Beppe Maniglia scacciato da piazza Maggiore. Finale di partita.

La caduta
del faraone

Ei fu siccome
immobile…

Tratto da F. Berti
“Gli artisti di strada
non sono mendicanti”

Tramonta un’epoca. Beppe Maniglia è indifendibile, ne siamo consapevoli. Uno buono da far ballare i matti, questo e altro dicono di lui ma è rimasto in piazza del Nettuno per quarant’anni. Un domani ci si chiederà forse come sia stato possibile passare dalle zirudelle di Piazza Marino all’arroganza di questo personaggio, però si fosse ritirato anche solo cinque o sei anni fa sarebbe uscito di scena da vincitore. Han caricato il suo circo mobile e lui è rimasto in piedi, dritto sul ponte della nave che affondava bestemmiando ai quattro venti, impugnando quel martello che ha sempre odiato nelle bandiere, insultando gli agenti. Pessimo finale di partita, qualcosa rimane però tra le pagine chiare e quelle scure, siamo a domandarci perché solo ora, cosa lascia quest’uomo al futuro che avanza.

A SUO MODO UN INNOVATORE

Beppe Maniglia ha una formazione da conservatorio, ha studiato composizione. Per quanto sia buffo vederlo immobile sul predellino della motocicletta in attesa del momento per entrare con la chitarra sopra la base registrata, si deve tenere presente che il prodotto musicale è interamente suo, dall’arrangiamento alla post-produzione, compresa l’edizione grafica. Paga regolarmente il diritto d’autore, suo anche il disegno del circo mobile e lo studio sull’amplificazione; può sembrare superfluo ma non è così per il semplice fatto che proprio lui ha aperto la strada a questo tipo di sperimentazioni quarant’anni fa. Non esisteva niente di simile, allora.

Nemmeno Otto e Barnelli hanno saputo ottenere una qualità del suono pari alla sua. Il sistema è compatto, montabile e smontabile, auto-alimentato, con una cura maniacale dell’acustica. La generazione degli anni ’90 ha guardato al Maniglia nel progettare impianti che non venivano ancora prodotti in serie, bisognava arrangiarsi. Anche il format musicale se l’è costruito da solo, musica di regime d’accordo, ma nel complesso produzioni di qualità, curate nei minimi particolari. In qualche modo, s’è inserito nella tradizione della musica da ballo Emiliano Romagnola che in quegli anni guardava alle sonorità latino-americane e alla world music. Perché non dobbiamo dimenticare che il figlio della sirena ubriaca ha più di settant’anni, anche se non si direbbe.

UNA PROTESTA DA QUATTRO SOLDI

Beppe Maniglia ha vinto perché di quei dischi ne ha venduta una quantità impressionante. Impensabile, per qualsiasi altro artista. Lui arrivava in piazza, apriva il banco ed era già pronto. Metteva su lo stereo per far ascoltare le sue produzioni, suonava una mezz’ora ad altissimo volume poi abbassava e riprendeva più tardi. Se nessuno lo ha mai cacciato, un motivo dovrà pur esserci. Quando afferma di aver contribuito al turismo bolognese, non ha torto: se ne parlava in tutta Italia, venivano a vederlo da fuori. Un simbolo del potere, di uno status quo imposto dall’industria culturale, ma comunque un prodotto riuscito nel dettaglio.

Aveva sempre un pubblico numeroso. In quegli anni sapevamo che mettersi contro di lui era una partita persa in partenza e cercavamo di inserirci negli spazi lasciati liberi, che erano comunque abbastanza per lavorare. Già ospite di Fabrizio Cecchetto, teneva una rubrica sul culturismo su un’emittente privata regionale. All’epoca del C.a.s.b.a., gli artisti di strada in collaborazione con Roberto Grandi, docente di comunicazioni di massa all’Università, rinunciarono all’idea di scacciarlo da piazza del Nettuno perché trovarono ridicolo lo scontro diretto nella categoria. Dopo lunga trattativa, lo si convinse ad abbassare il volume quel tanto che bastava a convivere con gli altri che suonavano nel quadrilatero di Piazza Maggiore e così è stato per quasi vent’anni.


