle gambe sgranando tanto d’occhi, le campane ribadiscono chi comanda e lui si adatta alla tonalità, le usa come un basso continuo. Un bordone mistico. Pubblico delirio il domatore l’ha tutti in pugno, come se un dio si fosse impossessato di lui. Ora è pronto per la rottura… Mano al portafogli, là dentro devi arrivare. Morte tua vita mia, una legge di natura. Sul più bello si fa largo nel cerchio una signorina giovane di media statura, due grandi occhi limpidi azzurri come il cielo, berretto in testa colla visiera e l’uniforme. “Buongiorno”. Buongiorno, a lei. “Mi può favorire i documenti?” La faccenda si fa delicata.


longoni_oratore_sciopero

“Quanti ne ho visti prima affidarsi al capriccio della folla, prima di mezzogiorno in genere spariscono tutti”. In foto: Emilio Longoni, L’oratore nello sciopero, 1891

UN CONCERTO
IN QUESTURA

“Ma come!” risponde lo straniero. “Ho attraversato deserti e scavalcato montagne per arrivare fin qua portandomi dietro la filarmonica meccanica sulla schiena, perché una ragazzina in calzamaglia mi venga a umiliare in questo modo? Come la mettiamo con libertà stato repubblica, qui finisce male voglio conoscere i miei diritti”. La vigilessa risponde con un bel sorriso, “Glie li dico subito i suoi diritti: lei mi fa un permesso e poi torna qui, gli uffici sono aperti la mattina fino alle undici, non ho proprio nulla in contrario. Allora, mi vuol fare la cortesia? Dev’essere stato un suo ammiratore a telefonare in centrale, ora ho solo bisogno del suo documento non intendo trattenerla a lungo”. Il suonatore è infuriato, “Come sarebbe a dire? Lei non si rende conto, sono il potente Odino mica un mendicante qualsiasi!”

La scena suscita un certo interesse nei passanti, si mettono dalla parte del povero diavolo e inveiscono contro la tenera manina della legge. “Non siamo più neanche liberi di cantare per la strada, ma in che paese viviamo!” La ragazza allora si fa seria e spiega, con garbo e cortesia, “Lei può suonare quanto vuole, ma se vuole occupare il suolo pubblico e chiedere un’offerta, bisogna che mi vada a firmare un permesso”. Odino è furibondo invoca fulmini e saette, si rivolge alla folla sempre più eccitata. Lei non si scompone, telefona. Il vecchio suonatore deglutisce, poi lancia l’interdetto e la scomunica su Attila, Sansone e i Filistei.

Quanti ne ho visti prima affidarsi al capriccio della folla, prima di mezzogiorno in genere spariscono tutti. Puntuale all’ora del pranzo la scena viene a noia e il grosso del treppo si disperde. “Ora la prego di seguirmi in centrale”. Il povero Arlecchino figlio del divino Wotan cacciatore selvaggio signore dell’oltretomba si guarda intorno, è più solo di quand’era arrivato. Mi guarda con aria di supplica del tipo fai qualcosa, s’inchina a scollegare le cordicelle dai piedi ma ironia della sorte il moschetto s’è inceppato. “Veloce per favore, mi ha fatto perdere anche troppo tempo”. Intima la donna, visibilmente spazientita. Il vecchio sta sudando come un’odalisca a letto con sette sultani, s’alza in piedi e spiega che non riesce più a togliersi quell’affare di dosso. “Poche storie, mi segua”. Va bene, se lo dice lei… Odino s’allontana scortato a vista dalla signorina in uniforme, un’orchestra di tamburi segna il passo del singolare corteo che entra negli uffici della questura, scatenando un allarme generale.

Continua:
Framm. XXIII
“Mendico dunque sono”


artisti di strada gigi russo
Pagina del famoso organizzatore

Tags:

Add a Comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Condividi