Infoterapia. La corsa dei carrioli al portico di San Luca

Il Colle della Guardia è centro d’un culto mariano che unisce da secoli i bolognesi, ma non si va a San Luca solo per pregare la Madonna. Durante la settimana i pellegrini indossano tuta e scarpe da ginnastica, risalgono il portico del Meloncello senza osservare le stazioni dei Misteri Gloriosi né percorrere l’ultimo tratto in ginocchio, semplicemente per passeggiare, correre, respirare aria buona. Abbiamo chiesto alle ospiti della casa di riposo di raccontarci il ‘loro’ Meloncello, scoprendo che non siamo di fronte a un declino del sacro ma queste due componenti, il sacro e il profano, han sempre convissuto sul Colle della Guardia a Bologna

Sotto il Portico di San Luca

  • Per la Madonna mio padre aveva una chitarra che ha suonato anche Francesco Guccini una volta, e insomma noi una poesia o una canzone ci toccava farla anche se a me scocciava. Ora guardate qua, una foto sotto il portico di San Luca vedete è pieno di graffiti, l’hanno appena ridipinto e guarda che imbecilli. Vengono dall’estero a vederlo. Io lo facevo con la neve, perché è tutto coperto. Una camminata sportiva, non vanno mica solo per la chiesa. Anni fa c’era chi lo faceva in ginocchio per devozione. Quand’ero ragazzina si andava dicendo il rosario, poi mangiavi qualcosa e pedonibus tornavi giù. Per pasqua ti portavi le uova sode, si arrivava con la funivia che adesso non c’è più ma la vorrebbero rimettere. Adesso l’hanno illuminato, mi pare che la settimana prossima o quella dopo il vescovo inaugura le luminarie del Meloncello. Io ci sono andata, ma pregando no. In tanti, si andava. Una fatica arrivare lassù, ci volevano anche due ore.
  • Non avevo male al ginocchio allora, ma le ho viste quelle che si mettevano le pezze come delle calze, delle stoffe legate così in questa posizione; non proprio un cuscino, una cosa piccola, magari solo l’ultimo tratto non è che puoi farlo tutto mi sembra un po’ troppo è lunga. A fianco al portico lungo la strada facevano la corsa dei carioli, una ciclistica e anche di macchine, alla famosa curva delle Orfanelle dove prima te lo ritrovi a destra e poi a sinistra lì era un collegio, tanta gente è finita fuori strada perché è proprio brutta. Anche adesso credo facciano qualcosa, la strada con tutte quelle curve ispira la gara sportiva. Era una cosa vecchia, adesso quelli che vedi a Monghidoro c’è di ogni ma io ricordo quando mio fratello era bambino aveva preso una cassetta della frutta, ci aveva messo sotto un legno, tagliato quattro ruote tonde e le aveva fissate con un chiodo. Io andavo con le bimbe, una per mano e una in braccio. Partivamo da via Andrea Costa a piedi tutte le domeniche, non per la messa ma per portar fuori le figlie che mia moglie potesse far le sue cose in casa; arrivavamo in cima, a loro prendevo qualcosa e io un caffè. Era piccolo il bar ristorante, adesso è diventato grande. Ci sono anche le baracchine che danno i fiori, banchetti che vendevano i dolci ma adesso trovi solo robe cinesi. Noi siamo andati da San Lazzaro a piedi, non da Bologna ma abbiamo attraversato su per i colli, mi ricordo fuori strada non in città; bello si vedeva tutto il panorama, avevo le gambe buone e lei lo stesso. Noi da Monghidoro si andava a Bocca di Rio, sempre a piedi. Partivamo in cinque, sei o sette dipende chi veniva. Si passava su per l’Alpe, loro sapevano i sentieri. Qui da noi tiravan forte i carioli, facevano un fracasso che  nelle ruote c’era del gran secco, un sfiamaraz in tèra che an i era brisa il catrame, sul ghiaino venivano le scintille se prendevano la balla facevan dei cristi che una volta era di moda, poi quando arrivavano a casa picchiavano la moglie. Meno male che mio padre è morto giovane, se no ne faceva altri otto di figli, povera donna. Con una miseria che non s’era né nudi né vestiti.
  • Per sentito dire la conoscevo questa gara, ne parlavano anche quand’ero ragazzo, prima della guerra. Mi ricordo bene, giornali non avevamo soldi per andarli a prendere. L’ho sentita e poi non è mica tanto. Quando ero bambina che arrivavo su con mia nonna, vedevo della gente correre giù per la discesa nelle giornate festive, mi pare nel mese di maggio. La Madonna di San Luca ha salvato la città dalla peste perché finalmente fece piovere, ce le iriamo sempre dietro le piogge appena si muove, i bolognesi le vogliono bene. Ho 82 anni, nel ’44 c’era già la corsa dei carioli. Ognuno si faceva il suo, tante volte le ruote scappavano; mia nonna ci teneva ben strette perché in mezzo alla gente aveva paura ci perdessimo. Il portico era comodo, potevi assistere alla gara e nello stesso tempo ripararti. Poi hanno smesso dopo la guerra, mio figlio a Monghidoro passava un inverno a costruirlo, partivano dalla chiesa e scendevano. Non per l’ascensione, la fanno anche pur che sia una domenica; poi dicevano che si perdeva il divertimento del paese, che dovevano chiudere il traffico, qualcuno poteva farsi male e così non l’han fatta più. Mia zia conobbe un ufficiale di reggio Emilia, allora lui  venne con la madre a Bologna per farle conoscere la fidanzata e le disse: “Dove la porto? Andiamo a San Luca!”. Parliamo di subito dopo la guerra, lei: “Mi metto un paio di scarpe comode”, la suocera: “Ma tu ti metti quelle lì?”. Lei: “Certo!”. Ma alla madre del fidanzato non andava bene: “Ah no! Noi siamo di famiglia benestante, nobile” eccetera, mia nuora doveva star sempre colle scarpe coi tacchi, invece mia nonna diceva: “Guarda è una strada faticosa, coi tacchi non è il caso”. Fecero una litigata clamorosa, al ritorno da San Luca madre e figlia tornarono a Reggio e mia zia è rimasta a Bologna, non si sono più sposati. Si racconta che Enzo Ferrari abbia cominciato così. Sono Kart, la versione moderna. Van sempre con la forza di gravità perché non hanno il motore ma non son più di legno, non come una volta perché farlo proprio dal vero con le mani è diverso, ora ci vuole lo sterzo, il freno, prima frenavi con le scarpe e poi pigliavi le botte dai genitori perché la suola si logorava. Ve le ricordate le bruchette sotto gli scarponi? Li ho portati, era un rinforzo di metallo per evitare che si consumasse. Non come adesso che ne hai dieci paia. Poi devi essere assicurato, avere il casco per proteggerti, qualcuno s’è fatto male sul serio. Anche a Monghidoro lo fanno dalla strada della chiesa. Me la ricordo anche dalla via per Madonna dei Boschi. Sempre un santuario.

Bibliografia:

Carlo degli Esposti, Il santuario della Madonna di San Luca 
Roberto Colombari, Bologna, storie di guerra e di peste
Zanotti – Giordano – Brunelli, Bologna labirinti d’acque
Enzo Ferrari, Le mie gioie terribili. Storia della mia vita
Daniele Dondi, Il serial killer del Meloncello
AA.VV. I portici di Bologna

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