La legge è uguale per tutti

Download ebook, romanzo noir. Thriller italiano. Una satira sulla maldicenza. Una tormenta getta nel buio un’intera valle sull’appennino bolognese. Si scopre un cadavere  in una casa nel bosco, una donna viene accusata dell’omicidio ed è costretta a scappare nel bosco inseguita da una folla violenta. Disponibile in edizione a stampa, volendo anche in epub. kindle pdf

 

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Il Boia dell’Alpe

La maldicenza uccide

Romanzo di Federico Berti
ISBN 9788822881595.

 

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Episodio XVII

La legge è
uguale per tutti

 

Com’è cambiato il mondo. Una volta eravam poveri ma sapevamo accendere un fuoco, qui in montagna i bambini costretti a percorrere due, tre chilometri o più ogni mattino a piedi nella neve per andare a scuola, con certi zoccoli chiodati che non voglio nemmeno pensarci e un pezzo di legno ciascuno da infilare nella stufa per scaldare l’aula. Siamo arrivati sulla luna, ma non abbiamo ancora inventato una caldaia con la batteria di servizio. Ora che il paese è stretto nella morsa del freddo sembrano stravolte le classi sociali, puoi essere l’uomo più ricco della terra ma se non hai un camino in casa il tuo destino è vagare come un cavernicolo pregando il più umile dei servi perché ti lasci sedere al suo focolare. Sono una donna fortunata, colui che non desidero nominare m’ha accolto volentieri in taverna dove una di quelle stufe in ceramica decorate a mano ti scalda senza quasi bisogno d’alimentarla. Il ladro indica una panca ad angolo intorno al tavolo, c’è il mazzo di carte pronto; si direbbe un museo della civiltà contadina, alle pareti attrezzature agricole dismesse da almeno sessant’anni, un setaccio per la farina, la gerla del fieno. Buon vino imbottigliato a mano secondo l’invecchiamento, lo comprano a damigiane poi se lo spartiscono insieme al bottino delle rapine, si perché il mio benefattore non è proprio una brava persona, perciò non voglio nominarlo qui. Strana idea abbiamo della giustizia e della ricchezza. A scuola insegnano che tre poteri servono a governare, quello di fare le leggi, quello di metterle in pratica e quello di giudicare; han dimenticato il potere di trasgredirle, che spesso arriva molto più avanti e s’infila dappertutto, sovrastando tutti come l’angelo della morte. Il sabato è fatto per l’uomo, non l’uomo per il sabato, la legge può diventare una trappola pronta a scattare quando meno te l’aspetti, ma s’accomoda ogni cosa quando hai un amico influente. L’amicizia arriva più lontano della legge. Per questo Olindo m’ha portato qui, l’uomo senza nome ha dato lavoro a tanti poveri cristi, può risolvere un problema se vuole; o se gli conviene. E’ rimasto soltanto lui a difendere questa montagna dall’iniquità delle leggi, una macchina senza testa che impone regole impossibili da rispettare affamando il popolo; per fortuna c’è la giustizia vera, quella degli uomini d’onore.

 



“Siamo arrivati sulla luna, ma non abbiamo
inventato una caldaia con la batteria di
servizio. Se non hai un camino in casa
il tuo destino è vagare come un cavernicolo
pregando il più umile dei seri perché ti
lasci sedere al suo focolare”


 

