“Aromatopea”. Significato e origine del termine

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Ho deciso di dedicare una rubrica interna a questo sito ai neologismi della mia compagna, fonte inesauribile di invenzioni linguistiche. In questo spazio vorrei formalizzare le più eleganti, che sembra aver ricavato direttamente dalla lingua stessa, come se esistssero già e lei le avesse solo ‘evocate’. Veniamo al primo neologismo di questa rubrica. Attualmente nessun dizionario della lingua italiana contempla la parola “Aromatopea” e il conseguente aggettivo “Aromatopeico”. Eppure, questa parola come vedremo tra poco esisteva già prima che venisse creata.

AROMATOPEICO, (aggettivo) si riferisce a una parola, espressione o descrizione che evoca in modo vivido e immediato un aroma, un profumo o un odore specifico, imitando o suggerendo la sua essenza sensoriale attraverso il linguaggio. La radice di questo termine, “Aroma” indica un profumo, una fragranza, un odore caratteristico (più o meno piacevole). Immediatamente collega il termine al senso dell’olfatto, mentre il suffisso “topeico”, da “topos” che sta per “luogo mentale”, richiama l’evocazione semantica. Evidente è la filiazione del vocabolo dall’analogo “onomatopeico”. L’onomatopea è una figura retorica in cui una parola imita il suono che rappresenta (es. “ticchettio”, “scroscio”, “frusciare”).

“Aromatopea”. suggerisce dunque l’imitazione linguistica di un odore: proprio come “scroscio” imita il suono dell’acqua, una parola aromatopeica imiterebbe o riprodurrebbe direttamente la sensazione di uno stimolo olfattivo (sebbene questo sia più astratto dell’imitazione sonora).

Più realisticamente indica una descrizione verbale così efficace e vivida, da stimolare quasi fisicamente il senso dell’olfatto nel lettore/ascoltatore, facendogli “sentire” l’aroma descritto. Si applica dunque a testi che descrivono gli odori in modo così dettagliato e sensoriale da trasportare il lettore direttamente nel contesto olfattivo a cui il testo si riferisce. Un esempio di letteratura profondamente ‘aromatopeica’ è “Il profumo” di Patrick Suskind.

Alcune parole potrebbero essere considerate intrinsecamente “aromatopeiche” perché fortemente associate a un odore specifico nell’immaginario collettivo (es. “tanfo”, “zolfo”, “vaniglia”, “muffa”, tenendo presente che molto dipende dal contesto culturale. L’aromatopea diventa insomma una controparte olfattiva dell’onomatopea, completando la rappresentazione sensoriale nel linguaggio (suoni -> onomatopea; odori -> aromatopea).

“Aromatopeico” è insomma un termine perfetto per descrivere il potere del linguaggio di evocare, imitare o trasmettere in modo vivido e immediato la sensazione di un odore o di un profumo. Colma una lacuna lessicale, offrendo un concetto preciso per un fenomeno che gli appassionati di lingua e scrittura riconoscono bene. Ha un suono elegante e il significato è immediatamente intuibile grazie all’analogia con “onomatopeico”, pur essendo originale.

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