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Giuseppe Fiuggi, in arte Beppe Maniglia

Quel che trovo sconcertante è la sconfitta di Beppe Maniglia per mano di artisti che hanno intrapreso da qualche tempo una battaglia personale contro di lui, indicandolo come la causa di tutti i mali. Lo attaccano sui volumi dell’impianto stereo, sull’occupazione del suolo pubblico, sull’evidente mancanza di buon gusto, del resto vogliono andarci anche loro, a suonare sotto il Nettuno. Chi è senza peccato scagli la prima pietra, quelli che fan la serenata al Beppe sono arrivati a loro volta con rullanti, batterie, fiati non meno molesti. Hanno occupato l’intero centro storico senza porsi mai il problema di come decongestionare una piazza che non può fisicamente sfamarli tutti. L’alto livello di concorrenza e il basso livello d’esperienza han creato un malcontento generale, con le prime multe s’è scatenata la guerra. Il nuovo regolamento non è stato pensato per contenere il lupo con la motocicletta stroboscopica, ma per disciplinare la moltitudine che ha preso a girargli intorno.

IL BRACCIO VIOLENTO DEGLI ARTISTI

E’ indifendibile il Beppe, ma lo è ancor meno chi si fa pubblicare un articolo sul giornale o rilascia interviste in radio protestando per una multa ricevuta, senza dire al giornalista che dopo tutto se ne va in giro anche lui con un impianto superiore alla norma, occupa suolo pubblico illegalmente radunando più di cento persone alla volta rifiutandosi di avvisare e vendendo dischi senza bollino Siae, che ovviamente non dichiara al fisco. Molto peggio del Beppe, un uso tanto spregiudicato e paranoico dei media mi ricorda qualcosa.

E’ indifendibile chi suona per diverse ore la techno in piazza con strumenti simil-etnici e poi si lamenta quando i vicini chiamano i vigili urbani, lo è chi non accetta di limitare le sue presenze nella stessa strada, lo sono quelli che tornano quasi ogni fine settimana nello stesso posto, nello stesso quartiere, quelli che vanno in cinque o sei con la batteria, sezioni fiati e chitarre distorte, quelli che mettono giù il banco a cinquanta metri da un altro portandogli via le persone senza spostarsi ogni ora, quelli che scatenano il finimondo per contestare la legge senza averla neanche prima letta, quelli che si rivoltano contro il vigile di turno cavalcando la folla. Arroganti nel quadrilatero di Piazza Maggiore se ne sono visti tanti e ad essere onesti, negli ultimi cinque o sei anni Beppe Maniglia non è stato il più molesto.

DOMANI E’ OGGI

La caduta del faraone coi riccioli d’oro apre una nuova epoca, di questo siamo consapevoli. Chiediamoci ora cosa vogliamo aspettarci dal futuro. Abbiamo molto da imparare: la qualità del suono, l’equipaggiamento compatto, trasportabile, l’indipendenza energetica, lo studio della teoria musicale che la maggior parte addirittura disprezza, la tenacia nel coltivare un sogno, la potenza dell’immaginario stesso che ha reso Beppe Maniglia quasi una gamba del Nettuno. D’altra parte il pietoso finale di partita insegna a non abusare della notorietà, a temere il gigantismo, ad abbassare il volume lasciando respirare la piazza, ad essere più umili, discreti e costruirsi rapporti di buon vicinato.

Ma soprattutto, il coraggio di aprire nuove frontiere come ha fatto lui quand’era solo contro l’universo: iniziamo a chiederci come decongestionare il centro storico, aprire nuovi orizzonti a una categoria sempre più numerosa. Piazza Maggiore non basta più, andiamo a suonare dove si spara, dove saltano in aria le vetrine. Le periferie in questo momento hanno bisogno di essere presidiate. Bisogna restituire dignità al mestiere mettendosi in regola col fisco, pagando le tasse, non basta mettere il cappello in terra. Studiamo la legge, prima di contestarla. Il futuro è alle porte.

Tratto da F. Berti
Gli artisti di strada non sono mendicanti


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