E’ la ragione per cui non voglio fare il nome del mio benefattore, sono ricercata per un omicidio che non ho commesso, una folla d’invasati si prende gioco di me da giorni, la tormenta di neve non mi consente di scappare. Il mio uomo è all’estero non risponde nemmeno la telefono, sempre che ne trovassi uno funzionante, sola in casa e senza riscaldamento, senza telefono, devo trovare qualcuno che possa nascondermi o portarmi via da queste montagne maledette. Uno che possa garantire per me. L’uomo della provvidenza. “Mi sembra evidente che sian tutti convinti della vostra colpevolezza” risponde lui dopo aver ascoltato la ricostruzione dei fatti, mescola il mazzo delle carte e riempie un bicchiere al vecchio Olindo; mi sorride con la serenità di chi non ha niente da temere. Sa troppe cose lui, conosce vizi e ombre di politici, magistrati, militari, non ci vuole molto a scatenare contro di loro la macchina del fango e rovinarli per la vita. La maldicenza uccide. Nessuno gli rifiuterebbe un favore. “Adesso volete spiegarmi per quale ragione dovrei credere a voi, piuttosto che a loro?”, a dire il vero non m’aspettavo una simile domanda, mi lascia senza parole. Olindo rassicura: “E’ una brava donna, la conosco da tanti anni. Anacleto Fascina, presente quel disgraziato?”. Il duce è calmo, non muove un sopracciglio ma gioca rilassato roteando le pupille per ricordare le carte già uscite, rimane qualche secondo in silenzio poi risponde: “Non s’era impiccato da solo? Caso archiviato, se non ricordo male”, mani di fata scuote la testa schioccando la lingua fra i denti: “C’è quella vecchia strega a Pian di Maggio. Lo conosceva bene, pare sia convinta che l’uomo non fosse solo quando s’è appeso al ramo”. Il giudice dei poveri tamburella con le dita sul tavolo, mentre sceglie la carta da giocare. “Si, ma che c’entra la tua amica?”. Olindo raccoglie cinque o sei carte impilandole sul mucchio, ne scopre una di traverso poi guarda me: “Già, ottima domanda. Perché proprio voi?”. Ho ricordi confusi di quegli anni ma prendo un lungo respiro e inizio a raccontare.

 

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“Non mi piaceva Anacleto. Fin dal giorno in cui venne ad abitare sopra di noi prese a girarmi intorno, mi portava dolci, biscotti, sughi pronti, li cucinava quando sua moglie era lontana per le visite ai parenti, chissà che strane idee s’era messo in testa. Temi i greci quando portano doni. Voleva invitarmi al cinema, al ristorante, insomma era fastidioso allora gli ho dato a intendere di lasciarmi stare. La prese a male. Una volta ebbe un brutto incidente a causa d’un losco individuo, non m’azzardai a testimoniare in suo favore per paura che l’altro avesse a vendicarsi e da quel giorno prese a odiarmi, ogni motivo era buono per darmi addosso. Presto venimmo ai ferri corti, non lo salutavo più. Quel perfido continuava a sorridermi, buongiorno diceva. Malefico, falso, bugiardo pensavo. Però non mi sarei mai sognata di ucciderlo. Non sono un’assassina, è solo questo che conta”. I miei due interlocutori si guardano lungamente negli occhi, senza dire una parola. “Erminia cara” dice l’uomo senza nome. “Purtroppo come vedete siam costretti all’emergenza, la tormenta infuria da giorni e un’interruzione di corrente ha messo in ginocchio l’intera comunità. Ricevo da ogni parte richieste di aiuto, ospedali e case di riposo han bisogno di generatori a benzina, povere donne sole con la legnaia sepolta dalla neve, insomma non siete l’unica ad avere dei problemi, il sindaco fa quel che può. Non posso tenervi qui, capirete è sconveniente. Forse posso fare qualcosa per dissuadere le persone che vi danno tanto incomodo, basterà vedervi in mia compagnia”. In buona sostanza, l’onore del principe mi sarà garante. Mostra le carte che ha in mano abbassandole fin quasi a sfiorare il tavolo, poi ne scopre due dal mucchio, le mette di traverso; non è esattamente quello che speravo sentirmi offrire, ma la sua protezione può evitarmi d’essere insidiata. Basta farmi vedere con lui in paese. Bene, andiamo. Resta da chiarire il mistero di quei cadaveri al prato della biscia, per quanto mi risulta la suonatrice di mandolino è stata vista in paese la mattina successiva al ritrovamento del proprio corpo sfigurato a morsi, più viva di me adesso, mentre il boscaiolo s’era impiccato sei mesi prima ed è improbabile che abbia potuto conservarsi tanto bene per tutto quel tempo, ma allora? Forse non erano autentici, quei morti. Un pensiero mi balena, affilato come la lama d’un rasoio, l’intuizione ha il volto di un uomo che lavora per il cinema e il teatro. Asfodelio Maccheroni sta curando gli effetti speciali per uno spettacolo all’accademia bolognese di belle arti: l’amante della vecchia potrebbe aver montato con le sue stesse mani la scena del delitto al prato della biscia. (Continua a leggere)

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